Profughi in piazza Mazzini: un nuovo gruppo ha dormito sull'erba
Fecchio: "E' una vergogna che nessuna istituzione se ne faccia carico"
Ci risiamo un gruppo di 21 persone, come al solito quasi tutti giovani, si è accampato in piazza Mazzini e, quantomeno nella notte fra martedì 5 luglio e mercoledì 6 luglio hanno quasi tutti ,se non tutti, dormito all'aperto.
Un gruppo di 21 giovani
La segnalazione è arrivata nella serata di martedì da Claudio Fecchio, ex amministratore comunale, persona da sempre vicina al volontariato, fa anche parte del comitato per l'obiezione alle spese militari. Fecchio segue la vicenda praticamente dall'inizio, per un certo periodo si è esposto notevolmente.
In tre anni nessuno ha affrontato seriamente il problema
"L'ho già detto e lo ripeto: è vergognoso che in questi tre anni nessuna istituzione, e in particolare il Comune, abbia saputo affrontare il problema e farsi carico di queste persone. Non è dignitoso lasciarli in queste condizioni. Ho parlato con questi nuovi ragazzi, mi sono raccomandato di lasciare pulito. Ma come fanno a stare senza servizi igienici?".
Il volontariato li aiuta, ma non basta
Qualcosa per queste persone, nel tempo, è stato fatto, quasi esclusivamente da parte di singoli o realtà solidali. Anche ora c'è chi si occupa di portargli da mangiare e aiutarli, la Caritas, a seconda delle disponibilità, riesce anche a dare un tetto sotto cui dormire, ma durante il giorno non hanno dove stare.
Li si trova così sulle panchine di piazza Mazzini, ma persino in parco Kennedy.
I giovani pakistani e poi anche afghani, arrivano dalla rotta balcanica, dopo un tragitto durato anche uno, due anni e poi vengono "rimbalzati" da una questura italiana all'altra.
Per depositare infatti domanda di asilo umanitario, devono seguire una procedura che viene gestita dalle questure. Solo dopo l'identificazione, e in attesa di una risposta sull'accoglimento o meno delle domande, vengono inviati nei Cas, dove possono stare. Prima non sono nessuno... Però un Comune potrebbe benissimo decidere di installare, in un'area apposita, quanto meno una tendopoli, di quelle della protezione civile, che si usano nelle zone terremotate... Se proprio non c'è uno stabile che si possa adibire.
In tal modo non starebbero in giro. E' una questione di praticità, decoro e anche precauzione sanitaria, non solo di solidarietà umana.
"Io credo però - sottolinea ancora Fecchio - che anche il mondo associativo, che qualcosa fa, dovrebbe però trovare il modo di dare una risposta stabile e decorosa a queste persone, uscendo dalla logica emergenziale".