È nato il Comitato per il Sì dell’Unione delle Camere Penali Italiane, al quale aderisce la Camera Penale di Vercelli e le altre 128 Camere Penali che compongono il nostro territorio.
Nella maggior parte dei Paesi Europei, in Inghilterra, negli Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia i due ruoli di Giudice e di PM sono distinti. Sistemi diversi ma un principio unico. Quello secondo cui chi controlla (il Giudice) non può essere il collega di chi è controllato (il PM, al pari del difensore penale). Quello secondo cui chi esercita la giurisdizione (Il Giudice e nessun altro) non ha alcunché a vedere con il Pubblico accusatore che svolge un ruolo di parte, al pari, ancora, del difensore.
Nella conferenza stampa tenuta dal presidente della Camera Penale di Vercelli, avvocato Massimo Mussato sono state ribadite le motivazioni che da quasi quarant’anni le Camere Penali sostengono a favore di questa separazione delle carriere in magistratura che si basa sul principio che il giudice deve essere totalmente svincolato dalle parti: accusa e difesa.

La Ragioni del Sì
“Non stiamo parlando di modifiche costituzionali che sono contro la Magistratura. – Si legge nell’articolata relazione della Camera Penale di Vercelli – Ne sono anzi a favore, la tutelano, la rispettano, ne rendono concreta l’autonomia. Chi pensa che tutto questo sia per penalizzare o indebolire la Magistratura (o, peggio ancora, punirla, chissà poi per quale ragione) commette un clamoroso errore.
E le Camere Penali portano avanti questi principi dai tempi dell’introduzione del sistema accusatorio nel codice di procedura penale del 1988. Gli stessi principi di Giuliano Vassalli, di Giandomenico Pisapia e di Giovanni Falcone. E potremmo citarne molti altri.
Il Giudice deve essere distinto da chi esercita il ruolo della pubblica accusa.
Quest’ultimo svolge le indagini, decide se esercitare o meno l’azione penale, chiede misure cautelari, chiede condanne sulla base degli elementi di prova che ha raccolto. Il Giudice deve invece valutare le ragioni della pubblica accusa e della difesa, porsi nella sua costituzionale posizione di terzietà e decidere se e come intervenire sulla libertà delle persone e sulla loro vita.
Separare le carriere di PM e Giudice tutela entrambi e garantisce loro indipendenza ed equilibrio.
Perché rappresentano e incarnano ruoli così diversi che non è normale che appartengano alla stessa organizzazione, che si valutino tra loro, che condividano le medesime carriere, lo stesso organo di governo e quello di disciplina.
La riforma porta quindi all’autonomia, all’indipendenza e al rispetto di entrambi i ruoli.
L’art. 111 della Costituzione, che tratta del giusto processo, afferma, non a caso, che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parità davanti a un giudice terzo e imparziale”.
E allora se il Giudice è separato dall’Avvocato difensore, come è giusto che sia, deve essere separato anche dal Pubblico Ministero.
E non corrisponde al vero, come affermano coloro che sono contrari alla riforma costituzionale, che la stessa andrebbe a tangere l’indipendenza del pubblico ministero e lo assoggetterebbe al potere esecutivo.
E’ invece vero il contrario. L’art. 104 della Costituzione rimane infatti fermo e immutato sul principio secondo cui “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Semplicemente si aggiunge un inciso: “è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente”. E ogni legge successiva alla riforma che dovesse ispirarsi a un assoggettamento del PM al potere esecutivo sarebbe contraria alla Costituzione e avrebbe vita breve.
Nessun condizionamento politico e nessun condizionamento al potere esecutivo, quindi, ma proprio il suo esatto contrario: con la riforma si rende il Giudice libero da ogni possibile influenza. E il PM continuerà ad essere un Magistrato autonomo, a sua volta libero da ogni altro potere.
Separare le carriere dei Magistrati non significa tangere la loro indipendenza, significa impedire una commistione tra la cultura dell’accusa e quella del giudizio che è contraria alla sostanziale differenza di ruoli e di funzioni che i Magistrati svolgono”.
Cosa propone la riforma
“Attraverso la riforma il Consiglio Superiore della Magistratura viene inoltre sdoppiato: uno per i Giudici e uno per il Pubblici Ministeri.
E con il sorteggio dei componenti e la creazione di due CSM distinti si potranno superare le logiche delle correnti che condizionano le nomine e condizionano le carriere, a prescindere dal merito e dalla competenza che devono invece essere le sole ragioni per cui un Magistrato, giustamente, progredisce nella sua carriera. Ma chi può dubitare di ciò?
Il Presidente della Repubblica continuerà a presiedere entrambi i Consigli Superiori e a garantire equilibrio istituzionale, unitamente all’istituzione dell’Alta Corte disciplinare, totalmente autonoma e indipendente dai due Consigli Superiori che perderanno il loro potere disciplinare.
E tutto questo non è per noi, Avvocati. E’ invece per i cittadini e per la giustizia. Di cui noi, Avvocati, siamo garanti.
Ed è per tutti quei Magistrati che lavorano bene, seriamente e con professionalità. E sono molti. Davvero molti.
Ma i principi contano. E il principio accusatorio vede due parti tra loro equidistanti (Accusa e Difesa) e un Giudice posto quale arbitro a valutare le loro ragioni e che, per essere davvero terzo anche sotto il profilo culturale, deve essere lontano ed equidistante da entrambi e avere con loro in comune soltanto la legge”.
Avv. Massimo Mussato