NOI ASPETTIAMO FUORI: Intervista al regalino...

Riprendiamo la serie di "racconti-interviste" di Gianluce Mercadante.

NOI ASPETTIAMO FUORI: Intervista al regalino...
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Riprendiamo la serie di "racconti-interviste" di Gianluce Mercadante.

Riprendiamo la pubblicazione on-line delle puntate di "Noi aspettiamo fuori", con le geniali interviste di Gianluca Mercadante, illustrate dalle vignette di Matteo Bertone. L'argomento di questa puntata è particolarmente... scivoloso. Ma al di là delle battute fotografa una realtà con cui ognuno di noi, prima o poi ha fatto i conti, o meglio le nostre scarpe...

Confessioni di un «regalino»:
«Vita di m... d’inverno fumo, 
d’estate sfamo le mosche»

Se il cliente ha sempre ragione, quando l’argomento sono le deiezioni dei nostri amici a quattro zampe la colpa è sempre dei padroni. Fior fior di assessori si sono lanciati a testa bassa e in prima linea nel sostenere la causa del pratico sacchetto, talvolta aromatizzato, che rende rapido e indolore il faticosissimo atto della rimozione; fior fior di sindaci hanno indossato la divisa degli operatori ecologici e, armati di ramazza e diplomazia, son scesi in strada a dare il buon esempio alla cittadinanza tutta: niente da fare.
Se da una parte la sensibilizzazione qualche frutto l’ha dato, l’industria del pratico sacchetto,
talvolta aromatizzato, non ha preso il volo, le quotazioni in borsa parlano chiaro.
È il crack. O il plop, data la materia.
Risultato? Tanta solitudine per chi, appena messo al mondo, viene subito dimenticato da quelle parti. Ai piedi degli alberi, non dei cavoli.

Buongiorno.
«Se lo dice lei...»

Mah…in effetti è un’usanza popolare darsi il buongiorno a vicenda. Ci si augura che sia per tutti una buona giornata, senza rifletterci poi molto. Per lei oggi è una buona giornata?
«Per me oggi è una giornata di “emme”».

E non dovrebbe essere la norma?
«Sa, mi piacerebbe fosse la norma viverla, una buona giornata. Quando va bene, la mia
vita dura quanto quella di una farfalla».

Ovvero?
«Un giorno, poi passa il netturbino. Se ti mollano in centro.
Se ti mollano in periferia, hai voglia».

Come si chiama?
« Lino».

Diminutivo di?...
«Di Regalino».

Lei si chiama Regalino?
«I nomi mica si scelgono. Così mi chiamano gli altri. Usanze popolari».

Da dove… da dove proviene?
«A parte la stupidità della domanda, forse vorrà dire “da chi”».

Ehm…sì, può darsi.
«Dunque, coraggio. Me lo chieda, avanti».

Da chi proviene?
«Da un mastino napoletano».

E come mai sta qua?
«Lo chieda al padrone del mastino napoletano. Devono già essere ben lontani, il gentleman e il quadrupede, ma abbia un po’ di pazienza e potrà senz ’altro farlo. Se l’assassino torna sempre sul luogo del delitto, un cane torna sempre sulle proprie tracce».

Lei dunque sarebbe una traccia, signor Lino?
«Sì, io dunque sarei una traccia» .

E la professione della traccia va per forza espletata sui marciapiedi?
«Non necessariamente. Si può lavorare anche spalmati sui muri, sotto le suole delle scarpe, disintegrati sulle setole degli zerbini, grattugiati contro le grate degli scarichi fognari e degli impianti di aerazione, manualmente rimossi con l’uso improprio di un bastoncino da ghiacciolo, mangiati da altri cani o sedicenti tali…»

Ecco, appunto: conosce altri… altri suoi colleghi all’addiaccio?
«La strada è di tutti».

Non avete un’assicurazione di responsabilità civile? Non dialogate con un sindacato?
«Non c’è dialogo coi rifiuti. Solo business».

E…e, mi scusi, raccogliervi e gettarvi negli appositi cestini?
«A parte che di appositi cestini non è che ce ne siano a uffa, ma poi: darsi il buongiorno a vicenda è un’usanza popolare, il buon senso e la buona educazione no».

Alquanto filosofo per essere… insomma, per essere quello che è.
«La filosofia è quello che sono».

Socrate sarebbe stato d’accordo?
«Se era regolare d’intestino, sì».

Lei fuma?
«D’inverno».

E d’estate?
«Organizzo esclusive apericene per mosche».

Non fa vacanza? Non ne approfitta per prendere il sole?
«Sono già abbastanza marrone di mio».

C’è gente che paga per assumere la sua stessa colorazione, lo sa?
«Non me ne stupisco. In giro c’è un sacco di gente di mer…»

Niente parolacce, la prego. Ci leggono pure al bar.
«Non è una parolaccia, infatti. È una condizione mentale».

E cosa bisogna fare per migliorare una condizione mentale di questo tipo?
«Tirare l’acqua».

Dove?
«Nella testa. Ognuno ha uno sciacquone, in testa. È che la maggior parte delle persone nemmeno sa più di averla, una testa, figuriamoci se si sogna di disporre addirittura di un impianto d’igienizzazione. Che funziona in modo semplicissimo: basta tirare la catenella, schiacciare il tasto, premere il pedale, levarsi dal raggio d’azione della fotocellula. A seconda dei modelli».

E cosa succederebbe, a questo punto?
«Che io non sarei qui, per esempio».

Quindi vivremmo tutti in un mondo migliore e più pulito se soltanto le persone si sciacquassero il cervello?
« Esatto».

Signor Lino, è stata un’ottima chiacchierata.
«A disposizione, tanto son qui che mi annoio. Se le piacciono i discorsi di mer…»

E dai! Signor Lino, va bene l’auto-ironia, ma un po’ di decenza!
«“Decenza” è la parola che bisognerebbe trovare scritta sul pulsante dello scarico, al posto di “Start ” e “Stop”».

Grazie e arrivederci.
« Arrivederci».

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