Vercelli insolita: una brughiera e dune alle porte della città
Passeggiata dall'argine dietro la "Valle degli orti" fino al fiume
Un'uscita alla "caccia" di discariche lungo il fiume Sesia si rivela improvvisamente un'esplorazione sorprendente e anche un tuffo inaspettato nelle memoria e nella Vercelli che fu.
Ma cominciamo dalla scoperta che potremmo definire "turistica".
Il rudere
La camminata parte nei pressi della costruzione che si vede sulla sinistra, passando sull'argine che comincia in corrispondenza del ponte stradale per Novara.
E' uno scheletro di cemento che ricordo nitidamente all'età di 7 anni, per cui è lì almeno da 58 anni, ma credo molti di più. Non vorrei ricordare male ma in quella zona, come pure nel lato opposto del ponte, dove c'è il campo nomadi, era un tempo attiva una draga per recuperare la ghiaia del fiume e la struttura rimasta ne è praticamente la "vestigia" archeologica.
Poco più avanti sorgerà il parco previsto nel progetto di messa in sicurezza dell'ex discarica Montefibre.
La brughiera
Ma il focus di cui si parla è a lato fiume. In realtà ne avevamo già trattato, con tanto di foto, nel 2022, dopo che ci fu un restyling del flusso del fiume. Almeno fino agli anni Novanta del secolo scorso c'era l'argine, un tot di "giaron d'la Sesia", alberi rinsecchiti e qualche macchia di verde che veniva poi sommersa dalle piene. Saranno stati un centinaio di metri, ora, invece c'è una immensa brughiera verde che si estende in profondità e larghezza. L'acqua in quella direzione non si vede neanche.
Il servizio risale a venerdì 21 dicembre 2024, un forte vento, un cielo terso, una luce incredibile... Dall'argine mi è venuta voglia di arrivare al fiume.
Sono sceso nella brughiera mossa dal vento, sembrava di essere in Irlanda o in un paese del nord. Due persone stavano facendo correre liberamente i loro cani, che ovviamente erano pazzi di gioia per tutto quello spazio. Sulla destra, verso il ponte stradale, invece dell'erba c'è terra e poi una serie di tronchi semi affondati nel terreno. Più avanti si intravedevano dune di sabbia.
Finalmente il fiume
Il percorso dall'argine al fiume ha richiesto circa 15 minuti, tanti perché nel frattempo filmavo. A stima la distanza fino alla corrente è stata di circa 400 metri. Il percorso nella sabbia è ancor più curioso. Infine si arriva a vedere il Sesia, il fiume scorre principalmente in uno stretto canale centrale, con isole di ghiaia nel lato opposto. Qui la corrente è forte. L'acqua con la luce della giornata ha un colore intenso, quasi come se fosse mare.
In alcuni scorci sembra di essere nel mare del Nord, quando c'è bassa marea spuntano delle alghe che possono somigliare in parte ai cespugli piegati dalla piena e che ora sono spiaggiati.
La gallery
L'album dei ricordi
Il giro alla caccia di discariche è poi continuato ma intanto ho cominciato ad avere dei flashback.
Scena 1, 1965 circa: Abitavo in una delle case sulla destra di via Dalmazia andando in direzione del fiume, forse l'ultima, accanto c'era un'azienda che si occupava di asfaltare le strade. Da allora l'odore del bitume fresco per me ha un significato particolare. Oggi sorgono dei condomini.
In quel periodo capitava di fare una passeggiata che portava vicino alla mitica "Osteria del Bo", poi pizzeria e oggi una rovina e poi prendeva per dei viottoli di campagna (ricordo un'edicola mariana ai lati) e da lì si arrivava poi all'argine del Sesia.
L'Osteria del Bo negli anni di cui parlo era gestita dal padre del mitico professor Giuseppe Bo, che poi ebbi l'onore di avere come amico, un vercellese doc dai tantissimi meriti culturali. Mio padre Andrea e anche mio fratello Ernesto lo frequentavano, c'erano alcuni campi di bocce, la gente giocava a carte... Un romanzo di Cesare Pavese...
Mi raccontarono che una delle prime televisioni in un locale pubblico venne installata lì ai tempi del "Lascia e Raddoppia" di Mike Bongiorno, attirando delle vere folle di avventori.
Scena 2, 1968 circa: dopo via Dalmazia andai ad abitare in via Lullo, poco lontano, e va detto che alla mia nascita, 1959, la famiglia abitava appena dopo il ponte del Cervetto di via Matteotti.
Sia mio fratello che mio papà ogni tanto mi portavano fino in fondo a corso Rigola, giù dalla discesa, per andarci a sedere sui gradoni cje portano ancora oggi alla ferrovia. Quest'uso forse continuò fino ai primi Settanta. Guardavamo passare i treni o il via vai sotto, verso il greto del fiume.
Una conclusione, forse
Potrei continuare a raccontare, ma non credo che possa interessare più di tanto. Ci sarebbe magari da dire delle passeggiate al rione Isola, passando dal passaggio a livello in fondo a corso Rigola, tolto non molti anni fa...
Tutto ciò è riaffiorato alla memoria naturalmente stimolato dalla presenza in quei luoghi che sono così cambiati nel tempo.
Magari fra cinquant'anni ci sarà un altro ex ragazzino che ripenserà a quando c'era tutta quell'erba vicino al fiume, prima che...
Gian Piero Prassi