Resti romani al Pisu - La Rete: "non vanno distrutti ma valorizzati"
L'Associazione vercellese ricorda tutte le occasioni perse come la distruzione dell'opificio.
In merito al ritrovamento di diverse strutture di epoca romana nell’angolo est della “Piazza antico ospedale”, nell’area racchiusa tra il colonnato dell’ex nosocomio e il monastero di San Pietro Martire, si esprime il coordinatore de “La Rete” Maurizio Roccato come segue.
Il cantiere che le ha riportate alla luce è stato installato su iniziativa del Comune per realizzare i lavori della “Torre libraria”, polo culturale che concentrerà in un nuovo edificio alcune eccellenze vercellesi come la biblioteca civica e universitaria, in quella che il quotidiano La Stampa ha definito “Piazza del sapere”, una “zona di respiro europeo”.
Lo scavo in essere mette in mostra murature romane in ciottoli con svariate tracce di laterizi e pavimentazioni; si nota che la porzione centrale della stratigrafia è molto antropizzata (di colore più scuro) e potrebbe celare ancora qualcosa. Ritrovamenti simili sembrano l’ideale per un luogo deputato a sede di conoscenza e cultura.
Valutazione di una variante al progetto edilizio
Approfondire lo scavo per evidenziarne le aree di maggior interesse sarebbe il primo passo che dovrebbe portare alla valutazione di una variante al progetto edilizio in corso, da modificare in modo da rendere visibili/accessibili i reperti sottostanti. Si potrebbe pensare a una pavimentazione in vetro calpestabile o a fondazioni su micropali, con la valorizzazione archeologica “underground”. Alternative del genere sono già state messe in atto in moltissimi contesti simili (basti ricordare lo splendido mosaico si S. Elisabetta a Perugia, salvato grazie a una modifica ai piani di costruzione, che ancora oggi si può ammirare accedendo agli scantinati della Facoltà di Chimica). Oppure, per rimanere in città, al condominio di via Pastrengo, che è stato sopraelevato in corso d’opera per mantenere intatte e visitabili le banchine del porto canale di epoca romana ritrovate durante gli scavi di fondazione.
Da tempo, con la realizzazione del MAC, Vercelli conserva ed esibisce l’importanza del suo patrimonio antico, e anche la salvaguardia dei resti appena scoperti dovrebbe essere l’occasione per confermare questa tendenza.
Scelte ponderate
Sicuramente la situazione è da valutare e le scelte vanno ponderate, ma è gusto sia coinvolta la cittadinanza, oltre al MAC stesso, al Museo Leone, alla Società Storica, e chiunque abbia a cuore la valorizzazione dei beni locali. È auspicabile che la popolazione esprima un parere nell’interesse della propria città, senza essere esclusa dalle decisioni della Soprintendenza.
Vercelli ha già perso molti – troppi – pezzi del suo passato antico, e nonostante le intenzioni a fine ‘800 fossero promettenti (con l’istituzione della Commissione Archeologica Comunale) si è poi assistito al graduale disinteresse per siti significativi (prima fra tutte l’area dell’anfiteatro, le terme in totale stato di abbandono, la domus di via Dal Pozzo, la chiesa di San Bartolomeo al rione Concordia, gli ingenti ritrovamenti della Croce di Malta, la necropoli romana di Porta Torino o, ancora più notevole, quella di via Asiago) o alla loro distruzione (vedi la maggior parte delle strutture della ex “Casa della Pitardina” o quella ancora più plateale quanto insensata dell’opificio di via Derna, che ci ha privati di un complesso importante per ricoprire tutto con l’asfalto di un parcheggio che spesso rimane semivuoto).
Anche per ciò che è appena stato scoperto negli spazi dell’ex parcheggione ci auguriamo non si ripeta quanto successo in passato. La realizzazione di un polo culturale non può fondarsi sulla distruzione della cultura.