Premio Mario Barale 2025: GALLERY e tutti i premiati

Riconoscimenti a poeti di tutta Italia per il tradizionale concorso sangermanese.

Premio Mario Barale 2025: GALLERY e tutti i premiati

Tanti poeti e artisti provenienti da diverse regioni sono stati i protagonisti della cerimonia di premiazione della XIV edizione del Premio Nazionale di Poesia “Mario Barale”, nato per ricordare il poeta del paese e che nel corso delle varie edizioni ha via via assunto valenza davvero nazionale, sia per i componimenti in vernacolo, non solo in Piemontese, che per la sezione in Italiano ed ora anche per una terza categoria riservata alla pittura. E’ promosso da Comunità Nuova Piemontese e Cavjer ad a Tradissiun, con il patrocinio del Comune di San Germano e il sostegno del nostro settimanale.

La giuria

Grande regista della cerimonia di domenica 5 ottobre 2025 è stato Fabrizio Bragante che è la vera anima di questo concorso, gestendo la selezioni della giuria, tutto il lavoro di segreteria e ovviamente la parte di valutazione, quest’anno particolarmente laboriosa vista l’alta qualità delle liriche pervenute e l’organizzazione della premiazione.
E, a proposito di giuria, era formata, oltre che da Bragante e da Gian Piero Prassi, redattore del nostro settimanale, da Luca Stecchi, Rosa Rampulla, Giacomo Ramella e Cristina Corradini. La parte artistica è stata seguita invece da Serena Muscas, artista di alto livello che è stata anche scenografa di Dario Argento.

Per il Comune ha partecipato il sindaco Gianni Mentigazzi, la cerimonia è stata preceduta dalla benedizione del parroco don Andrea Matta. Presente fra il pubblico pure il cavalier ufficiale Fulvio Pacileo dell’Associazione Insigniti dell’Ordine della Repubblica di Vercelli, in quanto Bragante è Cavaliere dallo scorso giugno.

Tutti i premiati

Per le poesie in lingua italiana il primo posto, Trofeo del Comune di San Germano, è andato a Giancarmine Fiume di Rovellasca (Co), con la poesia “La distanza”; secondo posto per Alessandro Corsi di Livorno, con “Sotto la luna forte”, a lui il Memorial “Carlo Bassano”, terza piazza per una poetessa di Motta de’ Conti che si comporta sempre bene a tutti i concorsi a cui prende parte: Anna Perucca, con la lirica “Notturno”. Menzioni d’onore sono andate inoltre ai poeti Aurelio Zucchi di Roma, Liliana Fusco di Milano, Marco Pezzini di San Giuliano Milanese.

E’ stato anche assegnato un premio della Critica, messo in palio da Notizia Oggi Vercelli che si conferma sempre vicina, come nel caso di Crova, alle realtà culturali del territorio. Ad aggiudicarselo Davide Rocco Colacrai di Terranuova Braccioini (Ar) con la poesia “Io non canto per cantare”.

Altro riconoscimento, sempre per le poesie in italiano a Susanna Raineri di Candelo (Memorial Davide Vaccino).

Venendo alla sezione in vernacolo la palma della vittoria (il Trofeo Mario Barale) a Stefano Baldinu, poeta di San Pietro in Casale (Bo) che scrive in lingua Sarda, con “Sa forma de su boidu” e che ha ritirato anche la targa per Davide Rocco Colacrai. Seconda posizione per la poesia “S’incuntruma ‘ncura” del poeta novarese Livio Rossetti, che ha avuto il premio “Gaeta perla del Lazio”, frutto di un “gemellaggio” con il concorso sangermanese, al terzo posto un altro autore di Novara, Fabrizio Sguazzini con “Na rosa brinà”. Menzioni d’onore per Antonio Barracato di Cefalù, Angela Cristina Broccoli di Corbetta (Mi), Giovanni Moda di Mortara.

L’unica vercellese premiata, Liza Binelli, ha avuto il riconoscimento intitolato al mitico Cesare Lavarino con il componimento dialettale “Vegia Varsej”.

Per quanto riguarda la sezione dedicata ai pittori, palma della vittoria a Vincenza Francese di Torino, davanti a Marco Di Vincenzo di Trapani e Osvaldo Crotti di Bergamo, menzioni per Gerardo La Porta di Eboli, Tsvetelina Duhlenska di Rivoli e alla 14enne Anna Clara Carena di Fossano.

