ARTE: istruzioni per entrare nel campo del vicino
Una riflessione critica su un ulteriore grande evento espositivo di respiro internazionale in corso a Vercelli.
Una riflessione critica su un ulteriore grande evento espositivo di respiro internazionale in corso a Vercelli.
«Nel Campo del Vicino» per coltivare il rispetto e la comune spiritualità. Questo il senso della rassegna di arte contemporanea fortemente voluta da «Studio Dieci» e che coinvolge l’arcidiocesi di Vercelli (tramite l’Ufficio Beni Culturali) e la Comunità Ebraica. Patrocini di Regione Piemonte, Comune e Provincia di Vercelli, Atl Valsesia - Vercelli. Per chi segue l'arte contemporanea pubblichiamo riflessioni su quanto visto nella chiesa di San Vittore, prossimamente analogo servizio per "Studio Dieci" e "Sinagoga". Chi vuole saltare questa parte può andare direttamente alla parte informativa.
E' sempre difficile spiegare ai lettori l'arte contemporanea, perché spesso non offre una gratificazione estetica immediata e risulta anche incomprensibile a uno sguardo veloce. Questo è il punto, l'arte contemporanea (non esclusivamente ma spesso) chiama il fruitore a essere parte del percorso mentale dell'artista e, dunque, l'installazione o l'opera vanno “lette” a lungo. Del resto, il più delle volte, chi ha creato l'oggetto artistico non vuole dare risposte, ma suscitare domande e, dunque, il significato che il visitatore finisce per trovare è solo suo, prodotto delle proprie esperienze. Tale meccanismo è importante perché suscita energie di pensiero, smuove dei blocchi mentali.
Questo pistolotto iniziale è fondamentale per accostarsi nel modo giusto a “Nel campo del vicino”. Esposizione in tre spazi: ex Chiesa di San Vittore (largo Dazzo), Studio Dieci (via Verdi) e Sinagoga (via Foa). Il progetto abbraccia due grandi tradizioni spirituali: quella cristiana e quella ebraica, per cui artisti delle due culture occupano entrambi gli spazi ( i campi). Opere ebraiche in una chiesa e opere “cristiane” al tempio israelitico. “Studio Dieci” è un terzo campo, quello della laicità. Attenzione, non si tratta di “opere confessionali” o di “arte sacra” ma di “sacralità dell'arte”, il che è naturalmente ben diverso, L'artista è una persona che cerca, cerca risposte ai grandi temi filosofici, ma anche a piccole questioni quotidiane, è il curioso che esplora, a volte è anche il dissacratore... colui che provoca per superare un limite, è la coscienza della società, ma anche un personaggio scomodo, che ne mostra gli abissi più neri.
I messaggi che l'esposizione lancia sono spiegati con passione da Dario Arkel nel video e non li ripeterò, prendo però in prestito l'idea di “cammino”. Chi visita la mostra compie un percorso, che può partire sia da San Vittore che dalla Sinagoga, un percorso che passa nel cuore della città. Non è solo un tracciato su una mappa, ma è anche un viaggio nel tempo. Bisogna pensare alle strade del ghetto, per esempio, alle persone che l'hanno abitato e poi ricordarsi perché non ci sono più. Oppure al fatto storico che nel cammino troviamo così tante chiese. Il percorso mentale che si innesca da quello fisico è ancora una cosa buona, un esercizio auspicato dalle curatrici del progetto.
Ultimo aspetto, all'inaugurazione di sabato scorso era presente una delegazione di artisti israeliani che sono stati fraternamente accolti dai colleghi locali e italiani. Se ne sono andati via con l'immagine di una città polo dell'arte contemporanea, viva e propositiva, inserita in una comunità artistica assai vasta geograficamente. E questo non è irrilevante.
Nel merito dell'esposizione sottolineo tre interventi, non per una classifica, ma per trasmettere delle emozioni/suggestioni.
La grande sala di San Vittore, gioiello barocco ma allo stesso tempo austero, accoglie il visitatore con l'offerta di Adriano Campisi, (“Orizzonti e confini”) due griglie con grandi ciotole bianche, c'è il senso di confine e l'orizzonte sta in questa possibilità di riempire gli spazi vuoti con l'acqua dell'accoglienza, un tema molto attuale. La video installazione di Inbal Hofmann, “Rooting” è un lavoro di grande raffinatezza. Il soggetto del video è un'installazione, un barattolo di vetro con dentro una radice, che ruota lentamente. Come sonoro confusione e voci, che potrebbero essere tante cose, le persone che guardano l'opera rappresentata, oppure echi di una stazione dove transitano passeggeri o forse da dove si stanno deportando delle persone. La leggerezza è invece l'anima del lavoro di Federica Gonnelli, “Equilibrio di confine”. Sono delle stampe su una specie di rete, per cui si vede attraverso e si vede nei due sensi, verso la stessa opera, oppure se ci si posiziona fra le due “reti” si vede oltre, le persone che entrano nella saletta dove è presente l'installazione. Il tema del confine è naturalmente centrale, visto che si parla di “campo del vicino”. Altra parola chiave è “rispetto”, non si invade il campo altrui, ma si apre il proprio al “compagno di viaggio”. Le identità rimangono tali, con le loro storie, ma anche con la certezza che siamo insieme in questo peregrinare nel tempo più che nello spazio. Il messaggio ecumenico che si lancia non è riservato alle due grandi culture che hanno la Bibbia in comune ma a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, capaci di vedere la sacralità della vita a prescindere da una o dall'altra tradizione di Fede.
Presenti all’inaugurazione le curatrici Carla Crosio e Margherita Levo Rosenberg, l'intellettuale genovese Dario Arkel, il critico d’arte Roberto Mastroianni, l’assessore Andrea Raineri, il “padrone di casa” Daniele De Luca, Diego Pasqualin, direttore artistico di «Studio 10», Elio Carmi in rappresentanza della Comunità Ebraica di Casale e gran parte degli artisti. Espongono: Osnat Belkind Scheps, Arie Berkovitz, Adriano Campisi, Gianni Caruso, Carla Crosio, Raffaella Formenti, Roberto Gianinetti, Robert Gligorov, Federica Gonnelli, Zoe Grindea, Rosaria Iazzetta, Margherita Levo Rosenberg, Virginia Monteverde, Tali Navon, Inball Ofmann, Claudio Rotta Loria, Tamar Sheaffer, Tal Shoshan, Tea Taramino, Meir Tatì, Josyane Vanounou, Moshe Vollach. Come evento collaterale anche una mostra a cura di Emilio Ingenito, «I figli del sonno». Mostre visitabili da venerdì a domenica, dalle 16 alle 19 o su prenotazione.