Pollice verde

Il valore educativo dell’orto per riavvicinarci alla natura

Con Natale Castagna di Novatex abbiamo riflettuto sui risvolti sociali e ambientali di un’attività nata per necessità e oggi vissuta come hobby e passione.

Il valore educativo dell’orto per riavvicinarci alla natura
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«L’orto domestico è il primo passo per riavvicinare tutti alla natura, quando per ragioni di prevenzione Covid non possiamo usufruire degli spazi all’aperto. Aldilà dei risultati che raggiungeremo con il nostro orto, che ci auguriamo saranno per tutti bellissimi, è fondamentale riassaporare l’approccio alla vita, assistere alla nascita e alla crescita di qualcosa, in questo caso di una pianta. Indubbiamente è un gesto di grande valore educativo, ancora di più se partecipato da tutta la famiglia».

Condividiamo pienamente le parole di Natale Castagna, presidente di Novatex Italia, nostro partner nell’iniziativa “Facciamo l’orto in casa”, con cui abbiamo nuovamente riflettuto sul valore di questa attività. Nel tempo, se non nella storia, il significato dell’orto è certamente cambiato.

L’orto per riavvicinarci alla natura

«Durante le due Guerre Mondiali l’utilità e la diffusione degli orti divenne ancora più importante, e in Italia, soprattutto nei centri urbani vennero chiamati “orti di guerra”. Anche nel secondo Dopoguerra la necessità alimentare fu così forte da tenere viva la tradizione dell’orto, tramandata poi di generazione in generazione. Divenuta oggi una passione e un hobby per chi ha continuato, un modo per stare all’aria aperta. L’orto non è solo per chi se lo può permettere, perché ha un giardino grande o una seconda casa in campagna, ma è diventata un’occasione e un bisogno per tutti».

Il cambiamento dei nostri territori ha influito sulla perdita di questo legame?

«Molti di noi erano abituati all’orto che i nonni coltivavano vicino casa. L’urbanizzazione e un diverso stile di vita hanno portato a perdere questa tradizione, che però in alcuni paesi per fortuna è rimasta. Nei centri urbani, poi, c’è stato negli ultimi decenni un risveglio di questa tradizione con l’utilizzo degli orti con finalità sociali, ad esempio dedicati a pensionati e anziani. E man mano si è riscoperta l’esigenza di spazi verdi. Un’esigenza ancora più sentita in questo tempo di Covid. Sarebbe bello che questa nuova sensibilità si facesse largo tra i ragazzi e attraverso la scuola si potesse promuovere ulteriormente la sensibilità verso il verde, non solo come utilizzo di parchi, ma come rispetto e conoscenza della natura».

Erano stati proprio i giovani ha riportare alla ribalta questi temi, pensiamo al movimento iniziato da Greta Thunberg con gli scioperi per il clima.

«L’emergenza Covid ha spostato l’attenzione da questi temi, ma ha risvegliato la necessità di spazio, il bisogno di stare all’aperto. Tutte cose che si ricollegano all’ambiente e al rispetto della natura. Con tante contraddizioni, come il maggiore utilizzo dell’automobile e le conseguenze sull’inquinamento. Ma la pandemia ci ha portato a riflettere su alcuni valori dimenticati e sul nostro stile di vita troppo veloce. Siamo sinceri, il Covid ci ha rimesso con i piedi per terra. Bill Gates, che aveva in qualche modo previsto l’attuale pandemia, ha segnalato che il mondo ne dovrà affrontare altre. Una è certamente legata al cambiamento climatico, ancora più pericolosa di quella che stiamo combattendo oggi. Il verde diverrà una necessità vitale e per questo non potrà essere isolato a un solo discorso a spot, ma dovrà diventare un pilastro del processo educativo che coinvolga i più piccoli e le scuole».

Quello degli orti nelle scuole può essere un progetto interessante?

«Un progetto dell’Università del Texas ha dimostrato che i bambini che partecipano agli orti a scuola sono più predisposti al consumo di verdure: veder crescere ciò che hanno coltivato non solo ha uno scopo didattico, ma anche educativo in termini di alimentazione. L’ex first lady Michelle Obama aveva spinto molto sul fattore educativo di far coltivare l’orto ai bambini, soprattutto per combattere i problemi di obesità nei giovani americani».

La sensibilità verso la natura e il mondo agricolo sono in crescita?

«E’ interessante notare come i programmi televisivi dedicati alla natura e all’agricoltura siano molto seguiti. Questo settore è uno dei fondamentali del processo economico e rappresenta una risorsa molto importante del mondo del lavoro, che si innova continuamente affrontando con entusiasmo anche la digitalizzazione. Gli agricoltori sono da sempre molto sensibili ai temi ambientali, ai cambiamenti climatici. L’agricoltura è un mondo dal passo lento ma costante, che quindi potrà contribuire a sensibilizzare tutti i cittadini».

Tutti dobbiamo fare la nostra parte…

«La natura non si dimentica mai, se la maltratti ti restituisce tutto e chiederà pesanti interessi. Se non la curiamo diligentemente, prima o poi presenterà il conto e noi ne pagheremo le conseguenze. Purtroppo i documentari non bastano a farci rendere conto di cosa significhino la deforestazione dell’Amazzonia, lo scioglimento dei ghiacci polari, il crollo di un ghiacciaio sull’Himalaya… Gli effetti del cambiamento climatico ci sono ma non li sentiamo ancora vicini, finché non ci toccano direttamente come un’alluvione causata da un piccolo e insignificante corso d’acqua».

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