Economia

Cerutti Vercelli chiude: accordo "paracadute" per i lavoratori

Per 160 lavoratori Cassa integrazione a zero ore per tutto l'anno e corsia preferenziale per assunzioni future nella NewCo

Cerutti Vercelli chiude: accordo "paracadute" per i lavoratori
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Nella foto i lavoratori Cerutti in assemblea nella mattinata di giovedì 11 giugno.

Accordo fra i sindacati e la Cerutti per la gestione di quella che, comunque è la fine di una lunga storia industriale, almeno a Vercelli. L'accordo, che è stato approvato dai lavoratori della fabbrica Vercelli nell'assemblea di giovedì 11 giugno 2020, e che anche a Casale dovrebbe avere il via libera, dovrà poi avere anche l'ok del Tribunale. Lo stabilimento di Vercelli dopo mezzo secolo chiuderà i battenti per sempre. Il "piano" prevede la nascita di una nuova società (la NewCo) con una sola sede a Casale e 128 posti di lavoro (sono 130 ma due sono già in vista della pensione). In questa nuova realtà anche qualche vercellese conserverà il posto.

"Cassa" almeno fino alla fine dell'anno

Per la maggior parte (160 persone) scatta ora la strada di una "Cassa" straordinaria a zero ore fino a gennaio 2021, con l'eventualità di un rifinanziamenti e altri mesi ancora di Cassa Integrazione, oppure il licenziamento collettivo, con la clausola di ricollocamento prioritario nella nuova azienda in caso di ulteriori assunzioni rispetto ai 128 posti di partenza. La clausola dura due anni e chi in questo periodo sceglie di andarsene avrà un "bonus" di 15.000 euro

Tra gli aspetti positivi del piano anche il fatto che i lavoratori che transitano nella "NewCo" manterranno qualifiche e anzianità.

Non c'era alternativa nella realtà economica dell'azienda a questa soluzione. La nuova società partirebbe con delle chance di ricavarsi una nicchia di mercato con la costruzione di un certo numero di macchine da stampa, che, ricordiamo, sono grossi impianti che in passato hanno stampato milioni (anzi miliardi) di copie dei più prestigiosi quotidiani del mondo e il marchio potrebbe ancora avere un suo rilancio. L'alternativa era un traumatico fallimento, molto più doloroso per i 160 lavoratori e le loro famiglie. Resta il rimpianto per una delle ultime, se non l'ultima in assoluto, realtà produttive della città, almeno di un certo livello.

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