Testimonianza

I ragazzi di Piazza Mazzini cercano solo una vita dignitosa e sicura

"Fuggono dai talebani e dalla violenza per incontrare l'indifferenza dei più".

I ragazzi di Piazza Mazzini cercano solo una vita dignitosa e sicura
Pubblicato:

Nella foto di repertorio i profughi di piazza Mazzini sotto la pioggia in attesa di essere ricevuti in Questura.

Lo spettacolo che continua ormai da anni in piazza Mazzini è ormai cronico ed è ormai assodato che nessuna istituzione sul territorio ha intenzione di ospitarli in modo più dignitoso. Per ora almeno hanno dove dormire, ma le giornate, che prima o poi si faranno fredde, sono lunghe, senza quasi nessuno stimolo. Per fortuna che fra tanta indifferenza, se non fastidio, da parte della città ci sono dei volontari che cercano di aiutarli, ecco la testimonianza di una di loro, una professoressa, che ci fa entrare un po' più in profondità di questo "problema", dietro l'etichetta, però, ci sono le vite di tanti giovani, in fuga da condizioni di vita inumane che, dopo un lungo e pericoloso viaggio, si sono "spiaggiati" dietro la Questura di Vercelli, in attesa che vengano formalizzate le domande di asilo umanitario e scatti la loro assegnazione ai Cas.

Ecco il racconto di Daniela Carlone, membro del Coordinamento emergenza accoglienza che si prende cura di loro, da cui emerge ciò che troppo spesso non si vuole vedere. E l'appello finale, qualcuno che possa mettere a disposizione dei locali dove stare nei mesi freddi invece che nel parco, merita di essere accolto.

La testimonianza

Da qualche tempo, in particolare quest’estate, durante la lezione quotidiana di italiano che vede la partecipazione interessata e volonterosa dei ragazzi pakistani, da mesi stazionanti nel piccolo parco adiacente alla Questura, alcuni residenti passano indifferenti guardando dritto davanti a sé, altri si fermano, specie con bambini incuriositi, altri ancora invece, una minoranza in verità, mostrano disagio ed arrivano a protestare per la presenza di questi stranieri, oscillanti da una ventina a una trentina, occupanti una sia pur minima zona della nostra città.

Per chiarire, questi ragazzi non hanno un posto dove andare di giorno, anche se piove (pure di notte prima erano tutti costretti a dormire lì, da un po’ di tempo sono invece in parte ospitati alla Caritas e al dormitorio comunale); devono sostare, insieme alle loro poche povere cose, in quanto aspettano che un’impiegata della vicina Questura li chiami personalmente per concedere loro un appuntamento; se non li trova, questo salta.

La procedura burocratica

Infatti la procedura burocratica, dall’iniziale dichiarazione delle generalità, all’appuntamento per la domanda d’asilo, all’invio in centri di accoglienza straordinari, all’attesa del permesso di soggiorno, dopo il quale potranno lavorare trascorse alcune settimane, dura parecchi mesi. Alcuni, esasperati, vanno a tentare la fortuna altrove, mentre i più determinati restano, anche perché in un’altra città dovrebbero ricominciare l’attesa da zero. Dopo tutto ciò, trascorsi anche alcuni anni, saranno intervistati da una Commissione territoriale che deciderà se lasciarli stare in Italia o no.

Alcuni cittadini li accusano di non lavorare, di dormire ed in più di essere aiutati dai volontari: non lavorano non perché non vogliano (alcuni hanno lasciato non solo genitori e fratelli, ma pure moglie e figli in patria), ma perché non è loro consentito, fino a che non riceveranno il permesso di soggiorno che è successivo, dopo parecchie settimane, al loro ingresso in comunità di accoglienza.

Arrivati a piedi

Hanno dormito specie nelle ore calde, sempre in compagnia di zanzare e formiche, per sopportare l’afa di questa estate torrida, come probabilmente noi, se non dobbiamo lavorare nel primo pomeriggio (e alcuni dormono ancora di notte, perché i posti a disposizione sono tutti occupati)
Se ne prendono cura alcuni volontari per fortuna, perché sono soli, in un paese lontano migliaia di km. dal loro, paese di cui non conoscono la lingua, le leggi, le usanze, i centri di aiuto, come ad esempio quelli di distribuzione di vestiti usati; sono arrivati a piedi e con mezzi di fortuna strapagati ai trafficanti con lavori saltuari durante il viaggio durato mesi od anni lungo la pericolosa rotta balcanica ;sono stati picchiati e derubati dei vestiti e dei cellulari da alcune polizie di frontiera, specialmente l’ungherese e respinti parecchie volte dai confini.

In fuga da talebani e angherie

In Pakistan, oltre alla povertà, dovuta alla corruzione del governo, esistono gruppi terroristici nelle zone di confine con l’Afghanistan e l’India, tra cui i Talebani: questi gruppi non solo si combattono tra loro, ma cercano forzatamente di coinvolgere i giovani nelle loro attività ed anche per questo motivo essi fuggono in cerca di un vita pacifica e dignitosa.

In 21 hanno finora superato con successo gli esami di ammissione alla scuola di italiano C.P.I.A. per la loro integrazione.

Dunque, guardiamoli con un po’ di comprensione, se non di simpatia.

Stiamo cercando locali per ripararli nella stagione fredda. Chi li può aiutare?

 

Seguici sui nostri canali