Un fotografo che utilizza ancora macchine fotografiche di un secolo fa e tecniche ancor più antiche: Rosario Tinnirello.
Un altro fotografo, il vercellese Marco Mattiuzzi, crea invece incredibili immagini realistiche nella “camera oscura” della grafica tridimensionale,
Sono due maniere solo apparentemente opposte d’intendere la fotografia perché, visitando la ricca e ottimamente allestita mostra in Santa Chiara (promossa dagli “Amici dei Musei” presenti in forze con il loro presidente Marino Pistan e Pierluigi Pensotti, consigliere e storico punto di riferimento dell’associazione. Alla vernice erano presenti artisti e intellettuali, appassionati d’arte.
La mostra è corredata di un apparato critico completo e anche di un interessante video, per cui non è il caso di dire altro, se non che va visitata assolutamente se si è appassionati di fotografia ed anche se non lo si è. Durerà fino al giorno 26 ottobre dal venerdì alla domenica in orario 16-19, ingresso libero. Nella foto l’inaugurazione.
Le regole auree
I due artisti, amici di lunga data, nel loro operare hanno come “stella polare” le regole auree dell’esposizione fotografica (la scrittura con la luce) e quelle della composizione che vengono ancora più da lontano dalla pittura, e a proposito ci sono due lavori, uno per artista he sono di fatto pittura, una natura morta per Tinnirello e un nudo opera di Mattiuzzi che simula persino i danni del tempo sulla tela.
L’auditorium è stato letteralmente riempito di varie serie tematiche di uno e dell’altro artista. nelle quali si possono trovare sia l’evoluzione creativa che le varie sfumature di tecnica.
Scrivere con la luce
Rosario Tinnirello opera attraverso le sue stampe fotografiche con tecniche antiche, come la gomma bicromatata, l’oleotipia e altre, che sono ben spiegate nel percorso espositivo, dove in una vetrina sono anche esposti i suoi vari attrezzi che rispecchiano un’epoca pionieristica in cui c’erano dei legami con certe tecniche artistiche e la manualità era ancora un elemento fondamentale, materico.
I soggetti sono i più svariati, da immagini di viaggio (vedute di New York ma anche di altre parti del mondo), ai paesaggi nostrani, nature morte. Sono tanti anche i ritratti. Le stampe sono prevalentemente in nero oppure nella varie “cromie” proprie delle varie tecniche. ma alcune anche a colori. Si comprende, osservandole, che non esiste una separazione tra la “tecnica”, intesa come “sapere e mano” e la creatività, perché la tecnica è sempre funzionale all’emozione o alla comunicazione che si vuole trasmettere. Non è “l’inquadro e scatto” del grande pubblico che oggi è ormai tutto su smartphone. Naturalmente se stai usando un materiale a lunga esposizione non puoi raccontare ciò che accade in un istante, se sai che produrrai una cianotipia in azzurro non tutti i soggetti si presteranno, se avrai una certa grana otterrai un’immagine ancora diversa. Come succede sempre nell’arte tecnica e poetica sono intrecciate strettamente.
Scrivere con i pixel
Marco Mattiuzzi in passato, pensiamo agli anni Novanta del secolo scorso, aveva già raggiunto importanti risultati come fotografo, specializzato nella figura e nel nudo, al punto da tenere personali anche in gallerie prestigiose, come “Studio Dieci” dove non approdi se non ha nulla da dire.
Nell’era del digitale ha padroneggiato elaborati software, non solo “Photoshop” ma anche vari programmi di modellazione tridimensionale, via via più perfezionati e in grado di costruire dettagli anatomici e di ambiente estremamente realistici. Ha così spostato la sua attenzione a questo mondo, che una volta padroneggiato, ha indiscutibili vantaggi rispetto ai “metodi di produzione” di un certo tipo di immagini, trovare le modelle e i modelli giusti, stabilire date per i set, disporre di uno spazio adeguato con le luci, i drappeggi, gli arredi… ecco tutto ora si può avere digitalmente. Non semplicemente, però, ci vuole dietro la conoscenza approfondita della storia della fotografia. Ecco allora che si trovano serie che ricordano volutamente la resa di “nudo” delle foto seppiate degli anni Quaranta, altri in cui è dichiaratamente surreale, con corpi inseriti in strutture geometriche. Una bellissima serie dedicata alla violenza sulle donne sembra realizzata da un fotografo di strada, bianco e nero ad alto contrasto, con luci drammatiche. Potremmo proseguire per interi paragrafi ma anche per Mattiuzzi ci sono dei punti fermi culturali e fotografici che sono gli stessi dell’amico. In più hanno in comune il rigore morale e artistico di non accontentarsi mai del “quasi” ma di ottenere sempre il massimo dal mezzo utilizzato.
Mattiuzzi è anche un autore, romanziere, osservatore della realtà, filosofo… Interessante ad esempio vedere riunite in un espositore tutte le sue, numerosissime, pubblicazioni.
Due maestri che meriterebbero più spazio
In definitiva davvero un’esposizione da non perdere, con un titolo che è già una dichiarazione programmatica: “Alchimie della visione – tra luce e pixel”, e si è dimostrata di grande fascino e anche con valenza formativa, peccato solo che non duri abbastanza, un modesto suggerimento a chi programma la cultura in città: una bella mostra in Arca non sarebbe affatto sprecata, qui siamo di fronte a dei maestri, artisti da valorizzare al massimo.
La Gallery
(Alcune foto sono di Enrico De Maria che ringraziamo)
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