"Luca, la scommessa della libertà", un libro semplice e profondo
Intervista a Jacqueline Monica Magi a cura di Pierluigi Lamolea
Che la lettura dia benefici alla salute lo dice anche la scienza. Che aumenti meccanicamente la conoscenza è una conclusione superficiale: non conta la quantità, ma la capacità o la fortuna di leggere ciò che arricchisce l’anima. Cultura non è sinonimo di bagaglio materiale, ma soprattutto attitudine a risvegliare lati oscuri, quindi non conosciuti, oppure latenti, ma esistenti, di ogni persona con la pulsione della curiosità. Il nostro cervello è un mistero che può svelare altri misteri.
Per caso ho letto il libro Luca, la scommessa della libertà di Jacqueline Monica Magi. Erano anni che non mi commuovevo fino a piangere mentre leggevo. Una fluente narrazione che ripercorre i momenti che iniziano con il desiderio di diventare mamma, per proseguire nella fase della formazione del figlio con il continuo contatto fisico, per giungere poi alla rimodulazione dell’affetto, trasformandolo da materiale a spirituale. Non chioccia che ammorba lo sviluppo, ma madre con la capacità prima di accompagnarlo, poi di lasciarlo libero, di lasciarlo andare.
Incuriosito da questo sussulto emotivo ho ricercato sue notizie. È toscana, precisamente di Montecatini Terme. È scrittrice di narrativa, di saggi, di gialli, ma anche di testi giuridici e scientifici, come il recente Manuale di scienze criminologiche. Al suo attivo ha oltre 43 pubblicazioni. Inoltre è cantautrice, è una quotata pittrice e dedica il suo tempo libero a un’associazione di volontariato. Ed è magistrato presso la Corte d’appello e docente.
L'incontro con la scrittrice
Incontro Jacqueline Monica Magi in una soleggiata giornata davanti alla Basilica di Sant’Andrea. Mi presento all’appuntamento con un frullato di sensazioni contrapposte: curiosità e desiderio di esplorare un mondo solo immaginato con l’interpretazione delle opere dell’eclettica artista. È bastato il suo sorriso per far evaporare l’ossimorico stato emozionale accumulato fino a un attimo prima.
È il ritratto di una donna, di una madre, di una maestra d’arte, ma anche di una professionista e di un’attivista che mette al centro i più deboli pur tenuto conto che per professione è a contatto con realtà degradate e con soggetti pericolosi colpevoli anche di reati efferati.
Dove trova l’ispirazione per i suoi libri e come ha scoperto la passione per la scrittura?
«Scrivere è una passione che ho da sempre, un modo per riflettere: il mestiere di scrittrice è sempre stato il mio sogno. Sono una lettrice divoratrice di libri e ammiravo da sempre gli scrittori. Un giorno ho deciso di provare a scrivere un racconto giallo e a pubblicarlo per un’antologia dell’editore Marco Del Bucchia. Da quel momento i miei scritti hanno iniziato ad avere un pubblico, ad uscire dai miei diari.
L’ispirazione nasce dalla riflessione sulle vicende e sui quotidiani sentimenti. Per i gialli ho un terreno di caccia fertile che è il mio lavoro, specialmente quando ero Pubblico ministero. Può bastare una frase udita in un bar per scatenare l’idea di un’ambientazione».
Lei ha una rara dote nello scrivere che definirei con le stesse efficaci parole usate da un ex pontefice: «un testo molto semplice e sincero, ma contiene una profondità molto grande».Ha una capacità di penetrare nell’io del lettore, di superarlo e di condurlo a un’introspezione inconsapevolmente. Non per caso ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti letterari come il Collare laurenziano da parte dell’Accademia internazionale dei Medici di Firenze, il titolo di Senatore accademico e il premio alla carriera La pergola Arte e ora è anche componente di giurie concorsuali. Che differenza c’è nello scrivere saggi, gialli e manuali scientifici e giuridici, come pure sentenze?
«Grande è la differenza. Le sentenze seguono un iter logico di sillogismo aristotelico nel mio modo di scriverle: devono essere precise e consequenziali. Il saggio ha prima un lungo lavoro di ricerca e talvolta anni di introspezione, di elaborazione di idee, come nel libro Corpo di una donna, scritto con Angela Galli nel 2010. Il giallo presta spazio alla fantasia e nel mio caso, che definisco etico, ha una funzione di nemesi, esattamente come la collana che dà il titolo ai miei libri».
