Vercelli-Lublino: intervista all’artista Marcin Sudziński

Mostra fotografica e un film sulla comunità ebraica della città polacca, progetti futuri con la nostra città.

Vercelli-Lublino: intervista all’artista Marcin Sudziński

Vercelli ha recentemente ospitato un doppio appuntamento di rilievo con la fotografia d’autore, curato da Marcin Sudziński. Nato a Lublino nel 1978, Sudziński è una figura poliedrica nel panorama artistico e culturale, la cui opera fotografica va oltre il semplice scatto. Il fulcro dell’esposizione, intitolata “Lublino. Siamo qui”, è un viaggio visivo intimo e profondo nella sua città natale.

Il valore della memoria

Le sue fotografie non sono solo immagini, sono un atto di ricerca sull’identità e sulla memoria, che riporta in vita i volti che raccontano la storia della città. Per Sudziński, la fotografia è un atto di ricerca costante, non si limita a “scattare un immagine”, ma la costruisce attivamente, utilizzando la camera oscura e i processi di stampa come parte integrante della sua espressione artistica. Abbiamo incontrato il fotografo in occasione della sua prima mostra vercellese, ospitata da Pino e Marina Ferraris nello spazio “Un tuffo nei ricordi”, per farci raccontare in prima persona le radici e la profondità di questa sua grande passione.

L’intervista

Quale è stato il motivo per cui hai scelto la nostra città per far conoscere la tua fotografia?

«Penso che sia un luogo dove l’arte e il mestiere della fotografia vengono ancora sentiti e discussi profondamente. Non cercavo la grande platea, ma la sensibilità e l’attenzione di un pubblico e di professionisti che comprendessero il valore del mio lavoro».

L’incontro con i professionisti vercellesi come Rosario Tinnirello, Luigi Chiais, Dario De Salvador e Elisa Salvadori, che significato ha avuto questo confronto tecnico e artistico di specialisti del settore verso la ua ricerca sulle tecniche di stampa?

«Un confronto come crescita, sapere che professionisti come loro hanno apprezzato e compreso le mie scelte, come la densità dei pigmenti, il controllo sui toni, o l’uso di specifici supporti cartacei, mi conferma di essere sulla strada giusta».

Oltre all’esposizione fotografica, nel secondo appuntamento presso la Libreria dello Spirito di Silvio Giovanni Prencipe, c’è stata la proiezione del documentario “I volti di una città inesistente” di Natasza Ziółkowska Kurczuk. Questo film racconta il recupero di quasi 3.000 negativi di un fotografo ebraico, che ha fissato i volti e la quotidianità del Ghetto di Lublino prima della sua distruzione nell’Olocausto.

Qual è il valore e la risonanza etica e personale, che questo film-documentario rappresenta per te?

«La Lublino che io fotografo oggi è un luogo che esiste sopra le ceneri di una comunità vasta e vibrante, quella ebraica, che è stata totalmente cancellata. Il documentario celebra un atto di “salvataggio” non solo artistico, ma morale. Quei negativi, sopravvissuti per caso, sono l’unica traccia materiale dei volti e delle storie che altrimenti sarebbero state inghiottite dall’oblio. La visione della vita nel Ghetto prima della sua distruzione ci restituisce l’umanità che l’Olocausto ha tentato di negare».

Marcin, la tua attività non si limita alla fotografia e all’arte visiva. Sappiamo che hai un ruolo di responsabile culturale presso l’Università Marie Curie Skłodowska di Lublino e una profonda passione per l’apicoltura, lavorando presso l’Apiario del Centro Culturale (CSK) di Lublino. Come si conciliano queste passioni così diverse tra loro?

«Questi aspetti, apparentemente distanti, sono in realtà profondamente connessi, da una filosofia comune: il rispetto per il processo. Il lavoro all’Apiario del CSK è una passione che mi radica al mondo naturale e mi insegna l’ordine, la struttura e il tempo. L’apicoltura, come le antiche tecniche di stampa in camera oscura, esige disciplina, pazienza e un profondo rispetto per i ritmi naturali. Entrambe le attività sono lente e laboriose, e la qualità del risultato finale dipende interamente dalla cura meticolosa dedicata a ogni singola fase».

La prima volta che ci siamo incontrati, avevi accennato alla particolarità degli apiari collocati sui tetti del Centrum Spotkania Kultur (CSK) di Lublino. Qual è stata la motivazione principale dietro questa decisione non convenzionale?

«L’apiario sul tetto del CSK è una terrazza verde e didattica, accessibile al pubblico, i visitatori sono stupiti e affascinati nel trovarsi a diretto contatto con la vita di un alveare nel cuore urbano. L’apiario diventa così uno strumento di sensibilizzazione unico per educare i cittadini, in particolare i più giovani, sul ruolo cruciale delle api sul nostro ecosistema e sulla crisi della biodiversità. E’ dettata inoltre da una questione di sopravvivenza. Paradossalmente, le aree rurali non sono più il luogo sicuro per le api, a causa dell’eccessivo e incontrollato uso di prodotti chimici e pesticidi nelle monocolture. La città, con la sua varietà di parchi, giardini e la limitazione dei trattamenti chimici intensivi, offrono oggi un ambiente più protetto».

Restando sul tuo ruolo di responsabile culturale all’Università Marie Curie Skłodowska: esistono progetti che potrebbero tradursi in uno scambio culturale tra le due città?

«Attualmente, stiamo lavorando per formalizzare un accordo di scambio in ambito Erasmus tra l’Università Marie Curie Skłodowska (UMCS) di Lublino e un’istituzione di istruzione superiore di Vercelli. L’obiettivo è creare un ponte culturale duraturo che permetta ai giovani di confrontarsi e acquisire esperienze internazionali.

Un grazie a Marcin per aver condiviso con noi la sua visione, che unisce con sorprendente armonia l’impegno artistico, la profonda disciplina tratta dalla natura e la sua fondamentale responsabilità culturale.

Caterina Contato

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