«A Vercelli da 27 giorni e nessuno ci aiuta»
L’appello disperato di una quindicina fra Pakistani e Afghani allo stremo delle forze.
È da prima del Covid che Vercelli periodicamente diventa il “terminale” di profughi Pakistani e Afghani che, una volta percorsa la “rotta balcanica” finiscono nei pressi della Questura cittadina in piazza Mazzini. Solitamente rimangono “invisibili”, senza nessuna protezione da parte delle istituzioni, finché non terminano le procedure d'identificazione e di deposito della richiesta d’asilo, allora possono essere inviati nei Cas (Centri di Accoglienza Straordinaria). A un certo punto, grazie alla Caritas, hanno avuto anche un tetto sotto cui dormire, non tutti certamente, ma ora un nuovo gruppo è accampato a Vercelli senza aiuti da ormai 27 giorni.
Il gruppo di migranti
Si tratta di una quindicina di uomini, provenienti chi dal Pakistan chi dall’Afghanistan, arrivati a piedi dal proprio paese d’origine fino in Italia: si tratta di un viaggio lunghissimo, un viaggio della speranza di oltre cinquemila chilometri, nel migliore dei casi, settemila nel peggiore. In questo “pellegrinaggio” c’è chi ha viaggiato per sei mesi e chi per due anni: alcuni hanno abbandonato la propria terra natia per cercare un futuro migliore, altri sono fuggiti da situazioni molto tese, soprattutto chi ha lasciato in tutta fretta l’Afghanistan dopo che, nell’agosto dell’anno scorso, i talebani hanno ripreso Kabul.
Fotografie del gruppo di migranti e dei loro giacigli
Il viaggio della speranza: 5000 chilometri a piedi
Nel viaggio dal Pakistan fino all’Italia, questi giovani uomini hanno dovuto attraversare un’infinità di Paesi intermedi: il primo è stato l’Iran, a cui sono poi seguiti Turchia, Grecia e Bulgaria… Dopo è stata la volta della Serbia, della Bosnia, della Croazia e, infine, della Slovenia. Alle frontiere di questi Paesi, la polizia non ha mai creato problemi, «purché continuassimo il nostro viaggio - spiega Mohamed, il ragazzo che parla per il gruppo dato che conosce un po' meglio l'inglese - "Andata pure, continuate", ci dicevano… Non volevano che ci fermassimo nel loro Paese».
Le difficoltà riscontrate lungo il percorso
«Lungo il nostro viaggio - riprende Mohammed - ci sono state diverse difficoltà: faticavamo a trovare del cibo, non avevamo un posto dove dormire… Quasi sempre siamo stati costretti a passare la notte all’aperto; ogni tanto c’era qualcuno che ci aiutava e ci dava da mangiare, ma la maggior parte delle volte abbiamo dovuto arrangiarci».
L'arrivo in Italia
Arrivato in Italia ormai tre mesi fa, questo gruppo di migranti (ormai inseparabile) si è spostato per tutta la Penisola: dapprima sono arrivati a Milano, dove però non v’erano posti disponibili per accoglierli… Poi sono andati in treno fino ad Asti, dove però non è stato possibile collocarli. Successivamente hanno tentato all’Aquila, a Siena e a Torino, ma il risultato è stato il medesimo.
La permanenza a Vercelli
I parchi di Vercelli, dove ormai da più di ventisette giorni “risiedono” in attesa che lo Stato trovi loro una sistemazione, sono la loro attuale dimora: i giardini di Piazza Mazzini, in particolare dalla settimana scorsa, sono diventati il luogo in cui si accampano più stabilmente. Dormono sulle panchine oppure per terra, su pezzi di cartone raccolti in giro per la città: alcuni Vercellesi li hanno aiutati come hanno potuto, donando coperte termiche, trapunte e cuscini per proteggerli dal freddo più pungente delle settimane passate; altri passano ogni giorno a dare loro un po’ di cibo, ma si tratta pur sempre di piccole iniziative individuali.