«Giro il mondo a caccia di onde, ma solo in Brasile sono a casa»
Fabio Fanzini è un’autorità del «Kitesurf» a livello mondiale.
L’amore per il “Kitesurf ” (il surf ma praticato appesi al deltaplano) lo ha portato a cavalcare le onde di mezzo mondo, è la storia di Fabio Fanzini (34 anni al 20 maggio), che ora vive in uno dei posti più esclusivi della Sardegna a coltivare la sua passione. «Appena terminate le scuole - racconta Fabio - ho lavorato alla CM, ma la voglia di andare via da Trino era molta e da tempo, mi ritagliavo un po' di libertà il fine settimana, per praticare i miei amati sport (skate, snowboard e kitesurf l’amore più grande), ma non era abbastanza. Finalmente l’occasione arrivò, un posto come assistente in una scuola di kitesurf ad Oristano: da lì è iniziato tutto».
L'inizio
Dopo la stagione estiva, alla fine di ottobre del 2008 ho preso un biglietto di sola andata per il Brasile, precisamente per Sao Miguel do Gostoso, dove si svolgevano le selezioni per diventare istruttore internazionale di kitesurf. Passate le selezioni e dopo tre splendidi mesi in Brasile sono tornato a Oristano per la stagione estiva e per prendere il secondo brevetto internazionale. Da qui è partito un nuovo capitolo. Ho lavorato in Brasile, Argentina, Fuerteventura, Capo Verde, Grecia, Tarifa, Portogallo, Baja California, Lago di Garda e ovviamente Sardegna, tra scuole di kitesurf, sponsor, pubblicità e qualche gara. Da quest’anno avrò la gestione della scuola di kitesurf del mio responsabile, a Porto Pollo, Palau. È uno dei miei progetti futuri, oltre a quello di allenare ragazzi dai 13 anni in su, per le competizioni di “Kite”, attività che peraltro sto già facendo da alcuni anni. Ho portato a casa ottimi risultati: ho una squadra di juniores tra i primi dieci “Rider ” al mondo».
L'amore per il Brasile
Quali sono state le esperienze che ricordi con piacere? «Il Brasile mi ha fatto innamorare dal primo giorno: le condizioni per surfare sono perfette, onde e vento perfetto tutti giorni praticamente una palestra. Ma le cose che mi ha fatto innamorare sono stati i colori, la musica, la “capoeira” (che tutt’ora pratico), le semplicità e il sorriso delle persone: tutti salutano con il pollice alzato che dicono “beleza pura irmao”, che significa “bellezza pura fratello”. La cosa che ogni volta mi colpisce è il profumo del Brasile, credo che ogni posto nel mondo abbia il suo, quello del Brasile è inconfondibile, ogni volta che atterro con l'aereo e si aprono le porte, sento quel profumo e penso: sono tornato a casa. Lo sento mio, per tutti questi motivi e, quando sono in giro che lavoro, tutti mi chiedono se sono brasiliano e mi fa molto piacere».
Una famiglia
Un aneddoto simpatico? «Ero a Taiba nello stato del Cèara, per allenarmi in laguna. Al proprietario
del chiringuito che vendeva bibite e coxinhas (un impasto fritto di riso e pollo) il nostro amico Edu, avevano ucciso il gatto Pinky Floydi. Io e Betinho (Roberto il mio fratello brasiliano) siamo andati in Favela a casa di una signora che aveva dei gattini e ne abbiamo preso uno uguale a Pinky Floydi. Glielo abbiamo portato e, giuro, non ho mai visto piangere una persona per un semplice gesto, solo a pensarci mi viene la pelle d'oca. Ho passato moltissimi giorni di Natale o San Silvestro, in Favelas, a casa di amici. Senza soldi, ma con tanti sogni, sono stati i più belli della mia vita e ce ne saranno altri sicuramente».
Il virus
Come hai vissuto il lockdown? «Ovviamente non ha aiutato il mio settore e il fatto di non essere libero di viaggiare e allenare liberamente i miei ragazzi mi ha depresso. Ma grazie a Dio c’è il mare che mi tira su il morale, sono sicuro di ripartire alla grande con la stagione estiva e con tanti progetti nuovi. Raccontandoti queste storie mi è scesa qualche lacrima, come si suol dire “Tenho muita saudade do meu Brasil”, ma tornerò presto a trovare la mia Galera (i miei amici)».
Riccardo Coletto