Iniziativa CTV

Tavolo Carcere Vercelli: le storie di chi aiuta i carcerati

Testimonianze che toccano il cuore e fanno aprire gli occhi su una mondo di dolore ma anche di riscatto

Tavolo Carcere Vercelli: le storie di chi aiuta i carcerati
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Sul nostro settimanale Notizia Oggi Vercelli periodicamente esce una rubrica "Un caffè con il Volontariato", proposta dal Centro Territoriale per il Volontariato per informare sulle associazioni e le iniziative del Ctv di Vercelli. Oggi, lunedì 31 luglio 2023, il servizio in edicola presenta delle storie di volontari che fanno parte del "Tavolo carcere" che per forza di cose sono state proposte in forma sintetica. Ecco allora che il sito web ci offre l'opportunità di pubblicarle integralmente, sono tutte molto intense e permettono di capire qualcosa di più su una realtà spesso ignorata.

Un caffè con il Volontariato

Continua la collaborazione fra il Centro Territoriale per il Volontariato e il giornale Notizia Oggi, con l’intento di raccontare, a cadenza mensile e con taglio monografico, le storie legate al mondo del volontariato e del non profit. La pagina richiama già dal titolo il momento di una piacevole “chiacchierata” in cui parlare di varie tematiche, con molteplici punti di vista e adeguati approfondimenti.
Questa uscita sarà dedicata al “Tavolo Carcere”, che riunisce Associazioni e realtà che operano sia all’interno della Casa Circondariale di Vercelli che sul territorio, per sensibilizzare la popolazione sulle tematiche della rieducazione e del reinserimento, contro i pregiudizi legati alle persone detenute e allo stigma sociale che troppo spesso influenza il loro cammino di vita. Il “Tavolo carcere” è, infatti, strumento di dialogo per la concreta realizzazione di "ponti" tra il mondo delle persone detenute e la comunità di riferimento che diviene risorsa ed "educante" nella misura in cui è promotrice di possibilità rieducative e di attività progettuali concrete e sensibili al reale bisogno delle persone che hanno vissuto l'esperienza della detenzione.

Il Tavolo Carcere

Il Centro Territoriale per il Volontariato di Vercelli si è sempre distinto per la sua funzione di facilitatore delle reti fra associazioni e istituzioni. Fra i “tavoli” che stanno operando grazie a un impegno di anni c’è il “Tavolo carcere”, attualmente vi partecipano diversi cittadini volontari, le organizzazioni di volontariato “Argilla” ed “Educational Forum”, l'“Ufficio di esecuzione penale Esterna” (UEPE), un responsabile operatore dell'area educativa del carcere, Caritas Eusebiana, «che ringraziamo - dicono dal Tavolo Carcere - per la disponibilità a collaborare sul progetto di promozione del tavolo 2023, accogliendo sul proprio sito, una landing page ad esso dedicata. Tavolo Carcere - Caritas Eusebiana».

Le finalità

«Tavolo carcere - spiega Elena Veggi, referente area Progettazione sociale e formazione Ctv Vercelli Biella - è una realtà informale, nata per volontà del Centro Territoriale per il Volontariato di Vercelli-Biella, con l’obiettivo di favorire la diffusione di una cultura sensibile e attenta al complesso fenomeno sociale delle persone, che vivono, o hanno vissuto, percorsi di limitazione della libertà personale. Per questo, da alcuni anni, offre il servizio di facilitazione del tavolo. Facilitare il gruppo di volontari, che in tempi e modalità diverse, ma tutte preziose, offrono il loro servizio alle persone detenute, significa proprio “rendere facile” la comunicazione tra loro, far emergere i bisogni profondi, che loro osservano nel proprio agire e di cui si fanno testimoni.
Significa anche lavorare, con tecniche e metodi specifici, (segreteria, gestione di riunioni almeno una volta al mese, attività di formazione e promozione…) alla valorizzazione di strategie sul “come”, ossia su quali siano le dinamiche relazionali e di comunicazione più favorevoli tra le persone nel gruppo perché ciascun volontario si senta accolto, riconosciuto nella sua autenticità e sul “cosa”, ossia riflettere continuamente su quale sia il compito che il gruppo si è prefissato e come questo sia o meno da tutti compreso, chiaro, utile, atteso, desiderato.

