Coronavirus: l'impatto della pandemia su sistema aziende italiano
L'opinione dell'esperto in esclusiva per Primavercelli.
Questo periodo di blocco generalizzato avrà sicuramente degli impatti di rilievo sulle medie aziende, ecco l'articolato parere di un esperto.
Il commercio al dettaglio
Dell’impatto del COVID 19 sul sistema economico e sul sistema aziende se ne parla molto, ma non si sa molto di quanto sono state impattate le medie aziende e soprattutto di come le medesime hanno vissuto il processo. Come è diventato evidente in seguito ai provvedimenti presi dalla presidenza del consiglio il giorno 11 Marzo, il settore del commercio al dettaglio è stato con il passare dei giorni prima toccato e poi travolto dagli effetti. Gli effetti della diffusione del virus si sono inseriti in un sistema di mercato che, salvo alcune eccezioni, stava vivendo da molti anni una decrescita dei fatturati data dal calo dei consumi al quale si sono sommati gli effetti del commercio on line. Naturalmente ci sono mercati che sono sopravvissuti sia per le loro caratteristiche strutturali sia per l’effetto positivo delle aggregazioni degli operatori, ma in generali le vendite sono diminuite costantemente.
Un fattore di mercato
Le misure di protezione della salute del cittadino e il loro impatto sulle imprese non dovrebbero essere considerate come un problema e basta, ma dovrebbero essere viste come un fattore di mercato che come sempre andrà affrontato e superato e come la maggior parte dei fattori di mercato farà selezione delle imprese. Le aziende che si approvvigionano dall’estremo oriente ed in specifico dalla Cina erano in allarme fin dai primi annunci dell’epidemia, temendo ritardi o addirittura cancellazioni delle produzioni. La Cina ha risposto bene sia sul fronte del controllo dell’epidemia, sia sulla gestione dell’emergenza della produzione. La preoccupazione dei clienti europei era focalizzata principalmente sulle forniture in arrivo da marzo in avanti in quanto le precedenti erano già partite al momento della diffusione del virus. Sul fronte vendite, le aziende al dettaglio, escluse almeno quelle dei beni di prima necessità hanno cominciato ad avere il primi segnali dal fine settimana del 22 e 23 Febbraio.
I primi effetti
Le prime informazioni sui primi contagiati hanno fatto diminuire il traffico nei negozi soprattutto la domenica, generando il primo colpo al delicato business del dettaglio non food. A questo è seguita una settimana interlocutoria caratterizzata comunque da vendite in netta discesa per approdare al weekend del primo Marzo quando le chiusure programmate dei negozi hanno aumentato l’impatto. Alla fine di quella settimana si pensava ancora ad un impatto importante sulle vendite ma si era ben distanti dall’immaginare lo sviluppo successivo. Ancora una settimana di grandi cali di vendite fino a sabato 7 con l’annuncio delle nuove misure da parte del governo e ancora maggiori cadute delle vendite fino a quando, questa settimana, le grandi catene hanno cominciato a chiudere tutti i negozi fino alla chiusura totale per decreto. Le aziende che non fanno parte della catena logistica che deve continuare anche in emergenza, devono gestire le pratiche amministrative e gli arrivi dai fornitori residui e quindi hanno disposto la chiusura uffici centrali salvo qualche persona che lavora a rotazione.
Il lavoro
Sono stati studiati pacchetti di istruzioni e piccoli kit di protezione per permettere a chi si deve recare in ufficio di lavorare in sicurezza; tutti gli altri lavorano da remoto, in regime di smart working; altri ancora sono semplicemente a casa. Si va in ufficio a gruppi magari per tre giorni, poi si rimane a casa per lasciare spazio ad un altro gruppo per altri tre giorni e così via. Chiusa la mensa, ci si porta il pranzo da casa. Minima distanza tra gli operatori almeno 3 metri. Se possibile, aree funzionali segregate senza interrelazioni: se ci si deve parlare, si usa il telefono. Nessuna riunione. In bagno uno alla volta. Si cerca di far di tutto per mantenere viva l’attività in sicurezza. Le associazioni di categoria si sono mosse immediatamente cercando di raccogliere dati e informazioni e di mettere insieme idee e prime richieste da portare ai tavoli governativi. Cassa integrazione, dilazione dei pagamenti di imposte, IVA, contributi, possibilità di accedere a credito agevolato e non contingentato.
I decreti
Per ora dal governo le certezze arrivano a proposito della gestione sanitaria, sacrosanta, ma per ora non ancora leggi per tenere in piedi e aziende. Servono misure che tutelano le aziende e i lavoratori, e servono velocemente perché le aziende devono programmare i propri flussi di cassa e proteggere il business e i lavoratori. Sicuramente l’Italia del lavoro ne uscirà bene, anche se questo periodo lascerà sul terreno molti morti e feriti nel mondo delle aziende, nonostante le parole inqualificabili della signora Lagarde, che è riuscita anche a colpire in modo sanguinoso anche i risparmiatori, colonna portante del nostro sistema.
In Europa
L’Europa, a sua volta devastata dall’epidemia, sta intervenendo in maniera massiccia rimuovendo i vincoli e stanziando capitali ingenti; la signora Lagarde è stata costretta a tornare sui suoi passi. Gli Stati Uniti sono scesi in campo con l’artiglieria pesante. L’Italia ha varato le prime misure, consistenti considerando le condizioni precarie; alcune regole sono chiare, altre lo sono meno, ma soprattutto la nebbia è ancora bassa per quanto riguarda la realizzazione. L’Italia sta vivendo un momento tragico, ma è diventata un modello per come si affronta il virus; adesso è importante che tutti tengano gli occhi sulla palla e si cerchi di uscire dal tunnel al più presto e che al più presto si torni alla vita normale. A quel punto il governo avrà in mano le risorse per far ripartire la locomotiva italiana, attraverso fondi, parametri e altri strumenti: vedremo se capiranno che non serviranno solo manovre di sostegno ma soprattutto investimenti finalizzati al rilancio, altrimenti il paese sarà finito.