Alberto Cucco: da Vercelli a Tientsin per studiare la medicina tradizionale cinese
Con grande perseveranza ha lasciato l'Italia, ha perfezionato la lingua e si è integrato.
Nella foto il vercellese Alberto Cucco durante un seminario in Cina.
Il mondo è a portata di mano dei giovani. Basta impegnarsi e tante porte si possono aprire. Certamente, però, il caso di Alberto Cucco si stacca dalle esperienze di lavoro o studio all’estero di tanti e denota una grande capacità di adattamento a una realtà sociale molto diversa dalla nostra.
Alberto, 24 anni, è infatti al quinto anno d’università in Cina e vuole diventare me- dico. Ma non un medico qualsiasi, uno specializzato in Medicina Tradizionale Cinese. Studia alla University of Traditional Chinese Medicine (TUTCM) della città di Tianjin (nota in occidente come Tientsin). Si trova nel grande Paese dal 2015, parla correntemente cinese e si è integrato pienamente.
Percorso di avvicinamento
Da dove arriva questa scelta?
«Al Liceo Scientifico di Vercelli, dove ho studiato - racconta Alberto - venne proposto un corso opzionale di lingua cinese, incuriosito lo frequentai, conseguendo la certificazione B1. Ho poi maturato interesse per la cultura di quel Paese e in particolare per la Medicina Tradizionale Cinese, mi sarebbe piaciuto andarla a studiare in Cina, ma non sapevo se fosse possibile.
Dopo il diploma, nell’estate del 2015, grazie alla borsa di studio “Master dei talenti”, ho avuto modo di compiere un’esperienza di tre mesi in Spagna, che non aveva nulla a che fare con la Cina... ho lavorato in un museo d’arte espressionista.
Però in quel soggiorno ho conosciuto un ragazzo spagnolo che aveva trovato il modo di andare a lavorare in Cina. Grazie a lui sono venuto in contatto con un’agenzia che ha poi reso possibile il mio trasferimento.
Le prime tappe
La prima tappa è stata a Shangai, come ragazzo alla pari, ero presso una famiglia. Insegnavo inglese alla loro bambina e nel frattempo ho perfezionato la lingua, arrivando alla certificazione B2, che è obbligatoria per potersi iscrivere in un’università.
La seconda città in cui ho vissuto - continua - è stata Dongying, un “piccolo” centro da 2 milioni di abitanti nella regione dello Shan Dong, sulla costa orientale; altri sei mesi in cui ho insegnato inglese in un asilo privato. Vivevo con altri stranieri: europei, russi, sudamericani, i più non si ambientavano e se ne andavano presto, a me, invece, è sempre piaciuto vivere in Cina. Non tanto a Shangai, però, perché è una metropoli che non è né cinese né occidentale...».
Come ti trovi con i cinesi?
«Sono persone educate e cortesi, se parli la lingua superi subito l’iniziale diffidenza ed entri in sintonia con loro».
Studente di Medicina Tradizionale Cinese
Poi l’arrivo in università...
«Sì, finalmente sono stato ammesso nel 2016 e sono andato a vivere a Tianjin. Mi piace a questo proposito fare una digressione storica. La città si trova a1 20 Km a SudEst di Pechino, in passato è stata il porto della capitale imperiale e poi una “sentinella” a sua protezione. Il nome della città significa “Guado Celeste”, si dice perché un Imperatore che stava fuggendo verso Pechino guadò il fiume della città per portarsi in salvo. Si tratta dunque di una città storica, che poi fu coinvolta anche nelle “Guerre dell’oppio” nel XIX secolo. E’ assai particolare, infatti, di solito. i centri abitati cinesi sono squadrati, costruiti a scacchiera, con vie rettilinee che si incrociano. Qui invece il centro cittadino è più tortuoso e segue il corso del fiume. Altra caratteristica della è la presenza di diversi attori comici che hanno grande successo in Cina, la comicità è una tradizione moderna del posto».
Veniamo al tuo corso di studi, ce ne puoi parlare?
«Alla Tianjin University of Traditional Chinese Medicine cercano di armonizzare le cure secolari con la medicina moderna, qui, ad esempio, è stata sviluppata una famosa ed efficace terapia di agopuntura per l’ictus. Dopo la laurea, nel maggio 2021, credo che proseguirò con altri tre anni di specializzazione. Mi piacerebbe svolgere una ricerca specifica sul rapporto tra le condizioni delle ambiente e la salute psicofisica».
Ma la tua laurea in occidente sarebbe valida?
«No, se volessi operare come medico in Italia dovrei farmi altri sei anni di università, non è escluso che lo faccia. Peraltro in diversi paesi europei è però possibile esercitare come “agopuntore”».
Una scienza antichissima
E circa la Medicina Cinese in sé che ci dici?
