Cultura

Le creature di Gian Franco Saviolo, nate dagli scarti, a Studio 10

Una curiosa mostra al centro culturale di piazzetta Pugliese Levi

Le creature di Gian Franco Saviolo, nate dagli scarti, a Studio 10
Pubblicato:

«La prima creatura l’ho realizzata un anno fa. E’ nata per un’improvvisa ispirazione. Mi è piaciuta e ho continuato». Gian Franco Saviolo spiega così la sua vena creativa che si potrà ammirare al centro culturale “Studio 10” in piazzetta Pugliese Levi fino al 26 maggio dal venerdì alla domenica (ore11-13 e 17,30-20,30 ingresso libero).

Le 130 creature

Sono ben 130 e ognuna merita un attento esame: dalle più piccole “figurine” ai personaggi più grandi che sembrano dei robot da fumetto anni Cinquanta. Sono delle sculture, perché non c’è altro termine adatto, realizzate con materiali compositi e riciclati. Metalli, pezzi di oggetti di uso comune che diventano teste, braccia, torsi.

C’è un che di arcaico in alcune di esse, che ricordano le statuette delle prime civiltà, in altre accostamenti ironici. «Sembrava facile - ha detto all’inaugurazione di sabato scorso Carla Crosio che ha curato la mostra - ma poi ci siamo accorti che far convivere 130 creature nello stesso spazio, dando ad ognuna il suo giusto risalto non era affatto semplice». Da ricordare anche il contributo all’allestimento di Matteo Lombardi, non era presente all’inaugurazione il terzo alfiere di “Studio 10” Diego Pasqualin.

Saviolo, con la sua produzione di creature dimostra che l’arte nasce all’improvviso, quando un’esigenza ci spinge a percorrere una strada insolita. Se si è curiosi e si accetta la sfida i risultati possono essere incredibili.

Per approfondire ulteriormente ecco un contributo critico di Marco Mattiuzzi, attento osservatore degli eventi artistici in città.

"Alchimie dell'Inusuale: Quando gli scarti diventano Arte"

Guardando le opere di Gian Franco Saviolo, esposte nella Galleria Studio Dieci di Vercelli, si apre un universo dove l'ordinario diventa straordinario, dove gli scarti di una società consumistica trovano nuova vita e significato. Non è soltanto una mostra; è un inno alla resilienza dell'immaginazione umana, una narrazione visiva dove ogni pezzo racconta la storia non solo della sua precedente funzione, ma anche della sua rinascita artistica.
In un mondo che corre veloce, dominato dal nuovo e dall'immediato, c'è un artista che s'immerge nel passato, nel rifiutato, nel dimenticato. Con la stessa visione profetica di un Ansel Adams, che attraverso la sua camera intravedeva e fissava nell'eternità paesaggi mozzafiato, quest'artista vede nel ferro arrugginito e negli utensili obsoleti le linee di una nuova creazione.
L'autore di queste opere ha una capacità di pre-visualizzazione ammirevole. Come Adams componeva le sue fotografie tenendo a mente il contrasto e la luminosità finale, così l'artista immagina e dà forma al caos. Non è un semplice assemblaggio, ma piuttosto una trasformazione alchemica: ciò che era inutile diventa indispensabile, ciò che era invisibile ora cattura lo sguardo, e ciò che era muto ora ha molte storie da raccontare.
La sottile maestria di queste sculture sta nella loro capacità di suggerire movimento e vita là dove prima c'era staticità e obsolescenza. La personificazione degli oggetti trasforma bulloni, chiavi inglesi e vecchi strumenti in personaggi di un teatro meccanico, dove ogni attore ha il proprio ruolo e la propria personalità.
E così, questa mostra non è solo una collezione di sculture, ma un dialogo tra passato e presente, tra industria e arte, tra funzione e fantasia. È un promemoria poetico e potente che nulla è realmente finito; che con visione e creatività, nuove storie possono essere scritte con gli alfabeti dell'abbandono.
Con queste creature nate dall'ingegno e dall'intuizione, l'artista ci invita a osservare il mondo attraverso una lente di meraviglia riciclata, a riconoscere il potenziale di trasformazione non solo nei materiali che tocchiamo, ma anche nelle realtà che viviamo.
Marco Mattiuzzi
Seguici sui nostri canali