Il sangue dei vinti

La strage dimenticata di Trino e altre vicende scomode

La rivista "Storia ribelle" dedica un ampio fascicolo alle vicende del 1945

La strage dimenticata di Trino e altre vicende scomode
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Nella foto la copertina della rivista che si occupa di questi casi storici.

Roberto Gremmo è uno storico biellese che si è dedicato a rispolverare storie “scomode”, perché spesso appartenenti a quel filone che ha creato tante polemiche sul “sangue dei vinti”, ovvero sulle uccisioni di fascisti, o ritenuti tali, qualche volta persino di gente che non c’entrava nulla, da parte dei partigiani “rossi”, nei giorni successivi al 25 aprile 1945, ma anche durante il conflitto.Gremmo edita una rivista che si intitola infatti: «Storia ribelle». Le sue ricerche sono sempre supportate da documenti esistenti negli archivi e verificate, con tutti i crismi della storiografia.

Un libro sui "delitti politici" vercellesi

Nei mesi scorsi è uscito il numero 59 di questa pubblicazione, sono 96 pagine dedicate al nostro territorio, con un titolo che recITA: «La strage del carcere di Trino del 9 maggio 1945 e il delitto politico nel vercellese».
«Questa - sottolinea l’autore del volume - è una sofferta ricerca sul ‘sangue dei vinti’ nel Vercellese.
In particolare, grazie ai documenti processuali inediti conservati all’Archivio di Stato di Genova, cerca di fare finalmente chiarezza sulla strage di 9 prigionieri ‘fascisti’ avvenuta a Trino il 9 maggio 1945, uno dei più tragici episodi del post-Liberazione, fino ad oggi dimenticato o cancellato».

Questo lo “scoop” storiografico della rivista. Ma nel fascicolo Gremmo torna poi su diversi altri episodi del Vercellese, alcuni molto noti, altri meno. Episodi che hanno in uno storico alicese, Lodovico Ellena, un altro attento ricercatore, più volte consultato dal nostro giornale negli anni, ogni qual volta si parlava di questi fatti, che ormai sono a un passo dall’oblio totale, non fosse per i pochi che se ne occupano ancora.

I feroci delitti di alcuni dei vincitori

«Un’ulteriore documentazione di prima mano - continua Gremmo citando i vari casi - fornisce un’informazione scottante e scabrosa di altre vicende analoghe del Vercellese di quei giorni dove mentre si festeggiava la fine del conflitto maturava nell’ombra il delitto politico: il feroce delitto dell’Isola (la famiglia Scalfi ndr); l’eliminazione del fotografo De Fabianis e il saccheggio del suo archivio (personaggio rivalutato da “la Rete” di Vercelli ndr.); il ‘Tribunale del Popolo’ che a Vercelli ordinava la morte di persone facoltose; la tragedia di povere donne uccise e sepolte nei campi; le azioni del partigiano Bricarello, assolto per la strage di Albano; la strage dell’Ospedale Psichiatrico di Vercelli e l’inchiesta arenata grazie all’amnistia di Togliatti; il capo partigiano che disse al prete che bisognava ammazzarli perché “erano fascisti”; la strage dei feriti dell’Ospedale Maggiore di Vercelli; il delitto del casaro di Balocco; le sentenze del ‘Tribunale Partigiano’ di San Germano Vercellese e le stragi dimenticate di Santhià».
Dunque un documento che le persone dotate di onestà intellettuale dovrebbero conoscere. Un testo circostanziato, con tutte le fonti citate in abbondanza.

Il 9 maggio 1945

Nelle prime righe del fascicolo Gremmo ricorda: «La sera del 9 maggio 1945 sette partigiani in divisa che si sarebbero spacciati per inviati dalla polizia di Novara giunsero a Trino Vercellese a bordo di due auto ed una motocicletta e sequestravano dalle carceri “allo scopo di sopprimerli” i detenuti Carlo Crosio, Valentino Ferrarotti, Renato Bobbola, l’ex podestà Pietro Tricerri, Vittorio Trinchero, Giovanni Cardano, Renzo Ubertis, Ubaldo Ubertis e Francesco Tortorelli».

Trucidati al canale Cavour

Si legge poi che vennero poi trucidati su un ponte del Canale Cavour, quindi non così vicino a Trino. Nei giorni successi, si legge nella ricostruzione dei fatti da parte dello storico, vennero ritrovati dei cadaveri: «Mentre il corpo di Pietro Tricerri non venne mai ritrovato, dopo alcuni giorni dal canale Cavour all’altezza di Veveri le acque melmose restituirono i corpi senza vita di Valentino Ferrarotti e di Renato Bobbola, mentre il cadavere di Carlo Crosio crivellato di colpi veniva a galla nella roggia Gardina di Tricerro. Carlo Crosio in realtà era sfuggito all’inizio alla morte, come racconta la moglie in una testimonianza reperita dall’autore, gettandosi nelle acque del canale, ferito si era rifugiato a casa di un suo dipendente a Ronsecco, poi però venne preso in consegna da un partigiano, Carlo Fracassi detto “Binda”, e finì “riparato” in un autorimessa a Trino, ma poi, quando sembrava in salvo fu raggiunto, pare per caso da altri partigiani che lo eliminarono.

La faida tra partigiani

La scansione degli eventi e le tante testimonianze riempiono diversi paragrafi e note, sta di fatto che emerge anche un ulteriore episodio “trinese” ed è legato ad una “faida” tra ex partigiani avvenuta nel luglio 1945, una sparatoria in cui fu ferito e poi morì Renato Olivero, che già era coinvolto nell’episodio di Crosio e lì già ferito sempre da partigiani rivali... Un nome che figura nella lapide dei caduti che c’è davanti alla stazione di Trino, anche se la data di morte risale a luglio quando la guerra era finita da oltre due mesi.
Sono diversi i “dettagli” che emergono da queste pagine, qui ne abbiamo accennati solo due frammenti, vale certamente la pena procurarsi il volume, se si vogliono avere tutte le “versioni” di pagine oscure della storia Vercellese.

La rivista può essere richiesta alla mail storiaribelle@gmail.com.

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