Lavoriamo in sinergia

Da come si legge nei diversi contributi dei volontari, che fanno parte della realtà del tavolo carcere Vercelli, emerge chiara la ricchezza, che ciascuno porta come contributo agli altri componenti, al fine di lavorare in sinergia, in rete, tra i membri e tra questi e il territorio di riferimento. Ogni realtà, pubblica e privata, è parte integrante del processo educativo, di diffusione culturale, di un’attenzione e partecipazione responsabile ai cammini di vita delle persone, che hanno avuto esperienze carcerarie, ma anche dei loro famigliari e del territorio stesso. La comunità diventa educante solo e nella misura in cui è capace di attivare “ponti” di comunicazione tra mondi, solo apparentemente, così distanti. Tutte le persone, anche e soprattutto coloro che hanno compiuto reati, sono parte integrante del sistema sociale. Avere cura di ogni parte del sistema, per quanto faticoso e doloroso, è opportunità di vivere in una comunità, che osserva, accoglie, accompagna e lotta contro l’indifferenza agli ultimi».
Le testimonianze dirette di chi opera in questo difficile mondo, a favore delle persone private della libertà, sono toccanti e permettono di capire meglio la realtà carceraria.

- LE STORIE -

Giulio Pretti, il decano

Nel 1974, anche su proposta dell’Arcivescovo di Vercelli, offro la mia presenza in carcere, prima nel Consiglio di patronato aiuto carcere, poi, in seguito alla legge 26/7/1975 numero 354, articolo 78, come assistente volontario, con debita autorizzazione del Ministero di Giustizia.
L’attività continua da allora, all’interno del carcere, al quale accedo due volte a settimana, effettuando colloqui con i detenuti, che ne fanno richiesta scritta.
Mediante questi colloqui, oltre ad un sostegno morale immediato, vengono soddisfatte le necessità e le richieste consentite, provvedendo a procurare gratuitamente indumenti personali, libri, riviste scolastiche o di narrativa, il tutto autorizzato e consegnato agli agenti di Polizia Penitenziaria, e nello spirito della Legge, ricevendo valido aiuto e collaborazione da parte della Direzione e di tutto il personale preposto.

I contatti con le famiglie

In diversi casi, ho tenuto contatti con le famiglie dei detenuti, in condizioni disagiate provvedendo alle necessità materiali (generi alimentari, pagamento canone d’affitto, bollette…) e alla ricerca di un posto di lavoro. Questo servizio è stato possibile ed efficace, tutte le volte, che è stato sostenuto dal lavoro di rete con gli Enti pubblici e le realtà di terzo settore.

Altre volte, il servizio alla persona in carcere, è stato affiancato da quello con L’Ufficio Di Esecuzione Penale Esterno (UEPE) per collaborare a casi per il reinserimento nella vita sociale degli ex detenuti o per sostenere le famiglie.

La mia disponibilità sarà sempre data, ogni qualvolta che si presenta, un caso di particolare emergenza per la possibilità di accompagnare un reinserimento delle persone alla vita civile e sociale. In conclusione, ritengo di poter confermare la validità di questo servizio di volontariato, in quanto “fatto all’uomo che soffre”, tendente al possibile recupero dell’uomo stesso, nell’accettazione della propria responsabilità. Ringrazio gli operatori del Centro Territoriale per il volontariato di Vercelli /Biella, Sara Ghirardi ed Elena Veggi, per la collaborazione continua con noi volontari.

Giulio Pretti

Eleonora Van Axel Castelli

Ho 34 anni, sono laureata in Giurisprudenza ed iscritta alla facoltà di Servizio Sociale presso la sede di Biella.
Volontaria presso l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna (UEPE) di Vercelli in cui collaboro nel lavoro di presa in carico dei condannati sottoposti ad una misura alternativa e per la realizzazione di progetti integrati di inserimento sociale e lavorativo.

Come mi sono avvicinata

Mi sono avvicinata al tema del carcere durante gli studi universitari e grazie agli incontri organizzati dal Tavolo Carcere di Vercelli – facilitato dal Centro Territoriale per il Volontariato – ho avuto l’opportunità di approfondire una realtà molto complessa.

Durante gli incontri oltre ad essere state esposte le normative vigenti sul sistema penitenziario italiano si è molto discusso sulla popolazione carceraria e sull’importanza dell’ascolto nelle relazioni d’aiuto.
La parola carcere sembra ricondurre quasi in modo automatico a mille pregiudizi.

L’attenzione è posta sul delitto in sé ed una volta che la sentenza di condanna è stata pronunciata, ci si dimentica dell’importanza di quanto sancito dal comma 3 dell’art. 27 della nostra Costituzione, ovvero che le pene «non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».

Occasioni per la rieducazione

Quest’ultimo deve essere messo nelle condizioni di usufruire di occasioni, strumenti, interventi e sostegni idonei a rispondere ai particolari bisogni della sua personalità in modo tale che, una volta scontata la pena, sia in grado di reintegrarsi nella società e di dara una svolta alla sua vita.

