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" Il paziente oncologico deve essere al centro dell'attenzione"

Intervista al direttore della Struttura complessa di Oncologia dell’Ospedale Sant’Andrea di Vercelli. A cura di Pierluigi Lamolea

" Il paziente oncologico deve essere al centro dell'attenzione"
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Laureata in medicina e chirurgia con 110 e lode all’Università del Piemonte Orientale, Chiara Saggia si è specializzata in Oncologia con 70 e lode, menzione e dignità di stampa all’Università di Torino. Autrice di oltre 130 pubblicazioni scientifiche, alcune delle quali divulgate su riviste internazionali e con un’eccellente esperienza presso l’Azienda ospedaliero universitaria Maggiore della Carità di Novara, dal primo dicembre 2022 all’età di 46 anni è direttore della Struttura complessa di Oncologia dell’Ospedale Sant’Andrea di Vercelli.

La missione

Da primario qual è stato il suo primo scopo da realizzare?

«Fare in modo che i pazienti di Vercelli e di Borgosesia abbiano le stesse possibilità e che tutti i farmaci prescrivibili in Italia secondo la regolamentazione dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) siano prontamente disponibili per i cittadini della nostra Azienda sanitaria locale».

Quali sono le peculiarità della Struttura complessa di Oncologia nei confronti dei pazienti?

«Ogni paziente è e deve essere sempre al centro dell’attenzione. Nel reparto che dirigo a Vercelli, rispetto ad altre realtà più grandi in cui la numerosità di pazienti non lo consente, voglio che sia rivolta particolare attenzione alle specificità di ogni malato sia dal punto di vista medico sia infermieristico e che si mantenga sempre un’elevata sensibilità e umanità, caratteristiche queste che devono contraddistinguerci».

Quali sono le patologie oncologiche di cui vi occupate?
«Ci occupiamo di tutte le patologie oncologiche per cui sono attivi i Gruppi interdisciplinari cure (GIC) come da regolamento della Rete oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta. Gli oncologi partecipano ai GIC e sono specializzati tra gli altri nella cura dei tumori della mammella, gastrointestinali, polmonari, ginecologici, testa e collo, urologici e nelle patologie dermatologiche. Inoltre abbiamo una fitta rete di contatti con altre specializzazioni non presenti come, per citarne una, la Chirurgia plastica e ricostruttiva dell’Azienda ospedaliero universitaria Maggiore della carità di Novara».

Quali le nuove terapie?
«Quasi ogni mese vengono registrati dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) nuovi farmaci tra cui ad esempio gli anticorpi farmaco-coniugati (ADC) che agiscono come chemioterapie a bersaglio guidato ormai sempre più utilizzati in molteplici neoplasie. Molte sono anche le nuove immunoterapie, le terapie intelligenti anche somministrate per via orale e molteplici nuovi farmaci che si possono anche associare alla vecchia chemioterapia. La continua ricerca scientifica segue la strada della personalizzazione del percorso di cura nei confronti di ogni singolo paziente».

Quali sono i suoi obiettivi professionali?
«La mia mission è quella di migliorare sempre di più il servizio che offriamo ai cittadini, di essere sempre presenti e di fornire un riferimento a tutte le persone bisognose. La parola paziente ha un significato doppio: si riferisce sia a chi ha una sofferenza derivante da una malattia e sia a chi opera con cura, con precisione e con costanza. Ecco, questo è il mio impegno».

Quali sono le iniziative per la prevenzione e per l’aiuto ai malati durante il periodo delle cure oncologiche?
«Sicuramente la personalizzazione delle cure passa anche attraverso l’attenzione alla qualità della vita dei pazienti e in questo senso cito la cuffia refrigerante per evitare la caduta dei capelli alle donne che si sottopongono alla chemioterapia; l’ospedale S. Andrea è il quinto in Piemonte che ne dispone, anche grazie alla donazione effettuata dalla famiglia Caretto e alla sensibilità dimostrata dalla Direzione generale. Ma anche la banca della parrucca, con il prezioso aiuto della Lega italiana per la lotta contro i tumori (LILT) di Vercelli; la caduta dei capelli oltre a generare una sofferenza psicologica aggiuntiva comporterebbe anche un costo oneroso per l’acquisto, non sempre sostenibile della parrucca. Non meno importante è la giornata della prevenzione che recentemente ha registrato oltre 300 richieste e 90 visite gratuite grazie alla collaborazione con tutti gli specialisti del GIC mammella. Il prossimo passo da raggiungere è l’apertura del reparto di degenza».

