Cronaca

Anche Vercelli nella mega frode fiscale partita da Como

Una persona della provincia è fra i 14 destinatari di misure cautelari.

Anche Vercelli nella mega frode fiscale partita da Como
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Come riporta primacomo.it dalla Procura della Repubblica di Como giunge notizia che il Gruppo della Guardia di Finanza di Como, a seguito di una articolata indagine, ha eseguito, in data odierna, martedì 21 giugno, un'operazione che ha coinvolto numerose province, una delle persone oggetto di misure cautelari è della provincia di Vercelli.

Il dettaglio dei provvedimenti

La magistratura di Como ha disposto 14 misure cautelari personali (di cui 9 custodie cautelari in carcere, 4 arresti domiciliari e 1 obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) e contestuale Decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche per equivalente, per complessivi 7,7 milioni di euro, emesso dal Giudice per le Indagini preliminari/Tribunale di Como su richiesta della Procura della
Repubblica nei confronti di 21 persone fisiche e 19 persone giuridiche (residenti e aventi sede in Lombardia, Campania, Lazio e Piemonte) coinvolte, a vario titolo, in una imponente frode fiscale
perpetrata nell’ambito di una stabile associazione per delinquere, nel settore della fornitura di manodopera, delle pulizie, del facchinaggio, dei trasporti e della logistica al servizio della grande distribuzione.

L'avvio dell'indagine

Le attività di polizia giudiziaria, scaturite a seguito di un costante monitoraggio di plurime società cooperative operanti nel territorio lariano e dalla conseguente percezione di molteplici indici di rischio fiscali e valutari, hanno permesso di disarticolare un complesso sistema di frode fiscale perpetrato in forma associativa, ininterrottamente tra la fine del 2015 ed il 2022, mediante la costituzione di 17 società cooperative, un consorzio ed una srl (da ritenersi società capogruppo) operanti nel campo dei servizi di facchinaggio, di pulizia, dei trasporti e della logistica.

Quasi 30 milioni frodati al Fisco

Gli indagati attraverso tale sistema (ovvero attraverso l’utilizzo fittizio dello schema societario) avrebbero commesso plurimi reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti (per complessivi 21.127.751,54 euro), di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (per un ammontare di imposte evase ai fini II.DD. per complessivi 496.542,40 euro ed ai fini IVA per complessivi 3.750.659,78 euro), di omessa dichiarazione (per un ammontare di imposte evase  per complessivi 906.826,87 ed ai fini IVA per complessivi 737.676,89 euro), di indebite compensazioni di imposta attraverso la sistematica compensazione di debiti tributari e previdenziali utilizzando crediti tributari inesistenti e/o non spettanti indicati nei modelli F24 presentati (per un ammontare complessivo di 1.003.432,20 euro) e di omessi versamenti di IVA (per complessivi 829.910,00 euro).

Ricostruito il sistema

I militari del Gruppo della Finanza di Como, hanno portato alla individuazione di più società cooperative di lavoro a struttura precaria periodi di tempo e sostanzialmente inadempienti sia agli obblighi civilistici che fiscali).

Tali società “cartiere” hanno avuto il compito di assumere la forza-lavoro, di fatto gestita da altre due società “capogruppo” (un consorzio ed una società di capitali) che hanno costituito, invece, una struttura
permanente nel tempo (risultando apparentemente in regola dal punto di vista fiscale), adempiendo
all’attività direzionale ed amministrativa.

Per l'accusa la frode è stata commessa tramite l’emissione, da parte delle cooperative, nei confronti delle “società capogruppo”, di fatture per prestazioni di servizi riferite ad operazioni soggettivamente (e giuridicamente) inesistenti, nelle quali venivano falsamente addebitati i costi del personale.

L'abbattimento dell'Iva

Veniva così consentito alle società capogruppo l’abbattimento dell’ingente debito IVA scaturito dalla fatturazione delle prestazioni al consorzio, nonché un risparmio dei contributi previdenziali e assistenziali che il consorzio avrebbe dovuto sostenere nel caso avesse assunto i dipendenti delle varie cooperative. Ed infatti, qualora le prestazioni fossero state rese direttamente dalle società capogruppo, con propria forza lavoro, queste avrebbero annoverato tra le componenti negative di reddito unicamente
quelle afferenti al costo del personale dipendente assunto che, notoriamente, non genera un’IVA a credito.

In tal modo, le consistenti somme di denaro trasferite dalle “capogruppo” alle cooperative, a pagamento delle false fatture, venivano utilizzate per il pagamento del personale e, in parte, prelevate dagli organizzatori della frode mediante prelievi per contanti, assegni o con bonifici bancari in favore di loro stessi, a pagamento di propri compensi o utilizzate per spese personali. Così gli autori della truffa hanno abusato dello schema societario cooperativo, non perseguendo alcuna finalità mutualistica ma sfruttando la normativa di favore per effettuare operazioni commerciali lucrose, a proprio vantaggio e non dei soci delle cooperative, relegati a sostanziali ruoli di meri lavoratori dipendenti.

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