Per fare tutto ciò l’azione rieducativa necessita del mondo esterno, privati, istituzioni ed associazioni pubbliche e private che coinvolgano la società e che, soprattutto, non tengano fuori da quest’ultima le persone detenute ma insegnino loro a ricostruire il patto sociale violato.
Noi come Tavolo Carcere cerchiamo di pensare a un carcere aperto e trasparente dove la società possa entrare, confrontarsi e mettersi in discussione affinché le persone quando tornano in libertà non si sentano inadatte e inadeguate.

Persone da non demonizzare

A livello più strettamente personale ed emotivo vorrei dare un contributo alla decostruzione di un modello culturale demonizzato e stereotipato in cui i reati li commettono i «cattivi» e la loro pena viene intesa come una legittima forma di vendetta sociale.
Credo che sensibilizzare la società su questi temi possa rappresentare un piccolo passo per far emergere da un lato la complessità delle narrazioni delle persone detenute e, dall’altro indurre alla riflessione sui percorsi di pena alternativi.
Mi auguro che le iniziative che ci vedranno protagonisti nei prossimi mesi sul territorio possano essere un’occasione per confrontarsi e sperimentare nuovi percorsi di informazione e di riflessione per creare reti di ascolto e di aiuto.

Eleonora Van Axel Castelli

Sr. Rosangela Brioschi S.L.

“RICORDATEVI DEI CARCERATI COME SE FOSTE LORO COMPAGNI DI CARCERE” (Eb 13,3°)

Penso che questo invito della Scrittura debba essere la convinzione e la forza che deve animare chi vuole mettersi, come volontario, al servizio dei fratelli che si trovano nella condizione di scontare qualche reato.

Papa Francesco, in quasi tutti i suoi discorsi, vuole una Chiesa in “uscita, raccomanda l’attenzione ai poveri, agli ultimi …

Nella società odierna, con la crisi economica, che probabilmente si fa sentire con maggiore intensità per la mancanza di lavoro, per i risparmi ormai consumati, sono molte le povertà che vediamo attorno a noi e la Congregazione delle Suore di Santa Maria di Loreto assume nella sua missione educativa anche impegni particolari dove far risplendere il senso ed il valore di un Carisma sempre attuale, nella sua semplicità, che permette la crescita in età, sapienza e grazia di ogni persona.

Da 21 anni nel mondo del carcere

Mi ritengo fortunata, e ne sono profondamente grata innanzitutto al Signore, ma anche alla Superiora Generale, Suor Giovanna, per l’impegno che mi è stato affidato di fare volontariato nella Casa Circondariale di Vercelli, dove sono conosciuta come sr. Paola, nome di Battesimo.

Sono ormai ventun anni che frequento il Carcere, un mondo di sofferenza, di solitudine, per molti di abbandono, ma anche ricco di umanità. Sembra strano, ma lo è. Lo è per la buona volontà di molti giovani ed adulti che, nella loro detenzione, sono solidali tra loro, cercano dei valori, si impegnano a guardare oltre per trovare dentro di sé fiducia e speranza per un avvenire migliore.

La prima volta

La prima volta che ho varcato il portone del carcere mi sono sentita persa, c’era tanto desiderio di incontrare le persone, di capire come relazionarmi con loro, molta ansia, ma anche la speranza di poter offrire la mia umanità e soprattutto testimoniare l’amore del Signore.

Ho iniziato nella sezione femminile per la preparazione ai Sacramenti, poi con il passare del tempo e prendendo familiarità con l’ambiente del carcere e con le esigenze di colloqui, ho cercato di essere di aiuto anche nella sezione maschile in diversi piani, attualmente divido il mio tempo tra la sezione femminile ed il primo piano del maschile.

Lì posso far conoscere il Padre come Amore misericordioso, che tutti abbraccia nella sua tenerezza e che non giudica nessuno indegno di essere Suo figlio, scopro un grande desiderio di incontrare il Signore per recuperare il senso ed il valore della vita, la sete di una vicinanza significativa che possa donare serenità, rassicurazione, stima, voglia di vivere.

Portare la Parola e l'Amore di Dio

Naturalmente come Religiosa il mio impegno è quello di portare la Parola di Dio e quindi di far conoscere l’amore del Padre.

