Le ossa di S. Maria Maggiore racconteranno la storia cittadina
Un importante finanziamento dalla Fondazione Cassa Risparmio di Torino permetterà nuove ricerche,
Nella foto la ricercatrice dell'Università dell'Insubria Marta Licata all'opera nel laboratorio allestito in Santa Maria Maggiore.
La chiesa di Santa Maria Maggiore in via Duomo custodisce nei suoi sotterranei frammenti di storia cittadina che si stanno riscoprendo. Sono le informazioni che si possono ricavare esaminando le ossa delle sepolture che sono davvero numerose in questa parte della città che non a caso viene anche definita il fiume d'ossa. Da qualche anno specialisti dell'Università dell'Insubria (Varese) sono all'opera per indagare (con tecniche di bio-archeologia i resti funerari e le informazioni racccolte sinora sono molto importanti ma potrebbero a breve incrementarsi perché il progetto “Il Sito di Santa Maria Maggiore di Vercelli, un contesto bioarcheologico di ricerca e formazione” ha recentemente ottenuto un importante finanziamento dalla Fondazione Cassa Risparmio di Torino, nell’ambito del Bando Erogazioni Ordinarie 2022. Il progetto è stato presentato dall’Università degli Studi dell’Insubria (Ente capofila), responsabile scientifico Marta Licata, Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita (direttore Professor Luigi Valdatta), e dall’Università del Piemonte Orientale (Ente partner), responsabile scientifico Eleonora Destefanis, Dipartimento di Studi Umanistici (direttore Professor Michele Mastroianni).
Verso la creazione di un museo
Grazie a questo finanziamento sarà possibile proseguire le indagini bioarcheologiche iniziate nel 2020 su invito dell’Ufficio Beni Culturali, Edilizia di Culto della Diocesi di Vercelli e in particolare dell’architetto Daniele De Luca e dell’ingegnere Fabrizio Tabacchi, sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli e in particolare della dottoressa Francesca Garanzini.
Il proseguimento della ricerca è volto a incrementare la conoscenza biostorica del contesto attraverso la compresenza di indagini archeologiche, antropologiche, archivistiche, entomologiche, con l’obiettivo di incentivare la prossima apertura al pubblico di un museo del sito.
La mummia
Nel 2021 grazie al primo contributo ricevuto sempre da Fondazione CRT si era scoperta di parte della pavimentazione originaria del locale sotterraneo di epoca settecentesca e murature di età precedenti. Di fondamentale importanza i recuperi bioarcheologici all’interno di due camere funerarie, e si era effettuato il trasporto di una mummia, un’adolescente, studiata poi all’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, con analisi di Tomografia Assiale Computerizzata condotte dal dottor Carmelo Messina.
All’interno di una delle cappelle laterali della basilica è stato allestito un laboratorio di Antropologia Fisica da parte dell’équipe del Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita dell’Università degli Studi dell’Insubria, composta da Marta Licata, docente in Archeobiologia, la ricercatrice Roberta Fusco e i laureandi in Archeobiologia del corso di laurea di Biotecnologie e Scienze Biologiche dell’Università degli Studi dell’Insubria. Il sito ha visto inoltre la partecipazione di altri antropologi impegnati sui siti della Valcuvia, come la dottoressa Chiara Tesi, per gli approfondimenti paleopatologici di alcuni reperti recuperati in cripta, e il dottor Omar Larentis.
L'analisi degli scheletri
Marta Licata a proposito delle indagini bioarcheologiche di Santa Maria Maggiore riporta: “Qui i resti scheletrici sono stati puliti, restaurati, catalogati, e sono stati analizzati sotto il profilo biologico, tramite la determinazione dell’età alla morte, diagnosi di sesso, stima della statura e la determinazione degli indici scheletrici, e la rilevazione di alcune caratteristiche paleopatologiche con particolare riscontro di traumi, carenze metaboliche e patologie degenerative. Alcuni reperti osteoarcheologici sono stati sottoposti a RX e TAC e i dati rilevati durante le indagini antropologiche sono stati archiviati su un database, realizzato dal gruppo di antropologi dell’Insubria, in grado di raccogliere dati riferiti sia ai singoli distretti ossei -come nel caso di recupero da contesti in giacitura secondaria- sia agli scheletri recuperati in giacitura primaria. Questa raccolta sarà in grado, attraverso il prosieguo delle operazioni di recupero e di studio dei reperti, di descrivere la storia della popolazione vercellese definendone le caratteristiche fisiche con particolar riguardo allo stato di salute”.
La collaborazione con Upo
Durante questa prima fase progettuale si è intrapresa una importante collaborazione con l’Università del Piemonte Orientale, nell’ambito dell’insegnamento di Archeologia Cristiana e Medievale tenuto dalla professoressa Eleonora Destefanis, per lo studio delle evidenze di archeologia funeraria e dell’intero contesto monumentale, oggi rafforzatasi anche grazie a un progetto condotto in partenariato. In tale quadro, sono state assegnate due tesi di laurea, in Archeologia Medievale e in Metodologie della ricerca archeologica nell’ambito del corso di laurea triennale in Lettere, che si sono concentrate sul complesso architettonico e sulle tipologie tombali rappresentate nel cimitero sotterraneo, approfondendo altresì aspetti di antropologia fisica, dando vita a una fattiva collaborazione interdisciplinare.