Il suo originale stile di pittrice, non figurativo e non astratto, è caratterizzato dall’uso del colore deciso e dalla tematica legata alla meditazione trascendentale come il mandala, il cosmo, la vita, ma anche il drago, simbolo di energia. Le sue opere finora sono state esposte in Bielorussia, in Estonia e in Italia a Firenze, a Prato e a Reggio Calabria. Vittorio Sgarbi ha detto di lei che «dà forma ai sogni». Com’è nata la passione per la pittura?
«Da piccolissima, ancora non sapevo leggere, osservavo i libri d’arte che c’erano in casa e da allora ho amato la pittura più di tutto. A sei anni ho iniziato a disegnare e a dipingere: facevo due o tre disegni dal vero al giorno, poi con il tempo ho elaborato il mio stile e ora, fra le mie arti, è quella che amo di più, anche se la più incompresa».
Le sue arti: la pittura, la scrittura, la fotografia e il canto. Hanno un filo conduttore?
«La pittura esprime la mia visione del mondo, la scrittura la mia poetica e la fotografia esprime cosa vedo del mondo; per sintetizzare la fotografia è il reale mentre la pittura è la fantasia».
L’altra sua recente pubblicazione Le poetesse ed i poeti del 21° secolo contiene anche poesie di suo figlio Luca che pare abbia il suo dna. In alcuni suoi libri ha più volte ricordato che ci teneva a crescerlo come cittadino del mondo. È la dimostrazione di come desiderava diventasse?
«Sì, con mio figlio ho ottenuto quello che volevo: un ragazzo maturo e libero, cittadino del mondo».
Lei è presidente onorario dell’Associazione di volontariato Anna Maria Marino. Perché è nata, di cosa si occupa e qual è il fine?
«L’associazione – sportello di aiuto antiviolenza Anna Maria Marino nasce cinque anni fa dalla volontà di donne di varie nazionalità. Offre consulenza e aiuto a tutto tondo, per rispondere ai mille dubbi odierni, in particolare contro la violenza di genere e contro ogni tipo di violenza. Oltre al reale supporto materiale vuole diffondere conoscenza e cultura, perché sono l’anima della democrazia. Con l’emergenza pandemica Covid-19 un anno fa ci siamo riconvertite con una duplice missione: una operativa, in collaborazione con la Protezione civile di Chiesina Uzzanese (piccolo paese vicino a Montecatini) per il sostegno alle famiglie anche con la distribuzione di beni di prima necessità, e una di promozione, per diffondere la cultura contro la violenza di genere e per aiutare ad avere coscienza di sé. A nome dell’associazione sono onorata di avere ricevuto l’anno scorso una targa speciale per la legalità a tutela delle donne e delle fasce deboli al 31° vertice nazionale antimafia organizzato a Mede (PV) dalla Fondazione Antonino Caponnetto».
Lei ha girato il mondo e per la sua attività istituzionale spesso è in Piemonte, tra Torino e Novara e Vercelli. Cosa l’ha colpita di queste province?
«Torino mi piace molto e così anche Vercelli e Novara. Sono realtà completamente diverse dalla mia Toscana dove si respira Rinascimento da ogni pietra. Qui siamo in epoche più vicine a noi..».
Qual è il segreto che ha di non perdere mai di vista le sue passioni e come fa a rilassarsi?
«Mi rilasso dipingendo o cantando: le mie passioni sono anche un mezzo di distensione».
Ha un rito o una consuetudine quotidiana a cui non rinuncia?
«Non ho riti e odio le abitudini, cambio continuamente modo di fare le cose, altrimenti mi annoio».
C'è un'esperienza che l'ha cambiata?
«Qualsiasi esperienza ti cambia, la vita è un evolversi continuo. Il cambiamento è la vita stessa».
Qual è la differenza tra serenità e felicità?
«La serenità è la felicità, cioè potere vivere tranquillamente le piccole cose quotidiane».
Come fa a convivere con il ruolo istituzionale e con quello creativo?
«Come convivo con persone diverse, convivo con aspetti diversi della mia vita».
Negli store musicali è disponibile l’ultimo suo inedito dal titolo Ribellati. Può dare un’anticipazione?
«È una canzone contro la violenza di genere, il testo l’ho scritto io, la musica è di Miriam Taylor e la parte rock di Poggiali Beringhieri».
Per finire: c'è qualcosa che di lei non traspare in pubblico e che potrebbe sorprendere?
«No, sono piuttosto trasparente purtroppo».
Al termine della gioviale chiacchierata un altro sorriso mi congeda. Mentre mi allontanavo da un lato ero tranquillo, dall’altro inquieto: mi è venuto in mente un pensiero di Bukowski secondo cui l’anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci, soprattutto perché senti un senso di benessere quando le sei vicino. Aveva ragione Bukowski.
Pierluigi Lamolea