Il "Treno dei bambini", storia di un'Italia solidale
Torna la rubrica di Giulio Dogliotti che recensisce un noto romanzo Viola Ardone
Proponiamo la recensione mensile a cura di Giulio Dogliotti, il quale, con la consueta finezza, consiglia ai nostri lettori un libro di Viola Ardone da cui è anche stato tratto un film. Buona lettura.
Eccoci al libro di febbraio. Vorrei ricordare, come ho scritto l’anno scorso all’inizio di questa rubrica, che i miei articoli non sono vere e proprie recensioni, ma semplicemente dei commenti, consigli di un lettore medio che in genere legge tre o quattro libri al mese e sceglie quello che gli è piaciuto di più.
Un romanzo fortunato
Ma veniamo al “Treno dei bambini”, il romanzo di Viola Ardone dal quale è anche stato tratto l’omonimo film diretto da Cristina Comencini, uscito nel 2024 su una piattaforma TV. Il racconto inizia nel 1946 a Napoli e si svolge in un quartiere dove ci sono i “bassi”, degli squallidi piccoli appartamenti che si affacciano direttamente sui vicoli della città.
Denominatore comune degli abitanti di quegli alloggi di allora era la grande povertà, che non di rado volgeva in vera e propria miseria. E proprio in un basso vive il piccolo Amerigo, protagonista del romanzo, con la mamma Antonietta Speranza, dalla quale ha preso il cognome, perché il padre, prima di partire per l’America e non dare più notizie di sé, si è occupato solo di stabilire il nome di battesimo del nascituro, indizio del luogo dove sarebbe emigrato.
Amerigo racconta la propria storia
Amerigo ha quasi otto anni ed è voce narrante, con un linguaggio ricco di espressioni, condite da verbi e vocaboli tipicamente partenopei, sempre ben comprensibili e divertenti grazie al contesto. Il modo di raccontare di Amerigo è molto ingenuo e spassoso; più volte mi sono scoperto a ridere di gusto mentre leggevo. Per contro certe frasi, a prima vista buffe, suggeriscono sentimenti e considerazioni di grande profondità, tanto da suscitare tenerezza e vera e propria commozione, questo grazie alla nota grande abilità di penna di Viola Ardone.
L'accoglienza dell'Emilia Rossa
L’evento principale del racconto è l’opportunità che viene data ai bambini dei quartieri più poveri, da un gruppo di giovani di una federazione comunista napoletana, di trascorrere parecchi mesi ospitati da famiglie del Nord, generalmente in Emilia, partendo tutti insieme con un treno dedicato a loro. Giunti a destinazione i ragazzini saranno vestiti e ben nutriti dai compagni di partito degli ideatori, un progetto dettato da una grande dose di altruismo e accoglienza, allora ancora ben radicata in un popolo che era appena uscito dalla tragedia della guerra.
Un duro ritorno
Un’idea che però si rivelerà un’arma a doppio taglio, data l’enorme differenza della qualità della vita di allora tra Nord e Sud. Tornare ad accettare le privazioni e la povertà, dopo aver provato per due stagioni il benessere e la considerazione delle nuove famiglie e della giusta scuola, per qualcuno diventerà un insopportabile fardello. Il testo è ricco di episodi di grande delicatezza e sentimento, ma non risulta mai patetico. La parola DIGNITÀ è espressa più volte in ogni sua accezione e accompagna la storia in tutto il suo svolgersi.
Il cammino della vita
Colpisce, tra le tante, la bella metafora per cui Amerigo indossa da sempre scarpe che gli procurano male ai piedi, o perché usate da altri o perché strette o semplicemente di forma inadatta. Sarà un umile calzolaio che, modificando rapidamente le sue eleganti calzature da uomo maturo, farà in modo di renderle confortevoli e gli toglierà il dolore, al pari di quando infine capirà e accetterà le differenti forme di amore possibili, nell’imprevedibile cammino della vita. “Il treno dei bambini” è un romanzo di grande sentimento, delicato ed emozionante, una storia avvincente tanto che, durante la lettura, notavo con rammarico l’assottigliarsi del numero di pagine del libro a destra, che preannunciava l’imminente fine del racconto, che invece avrei voluto continuasse ancora a lungo. Auguro un buon mese di febbraio a tutti i lettori.
Giulio Dogliotti