E’ un’esperienza molto bella perché si nota non solo l’attenzione, ma l’apertura del cuore nel cercare di capire la Scrittura, le semplici intuizioni che dicono come davvero lo Spirito del Signore è presente e lavora in ogni persona, anche in quelle che, con pregiudizio, sembrerebbero lontane miglia e miglia … il tempo dedicato all’ascolto è di un’importanza enorme e vi assicuro che ci sono storie di vita che faremmo fatica ad immaginare e che mi permettono di lodare e benedire il Signore per la famiglia e per tutto quello che mi è stato donato e risparmiato ..

Una vicinanza educativa

Oltre ad una vicinanza di umanità, la mia vuol essere una vicinanza educativa che aiuta a capire, a ritrovare la propria dignità, ad aprirsi alla speranza, ad accettare i propri sbagli confidando nel perdono del Signore accogliendoLo nella loro vita come Colui che li conosce profondamente e per cui ha donato tutto Se stesso.

Per molti il carcere è diventato il luogo dell’incontro con Dio. L’orario della riflessione sul Vangelo, purtroppo, coincide con quello dell’ora “d’aria” in cortile dove solitamente si gioca o ci si incontra,, ma ci sono quelli che vi rinunciano per partecipare all’incontro dove la scoperta o il ritrovamento di Dio nasce dalla profondità di una vita vissuta nell’ignoranza della fede, nell’abbandono famigliare, nella mancanza di valori. Questa è una grazia che il Signore mi dona .

Una vita dura

La vita del carcere è dura sotto tutti i punti di vista.
Sono convinta che chi sbaglia deve pagare, ma con dignità, con la possibilità di un recupero che purtroppo è faticoso

Fortunatamente tra i detenuti ci sono delle persone ricche di qualità umane, consapevoli della propria dignità, con una grande voglia di vivere e di dare senso anche al tempo della reclusione.

Troppi pregiudizi

Purtroppo la nostra società, ma anche molti cristiani, vive di pregiudizi e di ipocrisia, non pensa che tutti abbiamo la possibilità di sbagliare, che non è giusto condannare ed oltraggiare la dignità umana, che il “chiudere e buttare la chiave” non rieduca e neppure aiuta a sperare in un futuro migliore.
Andare in carcere è per me una ricchezza non solo umana, ma anche spirituale, una crescita, una possibilità in più per essere riconoscente al Signore per ogni sua grazia, per la famiglia e la Congregazione che mi ha donato, per le Educatrici, per il Personale penitenziario che si prende cura delle persone ristrette e per le persone che incontro e che con me condividono questa missione.

Sr. Rosangela Brioschi S.L.

 Adele Arlone

Innanzitutto voglio ringraziare chi ha avuto l’idea di dedicare una pagina ad un argomento così controverso e delicato come il carcere.

La mia esperienza con questo mondo è iniziata casualmente poco più di un anno fa. Da sempre ho sentito la spinta ad occuparmi degli ultimi, ma identificavo questi ultimi con i barboni, mai avevo pensato ai carcerati sino a quando una persona che conoscevo da anni, stimata, ha fatto qualcosa che si potrebbe definire colpo di testa per la sua assurdità e che la conduce a scontare una pena.

Uno shock

Sono rimasta scioccata da questo fatto che mai mi sarei aspettata e ho sentito che nessuno è più ultimo di un carcerato perché il barbone comunque ti ispira tenerezza e senso di protezione, il carcerato no. Diciamocelo francamente: del carcerato abbiamo paura. Abbiamo paura perché non sappiamo se rifarà il suo reato e se magari lo rifarà proprio su noi o su qualcuno che amiamo. Il carcerato, o ex carcerato, è colui che si porterà addosso per tutta la vita questo stigma e che purtroppo la disapprovazione sociale spesso ha l’unica conseguenza di condurre la persona a peggiorare, perché pensa che sia finita per lei e non potrà mai più riacquistarsi un posto nella società.

Un trafiletto sul giornale

Stavo riflettendo su queste cose quando leggo casualmente (qualcuno le definirebbe le Dioincidenze), un trafiletto sul giornale che stanno organizzando un corso per volontari in carcere. Io ho una vita complicata e non so bene come e quanto questo percorso si sarebbe potuto sviluppare, ma decido di iscrivermi al corso lo stesso perché sento un forte richiamo. Lo seguo tutto con estremo interesse, scoprendo un mondo di persone preparate e sensibili che cercano di occuparsi di questa realtà difficile.

