Un Natale a Tricerro nei ricordi di Pierino Berzano
Atmosfere natalizie di tanto tempo fa in un racconto della Bassa d'un tempo.
Un Natale a Tricerro nei ricordi di Pierino Berzano. Atmosfere natalizie di tanto tempo fa in un racconto della Bassa d'un tempo.
Un Natale a Tricerro nei ricordi di Pierino Berzano
Nella foto la ruota di un mulino ad acqua, come quello ricordato dall'autore.
Pierino Berzano di Tricerro, ultranovantenne, è una delle memorie viventi del nostro territorio. Già negli anni Settanta aveva cominciato a scrivere le "Voci della mia Bassa", un libro che è stato ristampato per la terza volta nel 2019 da "Effedì Edizioni" ed in cui rivivono figure, aneddoti e storie di una società rurale risalenti anche a prima della Seconda Guerra Mondiale, frammenti di storia che Berzano ha trasformato in novelle.
Ma dalle pagine del nostro giornale continua a far riemergere dalla memoria nuovi episodi. Ed ecco la novella che vi regaliamo per il Natale 2019.
1937: l'anno in cui il mio presepe rimase senza muschio
Quando si avvicinava il Natale, il problema grosso per noi ragazzini non era tanto il presepio - che avrebbe poi occupato il piano della credenza o il davanzale della finestra - quanto il fatto di trovare del buon muschio da metterci tutt’attorno. Da noi nella Bassa era tradizione che il muschio più bello fosse riservato al grande presepio della chiesa alla cui bisogna erano designati dal viceparroco - una specie in via di estinzione - alcuni giovanotti dell’oratorio che conoscevano i posti migliori. A noi poi, in seconda battuta, - cioè dopo il 16 dicembre, non restava altro che accontentarci di quel che lasciavano indietro. E un presepio senza un buon tappeto di muschio fresco e morbido era come un bel quadro con una brutta cornice. Ora, io non ricordo cosa ho fatto stamattina, ma quello sciagurato giovedì di dicembre del 1937 - avevo dieci anni - non me lo sono scordato più.
C’era stato un autunno secco come la morte, quell’anno, e anche in dicembre non era venuta giù una goccia d’acqua. Tempi grami per il muschio e, di conseguenza, per i presepi del paese, compreso quello della chiesa. Ed io, il 18 dicembre - fortuna sfacciata - arrivando casualmente presso la grande ruota del vecchio mulino, ne avevo trovato un tappeto da farci le capriole. Ricordo che quell’anno, a causa della gran siccità, l’acqua della roggia era poca e la grande ruota del mulino non arrivava a lambirla. Era stato un bel colpo per me quell’insperata congiuntura: a ruota ferma avrei potuto raccogliere, tranquillamente e comodamente, tutto il muschio che occorreva al mio presepio. Non m’era stato agevole, ugualmente, scalare a mezzo la grande ruota ma la freschezza dei dieci anni pre- valse sulle difficoltà ed il timore; ci rimediai solo un’unghia rotta e uno strappo ai pantaloni.
Abbarbicato a quello scranno di fortuna, tuffavo con una gioia smisurata le mani in quel soffice prato verde riempiendo a poco a poco il grembiulone nero della nonna che m’ero portato dietro, pensando quanto sarebbe risaltato il mio presepio di fronte a quello dei miei amici. Ma guarda tu che fortuna avevo avuto! Fu a questo punto che accadde il guaio...
Col sedere a mollo
Forse perché ero disceso troppo in fretta... o forse perché era giusto che la storia si concludesse altrimenti. Fatto sta che la grossa ruota incominciò a muoversi e io an- dai a finire nella roggia sottostante. Come già vi accennai, l’acqua era piuttosto bassa, e me la cavai con il semplice ammollo del posteriore, riuscendo anche a tenere all’asciutto il mio prezioso fardello. Nulla di grave e nessun dramma, pertanto, solo uno di quei trascurabili contrattempi nei quali pare incappasse talvolta lo stesso Napoleone e che, pur senza attenuare le dimensioni dei suoi trionfi, facevano sbottare il grande condottiero in alcune colorite espressioni di cui è ricca la terra còrsa.
Stavo pertanto esaminando, con un certo sollievo, la situazione allorché mi sentii scuotere da una voce simile ad una cannonata.
Il padrone del mulino
“Chi è quel dannato che ha fatto partire la ruota?”.
Era il padrone del mulino a sbraitare in quel modo. Per la risposta non c’era granché da scegliere: eravamo solo noi due!
“E perché hai fatto girare la ruota del mulino? E che cos’hai in quel fagotto?”.
"Mi ha mandato il prete!"
Domande indiscutibilmente già più sensate. Per limitare i danni buttai fuori la prima cosa che mi venne in mente: “Mi ha mandato il prete a raccogliere il muschio per il presepio della chiesa, dato che, finora, ne han trovato poco. Solo che sono salito, si son strappate le braghe e, scendendo, si sono impigliate nella ruota...”.
Il suo umore mutò di colpo. Mi passò una mano sul capo e, con accento molto più umano, esclamò:
“Bravo ragazzo, hai fatto una buona cosa. Potevi anche avvertirmi però, sai che a momenti io, di dentro... beh, la-sciamo perdere. Anzi, guarda la combinazione. Io, coi preti ce la faccio poco, ma dovevo proprio incontrarmi con l’arciprete. Andiamoci insieme”. Con l’acqua che mi colava giù per il didietro, dovetti accompagnarlo proprio fino alla Casa Parrocchiale. Avrei voluto vedere Napoleone, a dieci anni, cosa avrebbe fatto di di- verso! Il vecchio arciprete accolse tutto quel ben di dio come una benedizione.
“È la Provvidenza che ti manda, figliolo. Il viceparroco mi aveva detto, stamattina, che i nostri giovani, di muschio, ne ave- van trovato proprio poco...”.
Il ritorno a casa
Ritornai a casa con le mie povere chiappette bagnate, i pantaloni strappati, varie escoriazioni alle mani e... senza un filo di muschio.
Raccontai tutto a mia madre che, forse presa da compassione, non mi fece alcun rimprovero.
Si limitò a chiedere: “E il grembiulone della nonna?” Ho risposto a testa bassa: “L’ho salutato, insieme al muschio!”.
Quell’anno, in sostituzione del muschio, ci mettemmo il servizievole scendiletto dei miei genitori, quello ereditato da zia Angela: verdastro, tutto a grumi e sbrindellato pareva sostituirlo benissimo.
A parte il profumo, leggermente diverso... E quando proprio mi sentivo una certa fitta al cuore andavo in chiesa a guardare il grande presepio incastonato in un altare laterale. E lì mi mettevo a fissare il bambinello e gli dicevo: “Ma tu lo sai, vero, che buona parte del muschio qui attorno l’ho raccolto io?”.
E mi pareva proprio che Gesù Bambino, con quei suoi occhi lucenti come stelle e quel suo volto sorridente, mi facesse cenno di sì. Non chiedevo di più. E tornavo a casa felice e contento come una pasqua. Anzi, come un Natale...
Pierino Berzano