Forti emozioni con Les Nuits Barbares al Civico
Immagini di forte impatto nell'opera del coreografo franco-algerino, Hervé
La Compagnie Hervé Koubi, con lo spettacolo “Les nuits barbares - ou les premiers matins du monde”, andato in scena giovedì sera al Teatro Civico di Vercelli ha conquistato il pubblico vercellese, anche molti giovani sono stati catturati dalla danza del coreografo franco-algerino, Hervé prima di lasciare il palco ai suoi danzatori, si fa spazio in platea per regalare al pubblico un pensiero a sostegno del suo lavoro e lo fa volutamente in italiano, partendo dalla sua nascita in Francia, a Cannes e la successiva scoperta all'età di 25 anni di avere origini algerine, da qui la necessità di ritrovare le sue radici sia nella vita quotidiana, sia in quella artistica.
Conclude dicendo: "La storia si ripete, ma siamo noi che possiamo decidere di cambiarla…”.
Maschere e bastoni
Poi calano le luci ed entrano in scena i tredici danzatori, provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo, con fisicità diverse anche se accomunati dallo stile delle “danze di strada”, da cui tutti provengono. Illuminati solo dal luccichio delle loro splendide maschere con cristalli Swarovski e corna affilatissime, rappresentato i barbari, lo straniero, lo sconosciuto, per questo senza volto. Il ritmo è incalzante la loro è una danza di guerra, la musica è un mix di percussioni e suoni elettronici, poi tutto va a ricomporsi, il ritmo si fa più lento, sulle note di echi mediorientali e anche le maschere vengono deposte. Così che quel esercito di guerrieri si trasforma in un corpo di ballo, che si muove sulle note di Mozart, Wagner e Fauré.
Immagini evocative
E' un progetto potente e carismatico, basato solo sulla forza evocativa di immagini, senza un filo narrativo, ma che allo stesso tempo porta lo spettatore a raffigurarsi con la mente in campi di battaglia e in cupi naufragi marini con corpi che evocano combattimenti. Con Les nuits barbares ou les premiers matins du monde, racconta in un intervista: "ho voluto andare a fondo attraverso uno sguardo più singolare sulle civiltà dette ‘barbare’ del mediterraneo, ma che di barbaro hanno solo il nome. La parola barbaro veniva usata quasi come un insulto, ma dietro queste civiltà si nascondevano persone molto brillanti e noi, senza saperlo, abbiamo ereditato questo".
Infine eccoli i tredici danzatori tutti allineati verso il pubblico, privi dei loro coltelli e bastoni che brandivano creando audacie gestuali da lasciare senza fiato, alla fine il buio dell'oscurantismo è dissipato per mostrare la luce di una storia condivisa.
Caterina Contato