La crocefissione-deposizione di Perez in San Vittore per il periodo pasquale
Una potente scultura in bronzo che sarà visibile, sapientemente illuminata, dal 27 marzo al 10 aprile, tre visite nei prossimi giorni
E' un'opera intensa, in cui il volto del Cristo morto sulla croce è raffigurato nelle fasi della deposizione del corpo, secondo la critica è un autoritratto dello stesso artista autore dell'opera, Augusto Perez. Una scultura potente che attualizza la Passione di Gesù, che si riverbera nelle tante tragedie di cui questo tempo è purtroppo pieno.
L'arrivo in San Vittore
La scultura è arrivata nel primo pomeriggio di oggi, martedì 26 marzo 2024, alla ex chiesa di San Vittore in largo D'Azzo, ed è stata posta proprio sulla soglia della chiesa. E' una mostra di una sola opera (ma che vale moltissimo) curata da Marta Concina, Daniele De Luca e Sandro Parmiggiani, che già curarono l'esposizione dedicata a Francesco Messina.
L'evento artistico viene a completare il clima della Settimana Santa ed è stato promosso dall'Arcidiocesi di Vercelli e da Studio Copernico di Milano, con il quale è in corso da anni una collaborazione per portare in città grandi scultori contemporanei.
Evento con il patrocinio e il contributo del Comune di Vercelli e in collaborazione con il Museo del Tesoro del Duomo e l'Associazione Culturale Diocesana, i cui volontari terranno aperte le visite.
Tre visite nella Settimana Santa
Sono previste tre aperture straordinarie: da mercoledì 27 a venerdì 29 marzo dalle 15 alle 18, su appuntamento, scrivendo alla mail beni.culturali3@arcidiocesi.vc.it. Nelle altre giornate, fino al 10 aprile, sarà visibile dall'esterno della chiesa opportunamente illuminata.
Il reportage con il video testimonia le fasi complesse di scarico della pesante scultura, seguirà un allestimento vero e proprio con le luci adeguate a valorizzare il lavoro.
Può essere utile, per contestualizzare l'opera una scheda con il contributo critico di Sandro Parmiggiani per una precedente esposizione.
La biografia dell'artista
Augusto Perez (Messina, 1929 - Napoli, 2000) ha lasciato un segno indelebile nella scultura italiana della seconda metà del Novecento. I suoi lavori, caratterizzati da un incessante processo di metamorfosi delle forme, che talvolta paiono relitti che si vanno aggregando e compenetrando, fondono memorie personali e dell’arte, evocazioni di miti e di fatti della storia, trasalimenti originati da qualche incubo della notte o dall’amara riflessione sulla condizione umana e sulle “magnifiche sorti e progressive” (Leopardi, La ginestra). Fantasia visionaria e associazioni mentali continuamente germinanti determinano il trattamento della materia, in perenne fermento, investita da movimenti tellurici, scavata e deformata da una luce impietosa e da un’ombra in agguato - qui Perez riprende la lezione di Medardo Rosso -, e il tentativo di dare volto e voce alla contesa tra caos devastante e elevazione “sacrale” che si opponga alla corruzione e al degrado - e qui potremmo fare i nomi di
Giacometti, di Bacon e di Germaine Richier.
La nota di Parmiggiani
"La Crocifissione-Deposizione qui collocata, realizzata in gesso nel 1986 e definitivamente fusa in bronzo nel 1993, è uno degli esiti più alti del delirio e dell’ossessione inscritti nei lavori di Perez: il volto di Cristo è quello stesso dell’artista, che s’intravede da una sorta di finestra-feritoia, con il corpo imprigionato in un’ingabbiatura possente, dalla quale fuoriescono le braccia e le mani, e le gambe non più erette, ormai nella postura della Deposizione - qui sovviene l’aspirazione di Antonin Artaud, il teorico del “teatro della crudeltà”, a ricomporre l’anatomia umana. In basso, ecco le immagini misteriose di un uccello del paradiso e di una figura; sul retro, un’apertura ellittica mostra un frammento della schiena di Cristo, e pare evocare, nell’allusione alla forma della reliquia, le ampolle in cui, a Napoli, si liquefa il sangue di San Gennaro. Una scultura, dunque, questa Crocifissione-Deposizione di Perez, alla quale non si può “passare accanto”, ma che esige uno sguardo lungo, attento, per cercare di carpirne i misteri e l’irrecidibile unità di strazio e di bellezza che l’artista vi ha inscritto".
Sandro Parmiggiani