Assistenti sociali: "La pandemia ci ha chiusi in una capsula"
Colpiti soprattutto i giovani: "È una sconfitta se i nostri giovani pensano che non siamo in grado di ascoltarli e di aiutarli".
L’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte analizza la situazione attuale: «Questo periodo induce tutti a sentirsi come su una capsula spaziale in attesa di rientrare sulla terra».
La situazione
Oggi si celebra la Giornata mondiale dell’uomo nello spazio, scelta dalle Nazioni Unite per ricordare il volo orbitale del russo Jurij Alekseevič Gagarin che, il 12 aprile 1961, percorrendo circa 41mila km a bordo della capsula spaziale Vostok 1, diventa il primo cosmonauta della storia e il primo uomo a guardare il nostro pianeta come nessuno l’aveva mai visto. Da questa famosissima immagine l’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte prende spunto «per far sentire la propria vicinanza a tutte le persone plaudendo alla resilienza, il coraggio e lo spirito solidale dimostrato in questo buio periodo, che induce tutti a sentirsi come su una capsula spaziale in attesa di rientrare sulla terra - scrivono - L’Ordine, inoltre, vuole rendere visibile l’impegno dei 2.400 assistenti sociali piemontesi nel direzionare il proprio punto di vista verso soluzioni inedite, superando l’iniziale spaesamento, sensazione sicuramente provata anche da Gagarin mentre volava nello spazio».
Una realtà sconosciuta
Antonio Attinà (Presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali del Piemonte) dichiara: «L’emergenza sanitaria ha costretto tutti e anche gli assistenti sociali ad approcciarsi ad una realtà completamente sconosciuta ed inesplorata. I professionisti, con competenza tecnica e capacità relazionali, hanno rilevato i nuovi emergenti bisogni e percorso strade innovative. Il lavoro, basato sulle relazioni e sulla vicinanza, è diventato improvvisamente impraticabile ed è stato necessario utilizzare con creatività ed impegno la tecnologia e gli strumenti informatici per superare la distanza fisica e continuare ad operare».
La dad
I bambini e ragazzi sono tra le fasce della popolazione a subire le conseguenze maggiori di questa triste situazione. Secondo i calcoli di Tuttoscuola, in Piemonte sono più di 570.000 gli studenti che sono rimasti in DAD dall’8 marzo. Chiara Biraghi (Consigliera Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) aggiunge: «Abbiamo accolto positivamente le indicazioni del DL 44 che ha consentito il rientro a scuola anche nelle zone rosse dei bambini della scuola dell’infanzia, degli alunni di primaria e di quelli del primo anno di secondaria di I grado. La didattica a distanza e l’impossibilità a socializzare hanno acuito le situazioni di povertà educativa. Ora più che mai è importante fronteggiare il disagio esistenziale che rischia di pervadere le vite dei nostri ragazzi. Non vogliamo parlare qui di numeri ma di storie, di tante singole storie. È opportuno orientare risorse e politiche in favore di progetti capaci di fronteggiare la povertà educativa e di avviare percorsi che sperimentino nuove risposte all’estremo bisogno di stimoli educativi. Occorre dare più ampio respiro ai progetti già avviati che vedono gli assistenti sociali in prima linea affinché i risultati generati abbiano il tempo di produrre il maggior effetto possibile».
Dispersione scolastica
La pandemia ha acuito la dispersione scolastica, a partire dalle periferie urbane e dai territori difficili e deprivati culturalmente. Lo conferma l’inchiesta realizzata dalla Comunità di Sant’Egidio all’interno del progetto Valori in Circolo. Gli adolescenti, secondo i dati emersi dall’indagine condotta da IPSOS, “I giovani ai tempi del Coronavirus”, si sentono esclusi dalle scelte per il contrasto alla diffusione del Covid, che li hanno visti penalizzati nell’interruzione delle attività scolastiche in presenza: il 65% è convinto di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia, mentre il 42% ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non è permesso di andare a scuola.
I giovani
Antonio Attinà conclude: «È una sconfitta se i nostri giovani pensano che non siamo in grado di ascoltarli e di aiutarli. Se non agiamo in fretta rischiamo solo che le cose possano peggiorare. Gli assistenti sociali, nell’emergenza sanitaria, hanno saputo stare accanto alle persone cercando di leggere i nuovi problemi che via via si sono palesati. La sfida però è ancora aperta e dovremo cercare nuove strade, esplorare nuovi percorsi al fine di dare le risposte che la comunità ricerca. Come Gagarin, dobbiamo essere capaci di guardare le cose come nessuno le ha mai guardate, perché solo così è possibile cogliere in un problema un’opportunità, solo così è possibile vedere delle risorse in una persona che ha perso tutto, perché solo così si può provare ad invertire l’ordine delle cose che spesso domina la nostra società dove chi è ultimo continua a restare indietro».