Lutto

Addio a Pino Marcone: il cantore della Vercelli che fu

Per ricordarlo pubblichiamo una delle ultime interviste rilasciata a Notizia Oggi Vercelli

Addio a Pino Marcone: il cantore della Vercelli che fu
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Pino Marcone, mancato al'età di 85 anni, è stato uno dei custodi della "vercellesità", estesa alla Bassa e in genere al Vercellese. Lui, impiegato di banca, in realtè era un uomo di cultura: scrittore, drammaturgo e regista, conoscitore del dialetto che ha sempre difeso dal rischio dell'oblio, attraverso le sue tante commedie, quasi sempre in vernacolo, in cui emergono macchiette, modi di dire, leggende urbane di Vercelli e dintorni.

La Storia e le storie di Vercelli

Attraverso i suoi libretti natalizi, di colore cremisi, ha romanzato la storia di Vercelli dal XVI al XX secolo, inserendo i suoi personaggi dentro alle vicende storiche di assedi, occupazioni straniere, fasi risorgimentali e post unitarie, fino alle due grandi guerre del secolo scorso.

Dopo aver sciolto la sua creatura più amata "Lo spazio scenico", la compagnia che rappresentava i suoi lavori, aveva diradato la sua presenza nella vita della città,  fra i suoi ultimi scritti, una serie di articoli in cui aveva cominciato proprio a ripercorrere le sue commedie, ospitati da Notizia Oggi Vercelli e che pubblicavamo sempre con vera gioia perché ognuno di essi è uno spaccato di storia e cultura in senso generale prima che locale, perché la sua conoscenza teatrale e letteraria era sterminata.

Grazie Pino della tua pacatezza e bontà, del tuo amore per le nostre tradizioni.

Per ricordarti degnamente pubblichiamo l'intervista che Notizia Oggi Vercelli gli dedicò proprio dopo l'annuncio della chiusura dello "Spazio Scenico".

Una fantastica cavalcata

«Una fantastica storia», così si intitolava il volume edito per i 15 anni di vita de «Lo Spazio Scenico», in cui il “papà” della storica compagnia di teatro dialettale, Pino Marcone, ripercorreva le origini e l’evoluzione del gruppo.

Ora però siamo a «L’ultima Commedia», un libro uscito a fine 2021, in cui, purtroppo, si annuncia la chiusura di quella storia.

Il volume contiene il copione dell’ultimo lavoro di Marcone «J’hu scarpüsà an tin baül pien at cumedii an dialèt». Che prende spunto da altre 8 storie già portate in scena negli anni. Nel testo ogni parte è pensata per uno specifico attore della formazione al tempo della stesura: Marco Berrone, Loretta Bossola, Concetta Burderi, Piermario Ferraro, Antonio Fidacaro, Marco Frattino, Aurora Nadalin, Rosita Napoli, Franco Rossino e il compianto Peppino Bolzoni.

Il volume ospita anche i profili di alcuni attori, con le loro testimonianze, ne sono passati otre 100 nella storia del gruppo, ricorda Marcone, presenti anche le sinossi di alcune delle commedie più recenti. La produzione di Marcone, infatti, vanta oltre 30 lavori, tutti rappresentati dalla sua compagnia, tranne l’ultimo.
«Avrebbe dovuto andare in scena nella primavera del 2020 - racconta il commediografo - a causa della pandemia, non ha mai potuto essere rappresentato».

«Molti dei componenti la compagnia - aggiunge Marcone - con gli sconvolgimenti di questo triste periodo, hanno dovuto trasferirsi o cambiare lavoro, allontanandosi dal mondo dello spettacolo».

La paglia vicino al fuoco

Negli anni nulla aveva fermato l’attività del gruppo, neanche le crisi che inevitabilmente accadono: «I problemi maggiori non sono stati teatrali - ricorda Pino nell’intervista finale del libro - ma dovuti al famoso modo di dire: la paglia vicino al fuoco si incendia. Mi riferisco a quelle infatuazioni tra uomo e donna nati sul palco, con liti e gelosie, che hanno a volte messo in discussione l’intero spettacolo, problemi che sfoderando inaspettate doti di esperto mediatore, sono riuscito a superare».

