Cronaca

«Cremati senza alcun rispetto: il dramma dei nostri genitori è una ferita che resta aperta»

Scandalo del tempio crematorio: due santhiatesi raccontano l’amarezza per non aver avuto giustizia.

«Cremati senza alcun rispetto: il dramma dei nostri genitori è una ferita che resta aperta»
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«Noi vogliamo giustizia. Non soldi, non vendetta, ma delle scuse pubbliche per aver violato l'intimità
dei nostri cari defunti, per aver tolto loro il rispetto e la dignità». Questa la richiesta di Rossella Sabatino e Ludovico Giolo di Santhià che sono stati coinvolti nella sconvolgente vicenda del Tempio Crematorio di Biella: una vicenda venuta alla luce attraverso un’indagine della Procura della Repubblica di Biella e che ha portato a due condanne, in primo grado, a 5 anni per Marco Ravetti e a 5 anni e 4 mesi per il fratello Alessandro, che gestivano la struttura. Ma soprattutto un’indagine che ha portato alla luce le macabre e irrispettose pratiche che venivano attuale e che hanno profondamente segnato le famiglie dei defunti: famiglie che non si rassegnano alla mancanza di rispetto per i loro cari e per i loro dolore.

I familiari dei defunti

Ludovico Giolo nel gennaio del 2018 ha perso la mamma pochi mesi dopo il padre: entrambi erano stati cremato e quando ha scoperto lo scandalo della Socrabi, ditta che gestiva il forno crematorio di Biella, si è subito iscritto al Codacons per costituirsi parte lesa.

«I dubbi sono stati immediati insieme a tanta rabbia - racconta Giolo -. Poi si è cercato di ragionare con calma: c'era la possibilità di aprire le urne per far esaminare le ceneri, ma io non me la sono sentita - aggiunge - C’era già troppo dolore: preferisco pensare che i miei genitori riposino entrambi lì, in quelle urne».

Stessa sorte per Rossella Sabatino, anche lei di Santhià, e anche lei componente del comitato ufficiale “A casa con me”, che raccoglie molte famiglie toccate da questo dramma.
«Io ho perso il papà nel marzo del 2017 poco dopo aver perso mia sorella - racconta - e al dolore si è
aggiunto altro dolore. Sapere che il mio papà ha dovuto affrontare tutto questo dopo la fine della vita non mi dà pace. Stiamo aspettando gli sviluppi, abbiamo gli avvocati perché noi si possa dar voce a quanto accaduto. Andare al cimitero non sapere con certezza se nell’urna c'è mio padre non è affatto rincuorante; alcuni hanno fatto analizzare le ceneri, ma è stato inutile perché i familiari non sono stati ammessi al procedimento come parte civile».

A ottobre una manifestazione a Roma

Presidente di questo Comitato che riunisce 40 famiglie, per ora, delle 600 coinvolte è Laura Attena di Grignasco, che aveva perso il papà: «Noi manifesteremo il 9 ottobre a Roma per portare a conoscenza di chi ancora non sa cosa è accaduto e perché vogliamo cambiare le cose - spiega -. Casi come questo non devono capitare mai più: ogni persona deve poter accompagnare il proprio caro in tutto il percorso di cremazione così da essere certo della correttezza dell’operatore. Il comitato chiede giustizia per queste famiglie a cui hanno toccato l'intimità dei loro cari scomparsi. Vogliamo delle scuse, non vogliamo denaro, ma soltanto essere presi in considerazione perché anche noi siamo vittime».

Informazioni

Chi volesse aderire al Comitato, anche se non coinvolto nella vicenda, ma per supportare la causa di queste persone, può prendere contatti attraverso le pagine Facebook “Parenti cremati” oppure “A casa con me”.

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