«E’ una scienza empirica che nasce però da concezioni filosofiche tipicamente Taoiste, infatti ho dovuto studiare anche il cinese antico, più complicato e diverso nella grammatica, per poter leggere i testi più vecchi.
Il corpo umano è stato diviso in canali che corrispondono ai flussi energetici e ci sono diversi punti sui quali agire, con l’agopuntura, ma non solo, per ottenere effetti curativi. Al momento solo una parte di questi meccanismi sono stati chiariti con criteri scientifici, però la Medicina Tradizionale Cinese funziona effettivamente.
L’ambizione degli studiosi è arrivare a spiegare tutto alla luce delle teorie “ortodosse”. Sono metodi di diagnosi e cu- ra diversi, che però si possono integrare. Devo dire che sin dal primo anno di Università faccio molte ore di pratica sul campo, con i malati e questo è stato molto utile. Altri metodi oltre all’agopuntura sono i massaggi, l’erboristeria cine- se, che fa uso anche di minerali, il cupping di fuoco, sono piccole “tazze” in cui il vuoto viene creato col fuoco e che poi aderiscono alla pelle, possono essere applicate in punti o spostate lungo il corpo, ci sono poi dei massaggi per le ossa. Da noi è nota quasi solo l’agopuntura».
Il Covid-19
«Ero in Italia quando in Cina sono scattate le misure di contenimento. Nella zona della mia Università non hanno avuto problemi. Piuttosto... mi ha fatto piacere, quando l’Italia era il paese più colpito, ricevere ogni giorno chiamate e messaggi da parte di professori, amici, conoscenti, che mi chiedevano come stavo e notizie della situazione. Davvero carinissimi.
Non potendo tornare fisicamente in Cina ho proseguito gli studi con la didattica a distanza. Ho dovuto chiedere una dispensa particolare per disporre delle lezioni in differita... per via del fuso orario. Al momento non so ancora quando potrò tornare».
La vita quotidiana
Parliamo un po’ della vita in Cina, hai patito la limitazione di certe libertà?
«Devo dire che personalmente non sento nessun peso di questo tipo. Se ti comporti da persona civile sei libero di muoverti senza grossi problemi. Facebook e Whatsapp sono sottoposti a limitazioni, ma se si vuole, tramite Vpn, ci si può collegare e molti cinesi lo fanno senza problemi. Loro hanno tutta una serie di social locali, come “Tik-Tok”, la nota piattaforma video, oggi tanto chiacchierata. Alle autorità cinesi non piace che dati di cittadini e imprese siano fisicamente in server Usa, esattamente ciò che pensano gli americani per i prodotti cinesi».
La tecnologia è comunque molto diffusa...
«Certamente, io non uso più il portafogli. I pagamenti si fanno tutti con smartphone ed è molto semplice, il telefono è la sola cosa essenziale. Peraltro si va già diffondendo il sistema di pagamento con riconoscimento facciale, è applicato persino alle macchinette che distribuiscono le bibite... Io per ora non la uso, preferisco dal telefono, ma sta diventando popolare».
E la vita sociale?
«Ho tantissimi amici, essenzialmente nel mondo universitario, ma anche fuori, ci sono associazioni studentesche per ogni attività sportiva e culturale, si paga una cifra simbolica all’inizio per aderire. C’è un proverbio cinese che dice: “La foresta è grande e si trovano diversi tipi di uccelli”. C’è molta varietà. Riguardo il costo della vita è più basso che in Italia, ci sono grandi centri commerciali come in occidente e si può avere ogni tipo di prodotto. Anche se io preferisco comprare nei negozietti del paese dove risiedo».
Rispetto di altre culture
E le libertà religiose?
«In Cina si possono professare diverse fedi e di solito non ci sono problemi. C’è una situazione critica con gli islamici Iuguri, ma è una realtà particolare. Un mio amico che va benissimo negli studi è stato notato dalle autorità e invitato ad entrare nel Partito Comunista, con buone possibilità di carriera. Ha rifiutato perché convinto Buddista, ma non ha avuto ritorsioni di nessun tipo. In generale la spiritualità millenaria di questa terra è ben presente e si avverte».
Parlavamo delle etnie, dei rapporti con i Musulmani...
«Nella mia università c’è un’intera mensa di tre piani dedicata agli islamici, rispettando le loro prescrizioni alimentari, viene infatti proposto il menù “halal”. Ci sono diverse mense, io di solito frequento appunto quella “halal”, perché mi piace, oppure dove si mangia cinese. E’ anche possibile gustare piatti occidentali. In generale, per quello che ho visto io di persona, c’è un grande rispetto per le tante etnie diverse del Paese».
Vorresti stabilirti in Cina?
«Al momento non saprei, di solito sono in Italia una sola volta l’anno. Un po’ sento la mancanza di Vercelli, ma potrei benissimo costruirmi una vita là».