Capire l’home schooling (e perché piace sempre di più a studenti e famiglie italiane) in tre punti
Si chiama home schooling, ma non per forza implica di dover organizzare lezioni e altre attività didattiche a casa. Proprio perché i dubbi nei confronti di questa alternativa alla classica scuola pubblica sono ancora consistenti, tanto da trasformarsi spesso in vera e propria reticenza, proviamo insieme a capire meglio di cosa si tratta, chi può accedervi e come, quali sono i vantaggi dell’istruzione parentale.
Cosa c’è da sapere sull’home schooling in Italia, in tre punti
L’espressione in italiano rende meglio l’idea di cos’è e come funziona l’home schooling: se optano per questa formula sono i genitori – o i tutori legali in loro assenza – a provvedere autonomamente all’educazione dei figli. L’istruzione parentale è permessa in Italia da numerose circolari che sono intervenute nel tempo a chiarire un aspetto già implicito in realtà, a detta di molti, nel modo in cui la Costituzione parla di diritto all’istruzione e lo pone in capo alla famiglia.
Le stesse circolari non aggiungono molto: non ci sono cioè in materia di home schooling requisiti specifici da rispettare, né modalità consigliate per fare scuola a casa. Ogni genitore è lasciato libero di organizzare le attività didattiche che reputa migliori per i propri figli, tenendo conto del loro grado di maturità o di scolarizzazione, della maggiore propensione verso una materia piuttosto che un’altra. Basta assicurarsi che sviluppino competenze e abilità in tutto e per tutto paragonabili a quelle sviluppate dai propri coetanei tra i banchi di scuola. Non è detto, soprattutto, che siano i genitori a doversi occupare personalmente dell’istruzione dei figli: se non hanno le competenze o il tempo necessario per farlo possono rivolgersi a tutor o insegnanti privati o iscriverli a una scuola online ed è presto spiegato, così, perché l’home schooling non è semplicemente scuola a casa o scuola da casa. Nonostante, per altro, i dati ufficiali sull’istruzione parentale in Italia sembrano suggerire che le famiglie italiane abbiano cominciato ad apprezzarlo come alternativa proprio alla scuola a distanza, quando si sono ritrovate di fronte alle difficoltà della scuola tradizionale di adeguarsi alle necessità dettate dalla pandemia e farlo mettendo al primo posto il benessere degli studenti, specie quelli più piccoli.
Oggi rispetto al pre-covid sono triplicati gli studenti impegnati nell’home schooling: sono oltre quindicimila e sono soprattutto studenti di scuola elementare o di scuola media. È un dettaglio non da poco. Se già prima della pandemia quella dell’istruzione parentale era una soluzione molto praticata all’estero è perché alla scuola a casa è riconosciuta la capacità di venire incontro alle esigenze personali del singolo alunno, più e meglio di quanto sia possibile farlo tra i banchi di scuola. Soprattutto nel caso dei bambini più piccoli questo vuol dire non proporre loro tanto attività standard, quanto attività su misura e che possano aiutare alla formazione del carattere o a tirare fuori talenti e inclinazioni, oltre che a colmarne le lacune. I sostenitori dell’educazione parentale la incoronano, insomma, come l’unica forma di scuola in cui tabelle e programmi ministeriali importano meno di dare al bambino gli strumenti adeguati con cui muoversi in società e non solo nel mondo del lavoro.