L’omaggio a nonno Fabrizio

Da segnalare che al termine della cerimonia c’è stato un simpatico e tenero siparietto familiare per Fabrizio Bragante, infatti è salito sul podio il genero di Bragante, Daniele Maggio con la moglie Pamela Bragante e la piccola Alice di 22 mesi. Daniele Maggio  ha infatti scritto (lui che non è un poeta) una bellissima lirica ispirata da e dedicata ad Alice. E sul palco della Sal Paggi si è riunita la famiglia Bragante, era presente anche la moglie di Fabrizio Patrizia Govoni.

Una bella conclusione per una cerimonia davvero importante, come ha ricordato Bragante tantissime liriche pervenute sono delle disperate richieste di Pace o delle denunce del mondo sempre più violento che ci circonda.

Alta qualità e tanto desiderio di Pace

La qualità dei componimenti è stata tale da mettere in seria difficoltà la giuria nell’emettere i suoi verdetti, una nota dolente il ridursi delle poesie nelle lingue vernacolari e soprattutto la graduale sparizione di poeti in dialetto Vercellese. Ed è un peccato perché proprio nelle Lingue dei nostri popoli sono scritte delle poesie di enorme profondità e sentimento, basti leggere la poesia di

Dalle località dei premiati di ogni sezione si comprende quanto radicato sia ormai il premio “Mario Barale”.
Nel contesto della cerimonia è stata anche assegnata la borsa di studio dell’Aido alla memoria di Moreno Nodari è stata assegnata ad Elisa Pugliese studentessa sangermanese, a consegnarlo Giovanni Nodari, presidente e Luisella Sansalvadore, vice presidente.

La gallery

Le opere vincitrici

La distanza di Giancarmine Fiume, Rovellasca (Como), 1° posto sezione Italiano

Che ne sarà di noi, all’albeggiare
del mondo sugli spazi
aperti dal tuo transitare,
nel fermo immagine di un addio
a bruciapelo?
Rivedo ancora in controluce
le diapositive degli anni migliori
sullo sfondo di letti sfatti,
sugo fresco e gelsomino,
il tuo sorriso illuminare a giorno
come le vetrate
di una cattedrale la domenica.
Poi le avanguardie del dolore
dal fronte di un nemico taciuto
e qualcosa che si rompe
dietro lo sterno al raggrumarsi
dei restanti attimi sul massimale
dei miei sensi di colpa,
tu, vuoto a rendere
nel per sempre del tuo per poco.
Che ne sarà di noi, all’albeggiare
del mondo, ora che sei crisalide
e crollano i cieli
nella transumanza delle attese?
Solo, ti riconosco dal silenzio
all’angolo morto di questa stanza
ed ora lo so
che la distanza è pur sempre
qualcosa che ci unisce.

 

Un bacio dimenticato di Liliana Fusco, Milano, 2ª posto sezione Italiano

Ho dimenticato un bacio
in fondo allo zaino.
mi guardi, sorridi.
ti guardo, sorrido.

tu non saprai mai
quanta malinconia
s’annidi dietro
a quel sorriso.

L’ho rinchiusa
in un cassetto del cuore,
dimenticata distratta
in un angolo dell’anima.

Siamo due ombre,
che si sono cercate,
amate,
desiderate.

Siamo due ombre,
che temono
la luce del sole,
si nutrono di tramonti,
di abbracci di luna,
di polvere di stelle.

Nessuno può
raccontare di noi,
se non la flebile luce
di quel vecchio lampione,
che custodisce
i nostri baci rubati,

forse quella panchina
nascosta, che ha visto
le nostre mani sfiorarsi,

neppure quei
viandanti distratti,
ciechi ai nostri
sguardi complici.

Ho dimenticato un bacio
in fondo allo zaino.
Mi sorridi,
ti sorrido,
un sorriso velato di pianto.

 

Notturno di Anna Perucca, Motta de’ Conti, 3° premio sezione Italiano

Aspettare la notte per fuggire
dalle ferite del mondo malato
sulla strada misteriosa senza meta,
mentre il cielo apre occhi di stelle
e la luna, lassù, comincia il ballo.

E salire per gradini trasparenti
che ci portano in angoli lontani,
in sabbia d’oblio
a sprofondare.

Entrare nella notte ed arrivare
in un luogo fallace e traditore…
vivere le magherie più strane
e trame ordite ed allestite scene
intente a tessere il notturno inganno,
celare affanno e dare ali al cuore.

E più non temere,
dietro il velame d’inconscio mestatore,
dell’universo l’ira e il disamore,
l’amaro umore di stelle severe.

