Giacomo Manzù a Vercelli: Corpi, sedie e cardinali in un raggio di luna

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Si è aperta la mostra in Arca dedicata a Giacomo Manzù, la prima visita è stata riservata al sindaco Andrea Corsaro ed ai giornalisti di testate anche nazionali, accorsi per ammirare la nuova puntata della storia espositiva di Arca.

Lo stesso Corsaro ha ricordato che questo "scrigno nello scrigno di San Marco" era nato per le grandi mostre Guggenheim ed ora riapre con una nuova tappa di grande fascino.

La narrazione di un genio

Al di là dei discorsi ufficiali e delle veramente dotte e puntuali note dei tre curatori: Marta Concina, Daniele De Luca e Alberto Fiz la narrazione di un evento come questo, dedicato alle opere di Giacomo Manzù, deve nascere da ciò che risuona in noi, perché questo "risuonare" è ciò che l'artista vuole condividere e donare.

Un allestimento eccezionale

E in tal senso l'allestimento del percorso in Arca è stato pensato proprio per mettere a fuoco le emozioni. A differenza di altre mostre, a partire da quelle Guggenheim non ci sono divisori fra le varie sezioni, ma una prospettiva spettacolare con un rigore neoclassico che ben si confà a un artista che ha sempre onorato le radici classiche della scultura, ma con forme e tensioni moderne, le colonne di luce che circondano i lavori disposti ai lati del corridoio contribuiscono a modernizzare il contesto. Molto valida la sintassi degli spazi, delle tipologie di lavori.

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La corrente della vita

La corrente che scorre dall'ingresso fino all'ultima parete è qualcosa che mette insieme il vitalismo pagano, con la spiritualità. Si va dalla forza della nascita, che è preceduta dall'abbandono degli amanti al mistero del "dopo", perché al termine della prospettiva c'è la "Porta della morte", in realtà non un'opera originale, ma la rielaborazione in stampa tre D e anche qui la luce che circonda la "soglia" costituita dai simbolismi del bassorilievo, è fondamentale.

"La scultura è un raggio di luna" recita il titolo della mostra ed è qualcosa che oltre alla citazione intenzionale contiene in sé un po' quella che è l'arte, una luce che piove da cielo per illuminare qualcosa nell'oscurità della notte perenne in cui ci muoviamo, notte che può sfavillare gloriosamente ma anche farsi cupa e impenetrabile.

La figlia Giulia

Bene si potrebbe continuare per pagine intere, riguardo alle illuminanti parole dei curatori, più la vibrante testimonianza della figlia Giulia Manzù, nata dal secondo matrimonio con Inge, la musa e modella dell'artista. E' stato davvero magico poterla ascoltare davanti ai lavori che rappresentavano la madre e lei stessa. Gli interventi, alcuni passaggi, sono nei video in fondo all'articolo.

Ci sono tutti gli strumenti, compreso il catalogo per capire, attraverso il racconto creato dai curatori, l'uomo Manzù, figlio di un sacrestano e ciabattino che porterà poi nella sua arte tante figure emerse proprio nella sua infanzia, le sedie, ad esempio che ricordano quella da ciabattino del papà oppure i Cardinali, la sua vera ossessione, tanto che non è possibile sapere quanti ne ha prodotti, almeno 300, ma forse molti di più. Ebbene tutto nasce dal primo incontro con un prelato che l'aveva profondamente colpito, Manzù sarà poi un amico intimo di Papa Giovanni XXIII. Il rapporto con la religione è condizionato proprio dal suo vissuto.

Storia di un uomo e della sua arte

Insomma un uomo che ha avuto le sue gioie e le sue sofferenze, dubbi, fragilità, ma a differenza di tante pur degne persone che sono passate nella corrente del mondo le sue opere rimangono e sono un potente inno alla vita e, come sempre accade con i grandi artisti, qualcosa che esita sul margine della trascendenza, suggerendo percorsi successivi che però non sono del mondo. Non a caso c'è anche una grande attrazione per Ulisse, che è un po' l'archetipo dell'uomo che cerca, che non ha dei limiti, ma è anche il guerriero che vaga per anni per approdare alla sua Itaca. Un viaggio simbolico che è molto simile a quello dei grandi artisti, che con la loro arte cercano quella "casa interiore" in cui potersi fermare, ma poi, proprio come Ulisse, quella "casa" non basta mai.

Una mostra da visitare

L'invito è a visitare questa mostra, in Arca, nei Musei Borgogna, Leone, Tesoro del Duomo e chiesa di San Vittore, perché permette, con un lungo video nella cappella Pettenati e ampia documentazione di comprendere a pieno l'opera e la vita di Giacomo Manzù e fa bene abbeverarsi a queste emozioni e a tanta passione, in un tempo come questo in cui non ci sono più certezze e nemmeno un attesa di futuro.

L'inaugurazione

Nel pomeriggio alle ore 17 piazzetta San Marco era affollata da un buon pubblico con gli invitati all'inaugurazione. Presenti tutte le categorie cittadine, personalità e autorità. La cerimonia è partita sulle dolci note dello Stradivari di Guido Rimonda a segnalare, se ce ne fosse ancora bisogno, il livello di eccellenza nelle Arti della città.

Nel corso degli interventi sono stati annunciati diversi eventi collaterali che vedranno impegnata l'Università del Piemonte Orientale e tante realtà cittadine, con un'intensità che non si vedeva dall'epoca Guggenheim.

I promotori

L’evento è promosso insieme dal Comune di Vercelli e dall’Arcidiocesi di Vercelli, Studio Copernico, Fondazione Manzù e diversi collezionisti per i lavori, mentre sostengono l’iniziativa con il loro contributo: Regione Piemonte, Provincia di Vercelli, Compagnia di San Paolo, Fondazione Crv, Fondazione Crt e poi una serie di privati prestigiosi: Biverbanca - Banca di Asti, Iren, Novacoop, Amazon, Meeting Art. Collaborano: Atl, Fai, i musei Borgogna, Leone e Tesoro del Duomo e l’Università del Piemonte Orientale.

Sarà visitabile dal giovedì alla domenica, dalle 10 alle 19, fino al 21 maggio 2023. Biglietti interi 8 euro, ridotti 5, studenti 2 euro. Costi di prevendita: 1 euro. Esiste una sito web apposito accessibile dal portale del Comune di Vercelli con tutte le informazioni.

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