La città che entra in carcere

Scopro che la nostra legislazione in questo campo è avanzata. Prevede percorsi formativi e riabilitativi per il recupero della persona, e soprattutto prevede che il carcere non sia una realtà staccata isolata nella città, ma ci siano dei gruppi organizzati di persone, i volontari, che entrano nel carcere con attività varie o anche solo per parlare, per instaurare relazioni di consolazione magari ma anche stimolanti a mio parere verso un modello di vita di tipo delinquenziale cui alcuni carcerati possono essere abituati, considerando del tutto normale vivere in quel modo perché altro non hanno visto.
Il corso, dopo averci spiegato bene la legislazione e le complesse regole carcerarie, dopo averci fatto conoscere alcune realtà di volontariato che ruotano intorno a quel mondo, termina con una visita al carcere stesso.

La vera realtà dietro le sbarre

Sapete quando si dice in carcere stanno bene, hanno pure la televisione, che vogliono di più? Beh, non è proprio così. Eravamo preparati che avremmo potuto essere impressionanti dal fatto che non si può aprire la porta davanti, se non è chiusa quella dietro, per cui ci si trova chiusi in piccoli spazi per alcuni momenti per cui non ho avuto particolari problemi per questo. Mi sono sentita tremare le gambe, invece, quando siamo arrivati alla cella in cui vengono custoditi appena arrivati, prima che il giudice dia disposizioni. Buia, senza nessun confort, con una piccola finestrella nella porta, molto piccola, più feritoia che finestrella con tanto di sbarre.
Ho immaginato cosa possa provare una persona quando viene rinchiusa in questa cella la prima volta e ci debba rimanere anche un paio di giorni. Il mondo crolla. Le forbici tagliano il filo che unisce alla vita fuori. Sei solo, forse per sempre.

Il rischio di cadere nel baratro

E gli unici amici, dopo quelle prime ore terribili, in cui puoi trovare un minimo di conforto e appoggio, sono persone rinchiuse come te, che magari sono più avanti di te nella via della criminalità e che ti insegneranno ad essere come loro. E tu che fai? Se indietro non puoi tornare, perché ti hanno tagliato i ponti, puoi solo andare avanti, con i tuoi nuovi amici e diventare peggiore di quello che eri prima forse. O meglio fare azioni peggiori. Le azioni sono peggiori, le persone non è detto.

Cose da considerare per gli aspiranti volontari

Per questo è molto importante che chi pensa di fare volontariato, prenda in considerazione anche questa realtà. Non perché siamo santi o illusi, no siamo persone concrete ed egoiste, che sanno bene che per ogni persona che decide di integrarsi nella nostra società, la vita migliorerà per tutti noi e per chi amiamo. Anche se lo sappiamo che non è che si dà, ci sarà dato. Tante volte i risultati saranno solo nella consapevolezza di avere addolcito dalle amarezze della vita per un attimo un cuore. E poi, come Dio, dobbiamo rispettare la libertà dell’altro, libertà anche di non volere cambiare vita, senza giudicarlo troppo perché quanti omicidi e furti commettono le persone normali ogni giorno. Uccisione delle possibilità di vita di qualcuno quando per invidia e stupidità e per emergere noi, cerchiamo di ostacolarlo nel lavoro. Furti di serenità quando sparliamo di qualcuno perché conduce una vita che non approviamo o che magari non abbiamo il coraggio di vivere noi. Ci sono reati che non sono iscritti nel codice penale per questo stanno fuori tanti che meriterebbero di stare dentro.

Infine, ma non da ultimo, per chi è credente, mi piace ricordare le parole del Vescovo alla proiezione del film, un anno fa, Aria Ferma. Poche parole, per non rubare la scena a nessuno, ma vibranti di Spirito Santo: “ è su queste cose che ci si gioca l’eternità”. Gesù non ha mai detto di andare a messa o che andrà in paradiso chi prega. Pregare ci fa bene e io stessa lo faccio con grande gioia, ma Gesù ci ha detto di accogliere gli ultimi, di visitare in particolare i carcerati tra gli ultimi (insieme con gli ammalati e spesso coincidono).

Come sostenere il servizio ai carcerati

Non tutti possono andare in carcere, ci vogliono autorizzazioni, ma Tavolo Carcere promuove molte iniziative per divulgare le conoscenze in questo campo e per raccogliere fondi che possano servire ad acquistare materiali per il carcere, e per queste iniziative c’è spazio per tutti. Si tratta di partecipare ad eventi con banchetti per vendere prodotti fatti dai carcerati come miele (buonissimo) o grembiulini molto graziosi. Ancora ci sono associazioni che si occupano di seguire l’ex carcerato nei suoi primi passi una volta uscito, o in permesso. Le scelte sono molte, a seconda del tempo e delle proprie inclinazioni. Se state leggendo, una predisposizione ce l’avete per cui pensateci. Un forte abbraccio a tutti.

Adele Arlone

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