Il ricordo

In memoria di Antonino Augello: trinese giramondo

Un uomo che ha dedicato la sua via alla famiglia, al lavoro e alla scoperta di altre culture.

In memoria di Antonino Augello: trinese giramondo
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Nella foto grande Augello durante la sua permanenza in India, gli piaceva molto incontrare le persone e la loro cultura. Nelle altre due immagini momenti dei dieci anni in Cina.

Il trinese Antonino Augello è mancato da poco, ma già manca moltissimo alla sia famiglia. Dedito alla famiglia e al lavoro e molto riservato, ha avuto importanti esperienze lavorative. Il figlio Vincenzo, lo ricorda con molto affetto.

Nino, una vita per la famiglia e il lavoro

«Mio papà si chiamava Antonino, ma per tutti era conosciuto come “Nino”.  Nato nel 1956, ha sempre avuto una vita molto riservata e dedicata esclusivamente a famiglia e lavoro.

Di origini meridionali, precisamente di Valledolmo (in provincia di Palermo), terzo di quattro fratelli, come molte famiglie dell’epoca, nel 1965 si trasferì dalla Sicilia al Piemonte.

È cresciuto a Torrione di Costanzana, e si è poi trasferito definitivamente con la famiglia a Trino alla fine degli anni ‘60». Nino, ha frequentato le scuole superiori a Casale Monferrato e iniziando a lavorare giovanissimo.

Nel 1975 l'ingresso in Teksid

«Lo ha fatto per aiutare la famiglia in difficoltà - spiega Vincenzo - per la prematura scomparsa del padre dovuta ad un incidente sul lavoro alle ex acciaierie di Trino.

Nel 1975 fu assunto dalla Teksid di Crescentino, come operaio. Nel corso degli anni la sua abnegazione al lavoro gli permise di togliersi molte soddisfazioni professionali, fino a raggiungere la carica di quadro dirigente.

"Quando viaggi cresci"

Ha sempre avuto la passione dei viaggi, non si è mai tirato indietro nel fare trasferte nell’ambito lavorativo in tutto il mondo, per arricchire il suo background culturale e professionale. “Quando viaggi, cresci” mi diceva sempre. Anche il giorno dopo la mia nascita partì per un mese di trasferta a Napoli».

Nel corso degli anni si è spostato in diverse località italiane, in Inghilterra e in Germania per lavoro. «La sfortuna - prosegue Vincenzo - è stata nella salute: a 35 anni gli venne diagnosticato il diabete di livello 1 e a 39 anni ebbe il primo grosso infarto, con conseguente operazione delicatissima, da cui ne uscì con una forza d’animo impressionante, sempre con il sorriso e caparbietà».
Non si fermò, anzi decide di viaggiare ancora di più.

Dieci anni in Cina

«Iniziò la sua avventura in Cina nel 2004 - continua il figlio - esperienza che è durata per ben 10 anni. Ricordo mio papà affascinato dalla cultura orientale, dalla sua cucina, dalle sue grandi città e dalle usanze del luogo. Per 10 anni ha fatto spola tra Nanchino e Shangai, tre mesi in Cina e un mese a casa, rimanendo sempre la colonna portante della mia famiglia: non ci ha mai fatto mancare nulla. Talmente forte il suo legame con la cultura orientale da convincere mia madre per molte volte a raggiungerlo nei mesi estivi.

Il trasferimento in India

Finita l’esperienza cinese si spostò in India a Nuova Delhi per due anni. In ogni viaggio portava con sé ricordi e costumi del posto, tanto fu forte il suo rispetto per “tutto il mondo è paese” il suo vero mantra. La salute, pur cagionevole non lo fermò nemmeno nella sua ultima avventura lavorativa, dopo l’India partì alla volta del Portogallo, precisamente ad Aveiro dove rimase per due anni prima della pensione.

Un uomo legato ai valori veri

Ha combattuto tutti i giorni la malattia con il sorriso, e questo è stato un insegnamento costante alla positività per me: partire dal basso e lavorare, arricchirsi di idee e costumi. Ha trovato un grande amore con mia madre, aveva una passione viscerale per la sua Juventus (una volta ha girato tutta la notte a Nanchino pur di trovare un locale che trasmettesse il derby della mole) e la voglia di vivere a pieno la vita, senza pregiudizi alcuni: “Che fortuna essere tuo figlio papà!”».

Riccardo Coletto

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