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“Un caffè con Manzù” per il Liceo classico Lagrangia

L’incontro ha trattato anche della vita e delle opere dello scultore bergamasco

“Un caffè con Manzù” per il Liceo classico Lagrangia
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Riceviamo e pubblichiamo

Nella giornata di venerdì 10 marzo, presso la Biblioteca Civica di Vercelli, la classe 1A del Liceo classico Lagrangia, accompagnata dalla prof.ssa Marta Boccalini ha assistito alla conferenza, intitolata “Un caffè con Manzù”, tenuta dall’architetto Daniele De Luca, responsabile dell’ufficio Beni culturali dell’Arcidiocesi di Vercelli e curatore della mostra su Manzù, “La scultura è un raggio di luna”, insieme ad Alberto Fiz e Marta Concina. L’incontro ha trattato anche della vita e delle opere dello scultore, per meglio contestualizzare lo stile dell’artista e le scelte espositive che si possono osservare nella mostra.

La vita e le opere dell'artista bergamasco

Dopo un breve commento introduttivo dell’assessore alla cultura Gianna Baucero, il professore ha aperto il suo intervento partendo dalla vita dell’artista bergamasco: nacque nel 1908, dodicesimo di quattordici figli in una famiglia poco agiata a Bergamo, e morì nel 1991. Il suo stile fu profondamente influenzato dai due mestieri intrapresi dal padre, ciabattino e sacrista; in particolare quest’ultimo aspetto gli permise di osservare sia la parte ufficiale dei riti, sia, citando il relatore, il “dietro le quinte” che lo ispirò nella produzione di molte opere a carattere sacro. A vent’anni, nel 1928, è chiamato a Verona per il servizio di leva militare, dove amplia anche la sua formazione artistico-culturale. Successivamente viaggia tra Italia e Francia passando per Parigi, Milano e Roma; nella prima meta rimane meno di un mese, al termine del quale viene rimpatriato a causa di difficoltà economiche; a Milano si interfaccia con il panorama artistico italiano del ‘900 ed infine a Roma stringe amicizia con il Cardinal Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII. Questa amicizia lo farà tornare nella capitale qualche anno più tardi, dopo che Roncalli sarà eletto Pontefice. In questo soggiorno romano Manzù fu ispirato alla produzione di una serie di statue rappresentanti cardinali (circa trecento) da un episodio che lo colpì particolarmente: l’artista vide il Papa attorniato dai porporati nella basilica petrina. Nel 1934 avranno luogo le sue prime nozze da cui nasceranno due figlie, morte in tenera età, ed un figlio, futuro designer della FIAT, morto a trent’anni in un incidente stradale. Successivamente, negli anni ‘50, lavorando in uno studio a Salisburgo incontrò Inge, una ballerina di trent’anni più giovane, che sposerà nel ‘54 e dalle cui nozze nasceranno due figli: Giulia e Mileto. Essi, insieme al trasferimento in Lazio, influenzeranno molto, a differenza della prima famiglia, la sua produzione artistica.

In seguito si è parlato delle sue opere di maggior rilievo tra cui le numerose sedie, rappresentanti il testamento materiale e spirituale lasciatogli dalle sue umili origini; i bambini, che testimoniano l’affetto per i figli; le ballerine, che trovano ispirazione nella passione della moglie; i soggetti mitologici, elaborati dopo lo spostamento in Lazio; i busti femminili ed i cardinali, tutti diversi e senza un’identità precisa, escludendo la statua del cardinal Lercaro e quella di Papa Giovanni XXIII.

Nel 1947 viene indetto un concorso per la realizzazione dell’ultima porta a sinistra di San Pietro tra 12 artisti. Alla fine degli anni '50 viene selezionato Manzù, che sceglie come soggetto la morte. Questa diverrà la sua opera di maggior rilievo, probabilmente anche per la collocazione, e prenderà il nome di “Porta della morte”.
Nell'opera sono rappresentate con maggiori dimensioni le scene dell’ Assunzione di Maria e della Crocifissione, intervallate da simboli eucaristici; poco sotto si vedono morti importanti come quelle di San Gregorio VII, San Giuseppe e Santo Stefano, poi morti comuni in aria, acqua e terra e, dopo la morte di Giovanni XXIII, venne ritratto anche il pontefice. Nella parte interna della porta è raffigurata l'apertura del Concilio Vaticano II.

Come ultimo argomento, il professor De Luca ha parlato della mostra, dislocata tra Arca (ex chiesa di San Marco), San Vittore, Museo Leone, Museo Borgogna e Museo del Tesoro del Duomo (fino al 21 maggio), illustrando anche mediante immagini, i vari passaggi che hanno portato all’allestimento, dalla cernita delle opere al trasporto, alla collocazione delle stesse. Le opere, in tutto 120, provengono da privati, dalla Fondazione Manzù ad Ardea e dallo Studio Copernico di Casalbeltrame. La mostra all'interno di Arca è disposta di modo che ricordi piazza San Pietro a Roma nel suo aspetto originale, con un colonnato a tre bracci e non a due come è attualmente visibile. Le pareti riprendono i colori dei materiali utilizzati dall' artista per la scultura e, per riprodurre il "raggio di luna" che dà il titolo della mostra, i curatori hanno deciso di fare sì che le colonne emanassero una tenue luce per illuminare le statue.
La conferenza è terminata con curiosi aneddoti dell’architetto ed un caloroso applauso. Ringraziamo il professor De Luca per averci dato l’opportunità di conoscere meglio questo artista e speriamo di prendere nuovamente parte alle sue conferenze. Un ringraziamento speciale va anche alla professoressa Boccalini che ci ha permesso di partecipare a questo incontro.

Gianluca Pisa, Alessio Follis, Gianluca Barberis,
Zoe Chemello, Marta Degradi, Lucilla Del Barba

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