La storia

Ecco come cominciò l’avventura.
«Nel 1990 avevo scritto un libro sul Santuario di Costanzana - ricorda - e ne trassi una riduzione teatrale dal titolo: “Ex Voto - Scene da un Santuario”, fu la mia prima drammaturgia. Nelle fasi delle prove e della messa in scena si formò un gruppo di amici con la stessa passione per il teatro e così, quasi per caso, ebbe inizio tutto».

La prima commedia

Una delle prime formazioni della compagnia "Lo spazio scenico".

Nel 1991 «Lo Spazio Scenico» cominciò a esistere come tale, la prima commedia fu «Osteria della Corona Grossa», le cui prove avvennero nel cortile dell’atelier di Guido De Bianchi, in pieno Rialto. Una circostanza che la dice lunga sul marchio di vercellesità! La data ufficiale di costituzione di fondazione risale al 1992, tra i firmatari, oltre a Marcone e De Bianchi, Alberto Ferraris, Mauro Ferraris, Giorgio Giordano, Enny Mazzola, Luciano Rosso, Andrea Varalda.

Vale la pena di riportare, dal libro del quindicennale la storia delle sedi “itineranti”: «Una delle più belle, - scrive Marcone - è stata il teatrino dell’Asilo Filippi in via Frova, mentre detiene la palma di peggiore in assoluto l’ex mattatoio, dove, appesi ai ganci delle gabbie, c’erano, al posto dei quarti di vitello, costumi, cappelli e una marionetta dall’abito consunto ed il cilindro un po’ sfondato». E ricorda poi le sedi dell’oratorio di Caresana, un ex magazzino del riso, le Suore di Loreto a Vercelli e ancora l’oratorio delle «Maddalene».

L'affermazione

Negli anni la compagnia prese piede. Le sue rappresentazioni non erano solo divertenti, quasi sempre brillanti e argute, ma hanno portato alla ribalta figure, immagini e tradizioni, qualche volta legate a eventi e persone reali, del nostro territorio. Il dialetto, su questo termine ci sarebbe da discutere, può sopravvivere solo se viene praticato, perdendo «Lo Spazio Scenico» perdiamo un presidio del dialetto. Non a caso Marcone, oltre alle commedie, organizzò anche una serie di lezioni sulla lingua dialettale in giro per la Bassa.

Un lavoro teatrale all'anno

Praticamente ogni anno della storia del gruppo, fino al 2020, c’è stato un nuovo lavoro teatrale da preparare. Fra i tanti, di un certo effetto, è proprio il caso di dire “scenico,” fu «Alla stazione di Posta». Si parla della leggendaria struttura presente nella zona terminale dell’attuale Corso Libertà, nella quale Carlo Goldoni, nel 1762 ambientò «L’osteria della posta». Lavoro a cui Marcone s’ispirò per un testo dedicato al bicentenario della morte del commediografo veneziano e recitato nei costumi Settecenteschi. In anni più recenti è lo stesso autore che indica un lavoro a lui caro: «”Ghignoli: la leggenda” del 2016, che, grazie a una straordinaria performance di tutti gli attori, ha riscosso consensi anche fuori dai confini regionali».

Il commiato dalla compagnia

Tanto ci sarebbe ancora da scrivere ma la “commedia” volge alla fine e dunque chi più di Pino Marcone può avere l’ultima parola? Ecco la sua lettera di commiato alla compagnia.
«Anche sullo “Spazio Scenico” - sottolinea - è calata la tela, come si scriveva un tempo sui copioni alla fine delle commedie. Dietro a questa tela ci sono trent’anni, tanto è durata la più bella favola della mia vita, di gioie, soddisfazioni, dolori e delusioni che go condiviso con tanti amici incontrati per strada. Purtroppo a volte l’amicizia non è sempre stata una cosa seria, ma sul palco della vita anche questo è uno degli elementi che compongono il nostro variegato mondo. Come responsabile della Compagnia teatrale dovrei lasciare a tutti voi, che avete camminato con me, un messaggio, ma vi garantisco che non è Né semplice né piacevole. Vi giunga quindi la mia più cordiale stretta di mano e, per essere in carattere con il dialetto, caratteristica essenziale della nostra Compagnia, vi lascio un vecchio modo di dire, con la traduzione italiana, ad uso dei tanti non vercellesi che hanno fatto parte dello Spazio Scenico: “Curagi che la vita l’è an pasagi, ancheui l’è nen mè ier e al sarà nen mè duman - Coraggio che la vita è un passaggio, oggi non è come ieri e non sarà come domani”».

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