Aspettare notti oscure
per non veder le ore
avvicinare il tempo del dolore
e protendersi lì accanto ad ascoltare
un respiro consueto,
il battito di un cuore addormentato
e parole taciute al sole
di muto affetto
da raccogliere di soppiatto,
sassolini di fiaba nera
a mostrare la via oltre la paura
dell’agguato del giorno,
della sua luce avara.

 

Io non canto per cantare di Davide Rocco Colacrai, Terranuova Braccioini (Ar)
Premio della Critica offerto da Notizia Oggi Vercelli

in memoria di Victor Jara

Cantavo di chi lavorava la terra
e cercava tra una zolla e l’altra quel Dio
che taceva lungo le righe instancabili delle mani
dove si nascondevano i sogni
mentre stringevamo noi stessi al petto
come già erano stretti i santi
per sopravvivere alla miseria che era diventata la nostra pelle
più con forza che con fede
il silenzio sulle pietre che interrogava le stagioni
l’unico amico.
Cantavo di chi lavorava nelle fabbriche
e aveva pochi minuti per amare ad occhi aperti
e capire di essere ancora vivo,
tra un minuto e l’altro essere sorpreso dalla contrazione delle ombre
rapida come rapida era una carezza
con cui si svelava il significato della creazione
perché il presente fosse un buon padre
nei gesti e nella volontà
il rumore che faceva del freddo un prigioniero
la nostra illusione.
La mia chitarra era la mia arma per la libertà
il mio canto la mia preghiera, i miei versi la loro storia.
Speravo con chi lavorava la terra, con chi nelle fabbriche
con i miei studenti, con la mia famiglia
speravo con chi non aveva eredità.
Il mio sangue per chi credeva ancora nella patria
e per chi resisteva
il mio nome la mia casa.

 

Sa forma de su boidu di Stefano Baldinu, San Pietro in Casale (BO), 1° premio sezione Vernacolo

(in memòria de Larentu Parrelli, pitzinnu mortu a 18 annos s’ultimu die de acchidamentu iscola/tribàgliu)

Sos manzanos de bennarzu sunt fiordos timidos
ue sa lughe si insinuat isòlvende s’astrau dae sos bidros
e pianetas de piuere chi non si resessit a intendere
istat a ròdia ròdia a sos lùghidos inghirios
de sa foto tua subra sa mènsola
imitende sas mèccanicas tzelestes
de custu picoccu universu masedu.
Non so faeddarti, Larentu, cosa mi conduit anca inoghe
nen cosa mi aispette de nou frimmende
subra su jannile de s’istàntzia tua intatta
dae su die in su cale ti as sebaradu dae isse
pro accometare s’ultimu novitziadu tou
si non abbiare su futuru in su cale crèerias
e restadu nudda pius chi una ipòtesi.
Eppuru lu ammentu su chelu, s’ojos suos de attàrzu,
sutta su cale s’acceleradore de sa moto tua muinaiat de felitzidade
ignorende chi nudda de tie diat aere fatu retorru,
su matessi chi at bortuladu totta sa sustantzia sua
subra de tie, subra de nois.
Ant faeddadu chi sa vida tua
est ista da unu decelerare improvvisu de màrce
comente prima de un’ultima curva.
Dae assora, ischis, est unu continuu bratzu de ferru cun su silentziu,
su coro meu est unu motore chi protzèdet a succuttu
ingolfadu dae su pesu de s’assentzia tua
e sa boghe unu nodu chi si attrotzat semper pius istrintu
a sas cordas boghales in unu tiru a sa fune cun su dolu:
dae un’ala tue, dae s’atera deo
in mesu sa forma de su bòidu

LA FORMA DEL VUOTO (in memoria di Lorenzo Parrelli, ragazzo morto a 18 anni l’ultimo giorno di alternanza scuola/lavoro)

I mattini di gennaio sono timidi fiordi / dove la luce s’insinua sciogliendo il gelo dai vetri / e impercettibili pianeti di polvere / a ruotare attorno ai contorni lucidi / della tua foto sulla mensola/  imitando le meccaniche celesti / di questo piccolo universo domestico. //Non so dirti, Lorenzo, cosa mi conduca ancora qui / né cosa mi aspetti di nuovo sostando / sulla soglia della tua stanza intatta / dal giorno in cui ti separasti da lei / per affrontare il tuo ultimo stage/se non ravvivare il futuro nel quale credevi / e rimasto niente più che una ipotesi. // Eppure lo ricordo il cielo, i suoi occhi d’acciaio, / sotto il quale il gas del tuo motorino rombava di felicità / ignorando che nulla di te avrebbe fatto ritorno, / lo stesso che capovolse tutta la sua s ostanza / su di te, su di noi. // Hanno detto che la tua vita / fu un decelerare improvviso di marce / come prima di un’ultima curva.  //Da allora, sai, è un continuo braccio di ferro con il silenzio, / il mio cuore è un motore che procede a singhiozzo / ingolfato dal peso della tua assenza / e la voce un nodo che si avvince sempre più stretto / alle corde vocali in un tiro alla fune con il dolore: / da una parte tu, dall’altra io / in mezzo la forma del vuoto

