Riprende la tradizione della benedizione degli animali
Quest’anno la ricorrenza sarà celebrata nella chiesa di Santa Maria Maggiore, in via Duomo, lunedì 17 gennaio.
Foto archivio
Lunedì prossimo, 17 gennaio, ricorre la festa di S. Antonio abate, detto anche il Grande, padre dei monaci e asceta del deserto. E’ tradizione che il santo patrono degli animali domestici venga ogni anno ricordato già a partire dai giorni precedenti la ricorrenza con funzioni quotidiane che culminano, nel giorno a lui dedicato, con la benedizioni degli animali e la distribuzione del pane benedetto.
Cambio location
Queste funzioni sono sempre state celebrate nella chiesa dedicata al Santo e sede dell’omonima Confraternita, in vicolo S. Antonio; quest’anno la ricorrenza sarà invece celebrata nella chiesa di Santa Maria Maggiore, in via Duomo, più grande e quindi, pur nell’osservanza delle regole di distanziamento imposte dalla normativa sanitaria vigente, capace di ospitare un maggior numero di persone e di piccoli animali rispetto all’altra.
Come si ricorderà, lo scorso anno, e per la prima volta da che si ha traccia di questa ricorrenza negli annali della Confraternita, a causa della fase pandemica acuta la festa era stata annullata. «Quest’anno – dice il priore della Confraternita, Giulio Pretti – abbiamo voluto riprendere la tradizione mettendo in essere quelle modifiche necessarie a garantire la sicurezza dei partecipati nel rispetto delle regole anti-Covid. Le funzioni saranno quindi concentrate in una sola giornata, quella di lunedì 17 gennaio, e si svolgeranno nella chiesa concattedrale di Santa Maria Maggiore anziché nella chiesa di S. Antonio».
Il programma
Questo è il programma della giornata: alle 10 benedizione del pane e inizio della sua distribuzione; alle 11 benedizione degli animali; alle 16 distribuzione del pane benedetto; alle 17 benedizione degli animali e infine, alle 18, celebrazione della messa officiata da mons. Giuseppe Cavallone.
Un po' di storia
Antonio abate è uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa. Nato a Coma, nel cuore dell'Egitto, intorno al 250, a vent'anni abbandonò ogni cosa per vivere dapprima in una plaga deserta e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse vita anacoretica per più di 80 anni: morì, infatti, ultracentenario nel 356. Successivamente il Papa accordò agli Antoniani il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade; nessuno li toccava se portavano una campanella di riconoscimento.
Il loro grasso veniva usato per curare l’ergotismo, che venne chiamato “il male di s. Antonio” e poi “fuoco di s. Antonio”. Per questo motivo, nella religiosità popolare, il maiale cominciò ad essere associato al grande eremita egiziano, poi considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla.
S. Antonio Abate è anche il patrono di quanti lavorano con il fuoco, come i pompieri, perché guariva da quel fuoco metaforico che era l’herpes zoster. Ancora oggi il 17 gennaio, specie nei paesi agricoli e nelle cascine, si usano accendere i cosiddetti “focarazzi” o “ceppi” o “falò di sant’Antonio”, che avevano una funzione purificatrice e fecondatrice, come tutti i fuochi che segnavano il passaggio dall’inverno alla imminente primavera.