Tradizioni

Venerdì 17 la ricorrenza di S. Antonio abate e benedizione degli animali

Le messe saranno celebrate nella chiesa di Santa Maria Maggiore

Venerdì 17 la ricorrenza di S. Antonio abate e benedizione degli animali
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Il 17 gennaio si celebra la memoria liturgica di Sant'Antonio abate. A Vercelli come noto esiste una confraternita a lui dedicata, guidata dal priore Giulio Pretti, che organizza nella chiesa concattedrale di S. Maria Maggiore tre celebrazioni eucaristiche: alle 9, alle 11 e alle 17.

Le tre messe

La funzione delle 11, celebrata dal vicario generale mons. Stefano Bedello, vedrà l’intervento del coro delle Scuole Cristiane di Vercelli.

La festa di S. Antonio porta con sé due antiche tradizioni: la benedizione del pane, e la distribuzione ai fedeli, e la benedizione degli animali domestici motivo per cui è sempre molto affollata di persone con al seguito cani e gatti e non solo.

Il pane sarà benedetto all’inizio della prima messa, quella delle 9, e sarà poi distribuito al termine di ogni funzione e la benedizione degli animali sarà impartita al termine di tutte le celebrazioni della giornata.

Parla il Priore Giulio Pretti

«Come nel 2024, anche quest’anno - ricorda Giulio Pretti - la festa sarà ospitata nella chiesa concattedrale di S. Maria Maggiore, più grande di quella dedicata al santo e sede della nostra confraternita e per questo più indicata ad accogliere i fedeli che, con i loro piccoli animali, sempre più numerosi partecipano alle tre funzioni giornaliere, soprattutto a quella solenne delle 11. E questo è un segnale di come i vercellesi amino le tradizioni e si sentano vicini a questa in modo particolare. S. Maria Maggiore, come detto, non è la chiesa titolare della nostra confraternita, ma con la presenza del labaro ci sentiremo a casa».

La storia del Santo

Antonio abate è uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa. Nato a Coma, nel cuore dell'Egitto, intorno al 250, a vent'anni abbandonò ogni cosa per vivere dapprima

in una plaga deserta e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse vita anacoretica per più di 80 anni: morì, infatti, ultracentenario nel 356. Successivamente il papa
accordò agli Antoniani il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade; nessuno li toccava se portavano una campanella di riconoscimento.
Il loro grasso veniva usato per curare l’ergotismo, che venne chiamato “il male di s. Antonio” e poi “fuoco di s. Antonio”. Per questo motivo, nella religiosità popolare, il maiale cominciò ad essere associato al grande eremita egiziano, poi considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla.
S. Antonio Abate è anche il patrono di quanti lavorano con il fuoco, come i pompieri, perché guariva da quel fuoco metaforico che era l’herpes zoster. Ancora oggi il 17 gennaio, specie nei paesi agricoli e nelle cascine, si usa accendere i cosiddetti “focarazzi” o “ceppi” o “falò di sant’Antonio”, che avevano una funzione purificatrice e fecondatrice, come tutti i fuochi che segnavano il passaggio dall’inverno alla imminente primavera.

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