Identificazione geografica del dialetto: Lingua sarda logudorese 

 

S’incuntraruma ‘ncura di Livio Rossetti, Novara, 2° premio sezione vernacolo

S’incuntraruma ‘ncura …
cunt i noss oss darnà dal temp malnat
davanti a di tramunt da dì passà.
Cercàndass int i faci ‘d gent furèsta,
tra i toch da storji mai dismentigà.

S’incuntraruma ‘ncura …
caminand pian, al pass mulzin e strach,
sü strai ch’i hin déntar int al sogn scundü.
Ma i végnan a truvam fina a fàm mal
e im cüntan da carèssi urmai perdü.

S’incuntraruma ‘ncura …
e ‘s guardaruna déntar i öcc ve là,
par brasciass pö ‘n silensi e stréngiass fort.
Cüntass da nün e di stagión luntani,
dal temp vilan ch’l’è fai par nün n’intort.

S’incuntraruma ‘ncura …
‘nt la dulcèssa ad paroli smentigà,
purtà dal vent eh’ al m o va sta gasìa.
E ‘nt a-sta sulitüdin mai finì,
l’è dulsa ‘nca sta grarn malincunìa.

C’INCONTREREMO ANCORA: C’incontreremo ancora … / con le nostre ossa fiaccate dal tempo malvagio / davanti a dei tramonti di giorni passati. / Cercandoci nei visi di gente sconosciuta, / tra i pezzi di storie mai dimenticate. // C’incontreremo ancora … / camminando piano, il passo soffice e stanco, / su strade che sono dentro il sogno nascoste. / Ma vengono a trovarmi sino a farmi male / e mi raccontano di carezze ormai perdute. // C’incontreremo ancora … / e ci guarderemo dentro gli occhi velati, / per abbracciarci poi in silenzio e stringerei forte. / Raccontarci di noi e delle stagioni lontane, / dal tempo villano che ha fatto per noi un torto.// C’incontreremo ancora … / nella dolcezza di parole dimenticate, / portate dal vento che muove questa robinia. / E in questa solitudine mai finita, / è dolce anche questa gran malinconia.

 

Na rösa brinà di Fabrizio Sguazzini, Novara, 3° posto sezione vernacolo

Dentar un rumur ch’al fa silensi,
mi t’ho lassà una vita da viv.
It l’ho lassà cünt tüti i to sogn,
it l’ho lassà cünt tüti i to dumàn,
it l’ho lassà cünt tüti i to speransi.
Ti, viulenta scalmana sensa tron
che ti sè fai piov dumà dal dulur,
al viagg dla mè vita tim l’è fermà.
Mi rösa delicà me la seda
cünt i paroli gnü bisibili,
ti mè lassà pü un dumàn da viv,
sensa pü sogn, sensa pü speransi.
Mi rösa brinà d’una lagrima
int una matina da Nuembar,
són chi int un silensi ch’al fa rumur.

UNA ROSA BRINATA: Dentro un rumore che fa silenzio, / o ti ho lasciato una vita da vivere. // Te l’ho lasciata con tutti i tuoi sogni, / te l’ho lasciata con tutti i tuoi domani, / te l’ho lasciata con tutte le tue speranze. // Tu, violento fulmine senza tuono / che hai fatto piovere solo del dolore, / il viaggio della vita me l’hai fermato. // Io rosa delicata come la seta / con parole diventate un bisbiglio, / M’hai lasciato senza un domani da vivere, / senza più sogni, senza più speranze. // Io rosa brinata da una lacrima / in una mattina di Novembre, / sono qui in un silenzio che fa rumore.

Sezione pittorica

Sogno di una notte di fine estate, di Vincenza Francese, Torino – 1° premio

 

Il Papa buono, di Marco Di Vincenzo, Trapani – 2° premio

 

L’arte assassina, di Osvaldo Crotti, Bergamo – 3° premio

 

Die hùlle, di Anna Clara Carena, Fossano (14 anni) – Menzione d’onore

 

Scelta, di Tsetelina Duhlenska, Rivoli – Menzione d’onore

Fashion dark lady, di Gerardo La Porta, Eboli – Menzione d’onore