L’organizzazione sanitaria è idonea a rispondere in maniera tempestiva alla richiesta di cure dei pazienti?
«Mi piace chiamarla squadra perché soltanto tutti uniti possiamo raggiungere i traguardi. Per squadra intendo i sette oncologi, la caposala, il personale sanitario (infermieri e operatori socio sanitari) e il personale amministrativo che oltre a me lavorano nella Struttura complessa di Oncologia.
Grazie alla volontà e alla tenacia della direzione generale guidata dalla dottoressa Eva Colombo, stiamo cercando di assumere altri medici per consentire a breve l’attivazione della degenza.
Mi preme ricordare la presenza all’interno della Struttura complessa di Oncologia di Vercelli e di Borgosesia dell’importante struttura chiamata Centro di Accoglienza e Servizi (CAS) che è la porta d’ingresso del paziente: lo accoglie e lo segue in tutte le pratiche sia amministrative sia medico-infermieristiche. Il paziente con sospetto/nuova diagnosi di neoplasia non deve più preoccuparsi di prenotare ad esempio tomografie assiali computerizzate (TAC), risonanze, tomografie a emissione di positroni (PET) e altri esami specialistici: sarà la struttura a occuparsi del percorso diagnostico. Non meno importante è il progetto della Rete oncologica che è stato recentemente attivato presso il nostro CAS denominato Protezione Famiglie Fragili (PFF) che ha lo scopo di costruire una serie di supporti psicologici e sociali mirati al sostegno delle famiglie che hanno necessità di maggiore aiuto per la presenza di minori, disabili, disagi psichici, problemi economici e altre delicate criticità per affrontare la difficile esperienza della malattia.
La SC di Oncologia è organizzata con ambulatori suddivisi per patologie oncologiche: gli oncologi seguono i pazienti all’interno dei Gruppi interdisciplinari cure (CIG) che riuniscono medici di diverse specializzazioni e personale sanitario e amministrativo appartenente a differenti unità operative. Il fine ultimo per ogni paziente è di costruire un percorso diagnostico-terapeutico condiviso in maniera collegiale e interdisciplinare e prendersi carico della persona dall’inizio alla fine».

Nel corso degli anni è variata l’incidenza dei tumori e quali sono le aspettative rispetto alle cure?
«Negli ultimi anni l'incidenza delle principali neoplasie è in lieve incremento, il carcinoma mammario rappresenta la prima neoplasia per incidenza nella popolazione femminile e il carcinoma della prostata la prima neoplasia per incidenza nella popolazione maschile.
Grazie alle nuove terapie disponibili per tutte le neoplasie, dal carcinoma mammario, al carcinoma prostatico, al carcinoma del polmone, ai carcinomi del tratto gastroenterico, solo per citarne alcune, la prognosi è in costante miglioramento, sia come prospettiva di cura sia come probabilità di guarigione».

In ambito medico, soprattutto oncologico, i pazienti prima di affidarsi alle cure di un determinato specialista si rivolgono in più centri ospedalieri per raccogliere differenti pareri, per poi decidere. Cosa ne pensa?
«Vorrei evitare, se possibile, questo peregrinare che alimenta ancora di più l’ansia sia del malato sia dell’accompagnatore. Ci tengo a ripetere che è superato il rapporto duale tra paziente e medico. Le cure mediche a fronte di una determinata patologia oncologica sono condivise dai Gruppi interdisciplinari cure (GIC) che agiscono secondo le linee guida e i protocolli nazionali e internazionali che permettono al paziente di sentirsi sicuro e che lo assistono durante tutto il percorso di diagnosi e cura non facendolo mai sentire solo».

Studi universitari inglesi rilevano che le donne siano più veloci, più organizzate e che svolgano più attività contemporaneamente (multitasking) rispetto agli uomini. È così?
«Credo sia un dato oggettivo che in ambito professionale le donne facciano più fatica a emergere rispetto agli uomini; magari tra qualche anno le proporzioni potrebbero essere diverse o addirittura invertite anche se già oggi in ambito oncologico ci sono più donne. Forse noi donne abbiamo di più l’attitudine a prenderci cura dell’altro, a farci carico dei problemi e a trovare delle soluzioni in modalità collegiale, ma non credo si possa generalizzare. In linea generale ritengo che ogni sesso abbia i propri pregi e difetti e sono convinta che bisogna sapere, bisogna saper fare e bisogna saper essere, a prescindere dal sesso».

Quanto incide la vita professionale su quella personale?
«Le responsabilità più elevate dettano l’agenda del tempo e la vita personale rimane sempre un po' sacrificata, ma è sempre necessario trovare il giusto equilibrio».

Durante l’intervista è emersa l’indiscussa preparazione professionale unita alla determinazione nell’eloquio empatico, ma anche il garbo accompagnato alla non comune capacità organizzativa, qualità che unite all’esperienza professionale e alla virtù del discernimento (come l’animus inteso da Ippocrate) hanno condotto la dottoressa Chiara Saggia a ricoprire, tra i più giovani d’Italia, il ruolo apicale di primario nella delicata cabina di regia di Oncologia.

Pierluigi Lamolea

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