Medico colpito da Coronavirus: "Non c'è più tempo per ignoranza e noncuranza"
Il messaggio di un anestesista rianimatore dell'Asl di Vercelli: «Abbiate rispetto per chi vi cura e soprattutto abbiate rispetto per voi stessi».

Giuseppe Barbarello è un medico anestesista rianimatore in servizio all'Asl di Vercelli. Ha combattuto il virus nella cosiddetta prima linea fino a poco tempo fa: si è fermato solo perché si è ammalato a sua volta. L'Azienda Sanitaria ha voluto riportare il suo messaggio.
«Dovere di curare le persone»
«Sono sconfortato e scoraggiato, ma soprattutto sono arrabbiato. Lo sono perché non sono più in prima linea. Mi sono dovuto fermare. Anche io. Perché questo virus, nonostante tutti gli accorgimenti e le misure di sicurezza, spesso non ti lascia il tempo e ti assale con tutta la sua forza - scrive lo specialista - E così mi ritrovo a casa, assalito dal senso di colpa per aver coinvolto anche i miei familiari in una partita che non avrebbero mai voluto giocare. Ci sono momenti in cui dici a te stesso che forse avresti dovuto pensare più al tuo mondo, ai tuoi affetti, a proteggere le persone importanti per te. È la febbre a farmi parlare così… per fortuna - quando la temperatura scende e quella “batteria” che sembra suonarmi in testa si interrompe - ritorno lucido e penso che sono un medico, il mio dovere è curare le persone; ma quello che di certo posso fare adesso è raccontarvi che non c’è più tempo».
«Non c'è più tempo»
«Non c’è tempo per l’ignoranza di chi nega, di chi protesta in piazza perché non vuole portare una mascherina; non c’è più tempo nemmeno per chi, pur appartenendo al mio stesso mondo, non ci ha creduto, facendo prevalere la prepotenza e la leggerezza e adesso si ritrova in uno dei letti della mia terapia intensiva, pronato e intubato. Non è solo il coronavirus che dobbiamo sconfiggere, ma anche il virus dell’ignoranza e della non curanza - prosegue - Smettetela di credervi forti, onnipotenti, convinti che a voi non possa toccare. La gente non canta più sui balconi e fa bene… dal canto nostro, invece, noi non abbiamo più voglia di raccontarvi storie. Siamo stanchi e l’unica storia vera è quella di chi ogni giorno lavora come un matto per curarvi, si chiude dentro una tuta che ti fa sembrare un astronauta e spera che non tocchi a lui. Abbiate rispetto per chi vi cura e soprattutto abbiate rispetto per voi stessi».