Arte Contemporanea

Ruggero Maggi a Studio Dieci: caso, caos e verità scomode

La mostra a Studio Dieci continua nei prossimi fine settimana, evento da non perdere

Ruggero Maggi a Studio Dieci: caso, caos e verità scomode
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Nella foto principale, scattata all'inagurazione, Lorella Giudici, Ruggero Maggi e gli esponenti di “Studio Dieci”: Diego Pasqualin, Carla Crosio e Matteo Lombardi.

Ruggero Maggi è tornato a «Studio Dieci», centro culturale cittadino con cui negli anni ha collaborato più volte. Maggi è un artista storico italiano che alcuni probabilmente conoscono per la mail-art, ma che è solo una sfaccettatura di una produzione ben più articolata e che l’esposizione inaugurata sabato scorso nella sede di piazzetta Pugliese Levi mette pienamente in rilievo. «Come risuona questo Caos» è in effetti una retrospettiva, le prime opere sono del 1975.

Una vita per l'arte

Maggi è dagli anni Settanta che opera nell'arte italiana e internazionale, prima come gallerista (a 25 anni fu il più giovane d'Italia) nella Milano che era allora una piazza fondamentale dell'arte europea. Pochi anni dopo cominciò a produrre le sue opere che hanno attraversato decenni di mutamenti enormi, sempre con una visuale originale e soprattutto capace di suscitare sempre reazioni e riflessioni in chi le osserva. Ha conosciuto e interagito con grandi artisti contemporanei e nella mostra c'è traccia anche di questo, un video è infatti dedicato al mitico progetto "Camera 312", un'installazione alla Biennale di Venezia del 2007 dedicata a Pierre Restany, di cui Maggi era grande amico. La sezione video è molto interessante e merita un'attenta visione perché dà il senso dell'azione artistica di Maggi. Il quale confida: "Per me l'arte è stata fonte di vita".

Spunti per i visitatori

L'allestimento presenta dei rimandi fra opere. Di fronte al piano terra un quadro polimaterico del 1975 nel quale è posta una tavolozza da pittore intrecciata a un circuito elettronico. Analoga, anche se più complessa, l'operazione di "Tutti i colori del Caos" del 2001, il circuito elettronico è sempre presente ma la lavorazione è estremamente evoluta.

Certo che l'opera del 1975, vista quasi cinquant’anni dopo ha un sapore profetico come solo l’arte vera può permettersi.

Una caratteristica costante dell'artista è quella di prendere oggetti della realtà, qualche volta apparsi per caso, e di "eternarli" in un quadro o installazione. Guardando con attenzione si troveranno formiche amazzoniche, pagine di libri preziosi che diventano un cielo per stormi di uccelli, rose rosso sangue con il gambo di filo spinato e i petali intrisi del sangue dell'artista stesso.

La gallery

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Il buio e la luce

Nella camera di collegamento con le scale e il piano superiore regna il buio, perché sono esposte sculture e installazioni luminose, neon e laser (tecnica di cui Maggi è stato un pioniere). Un altro tratto dell'arte di Maggi che sa usare la tecnologia nell'arte come strumento di verità interiore e scoperta di nuove dimensioni senza lasciarsi influenzare e mai per mera ricerca di novità.

Tre inferni a confronto

Al piano superiore tre installazioni che sono state adattate agli spazi della galleria che sono risultati perfetti per l'artista. Le installazioni principali sono tre. Nella prima sala domina uno scheletro crocefisso e un bidone della Shell che ha perso la s e quindi recita Hell (inferno), ancora una volta il senso arriva dalla realtà e viene poi amplificato dalle azioni dell'artista.

"Velo d'ombra" è l'installazione iconica che viene anche richiamata sulla locandina ed occupa il secondo ambiente del piano superiore, sono dieci sagome alte 10 metri, un burka illuminato dall'interno sopra delle "gonne", a raffigurare le donne costrette dai fanatismi islamici a nascodersi completamente. E' uno dei lavori più emblematici di Maggi. Di grande effetto.

"Peccatore Casuale" riempie invece il terzo ambiente. Al centro su un leggio, un antico messale che venne trovato casualmente dall'artista in una bancarella e che voleva regalare a un amico appassionato bibliofilo, quando però ha notato la profanazione operata da qualcuno che vi aveva vergato sopra un disegno di genitali. Dietro al leggio che viene illuminato da una croce al laser, campeggia una scritta strappata di un manifesto in cui si legge solo "il peccatore", altro ritrovamente casuale, insieme sono l'esemplificazione di come l'arte nasce sempre dalla vita, anche dalle manifestazioni più volgari.

Per una più dettagliata e puntuale lettura si rimanda al comunicato di Studio Dieci con il testo critico di Lorella Giudici che si allega in calce.

Il Caos e noi

La teoria del “Caos” venne elaborata negli anni Sessanta per creare modelli di previsione di sistemi complessi, ed ha ispirato tantissimi artisti, proprio perché vive sul crinale quasi mistico che separa gli stati complessi (con un ordine che sfugge all’osservazione superficiale ma che c’è) dall’assenza di significato. Dietro le guerre, la fame, la violenza, ci sono dinamiche, oltre il groviglio delle emozioni altre dinamiche. Ecco allora che il “Caos” risuona in fondo attraverso la storia dell’arte e particolarmente nelle stanze di Studio Dieci, dove le opere di Maggi, come ha detto la critica Lorella Giudici grande conoscitrice dell’artista e che ha curato il testo critico dell’esposizione, ruotano attorno a due poli: la luce (l’artista è stato un pioniere dell’uso dei neon e dei laser nelle installazioni artistiche e ce ne sono diversi in mostra) e l’ombra. Sono le due polarità fondamentali, tra di esse si può dar forma a tutto. Maggi si concentra spesso su aspetti tragici ma non è un pessimismo senza sbocchi, piuttosto il “ruolo sociale” dell’arte contemporanea: aprire le menti di chi si pone in ascolto di ciò che l’artista ha da dire.

Un compagno di strada di "Studio Dieci"

Come hanno detto sia la presidente del centro Carla Crosio che il direttore artistico Diego Pasqualin, Maggi è stato un compagno di strada nei cinquant’anni di «Studio Dieci» e non poteva mancare questa sua mostra nelle celebrazioni per il mezzo secolo di vita del centro. All’inaugurazione c’erano diversi protagonisti della cultura cittadina e anche tanti giovani.
La mostra resterà aperta fino al 5 marzo dal venerdì alla domenica, orario 17-19, ingresso libero. Una visita potrebbe coinvolgerci in ciò che vibra tramite l’arte di Maggi: la consapevolezza, che è l’inizio di ogni scintilla di cambiamento.

Gian Piero Prassi

Scarica il comunicato con il testo critico di Lorella Giudici

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