MISTERI DEL VERCELLESE: impatti dal cielo

Riproproniamo un servizio su due casi di caduta di meteore in zona, uno presunto ma dimostrato risalente alle ere... un altro molto più vicino ai giorni nostri

MISTERI DEL VERCELLESE: impatti dal cielo
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Riproproniamo un servizio su due casi di caduta di meteore in zona, uno presunto ma dimostrato risalente alle ere... un altro molto più vicino ai giorni nostri

Riprendiamo da un servizio del giornale di qualche tempo fa due episodi legati a meteore cadute sul nostro territorio.

Il primo impatto risulta da uno studio dell'archeologo Dario Gaviglio, il quale ebbe modo di ricostruire l'attivita siderurgica dell'epoca romana, partendo da un chiodo dell'epoca e poi studiando le pietraie del Parco della Bessa.

Gaviglio e i suoi ricercatori avanzarono diverse ipotesi, che quei materiali provenissero dall’isola d’Elba? Poco probabile. Infine i Gaviglio riuscirono, con un colpo dei loro, a venire a capo della cosa, ricorrendo nientemeno che all’Unione Sovietica! Sì, avete capito bene, proprio negli anni degli “euromissili” i combattivi vercellesi richiedono ed ottengono dall’agenzia spaziale russa delle foto satellitari del nostro territorio.
«In tali foto erano ben evidenti delle chiazze nerastre nell’area della “Bessa”, ipotizzammo allora che fossero le tracce di meteore cadute in epoche antiche, da ciò che siamo venuti a sapere sarebbero impatti di milioni di anni fa. La composizione chimica del materiale è compatibile ed ugualmente potrebbe anche in parte derivare dalle eruzioni degli antichi vulcani della nostra zona».
Gaviglio ha portato in redazione una boccetta con dentro questa polvere nera, con una calamita ecco che viene dimostrata la natura ferrosa della sostanza che per perdersi nelle nostre plaghe ha percorso miliardi di miglia nello spazio, per poi bruciare nell’atmosfera.
«I depositi sono imponenti nell’Elvo e in altri torrenti andando verso il Biellese, ma abbiamo trovato uno strato significativo anche vicino a Caresanablot».
La scoperta archeologica è importante: si dimostrò infatti che i romani avevano prodotto del proto acciaio, un materiale poi sviluppato a partire dal 1883 in Inghilterra. Ed è curioso notare che analoghe scoperte fatte in Egitto in anni recentissimi hanno avuto una grande eco nell’ambiente archeologico.
«Possiamo dire onestamente - sottolinea l’archeologo vercellese - di essere stati noi i primi a parlare di acciai antichi di origine meteoritica. All’epoca ci fu molto fermento negli ambienti della ricerca archeologica, ma per vari motivi vigeva un po’ la consegna del silenzio da parte della Soprintendenza, non se ne doveva parlare... ma noi siamo stati i pionieri di questo tipo di indagini».

Ma c’è un ulteriore aspetto da sottolineare l’eventuale rapporto con la salute. «Ai tempi - conclude Gaviglio - avevamo suggerito di monitorare l’eventuale effetto del nichel sulle popolazioni della nostra zona. Ricordo che se ne parlò anche in un convegno a Tronzano. Il rischio, infatti, è che il nichel meteoritico, attaccato dai diserbanti, possa raggiungere la falda dell’acqua potabile ed è comunque possibile un suo accumulo nel riso, nei vegetali e animali».

E vediamo invece il caso della meteora, molto più recente, caduta a Motta de' Conti.

Nel catalogo delle meteoriti cadute in Italia ritroviamo un impatto vercellese. Il 29 febbraio del 1868, alle 11 di mattina, vicino a Motta de’ Conti, il pezzo ritrovato è di circa 10 kg, oggi è conservata al Museo di Storia Naturale di Torino. In realtà caddero diversi frammenti in un’area vasta, pare anche a Caresana, dove però non venne ritrovato nulla. Nel 2010 ci fu un importante convegno per i 142 anni dalla caduta, è considerata una delle meteore più importanti d’Italia. Ogni anno sono circa 500 i “bolidi” delle dimensioni di una palla di baseball che toccano il suolo, ma sono migliaia di tonnellate le polveri, come quelle di cui parla Gaviglio, che cadono sul nostro pianeta dallo spazio. In questo modo, forse sulle polveri delle comete, alcuni scienziati ritengono si sia stabilita la vita sulla terra. Le comete sarebbero, secondo questa teoria, le inseminatrici dell’universo. Una materia affascinante che sembra distante eppure potrebbe persino incidere sulla nostra salute e riguarda da vicino anche il Vercellese.

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