Ricordando Castigliano anche Vercelli rievoca la tragedia di Superga

Il giocatore vercellese perì il 4 maggio 1949 nello schianto sulla collina torinese

Ricordando Castigliano anche Vercelli rievoca la tragedia di Superga
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Il giocatore vercellese perì il 4 maggio 1949 nello schianto sulla collina torinese

 

Oggi non solo Torino ricorda i suoi “eroi” granata. Anche Vercelli, nel suo piccolo, come ogni anno, abbraccia simbolicamente uno dei suoi figli più illustri, a livello calcistico. Era il 4 maggio 1949 quando, sulla collina di Superga, insieme a tutti i suoi compagni di squadra, tecnici, dirigenti, giornalisti ed equipaggio, perdeva la vita Eusebio Castigliano. Il “grande Torino”, gli “invincibili” lasciavano tragicamente il mondo terreno per volare nella leggenda. E Castigliano fu uno dei maggiori artefici di quella squadra che ancora oggi viene ricordata come una delle più forti mai viste su campo di calcio. Era nato a Vercelli il 9 febbraio 1921 ed iniziò la sua carriera con la maglia della Pro, per poi indossare quelle dello Spezia, della Biellese e del Toro. Con la bianca casacca collezionò 28 presenze e 18 reti (dal 1939 al 1941), con lo Spezia 63 presenze e 25 reti (dal 1941 al 1943), con la Biellese 15 presenze e 8 reti (dal 1943 al 1944), con il Torino 115 presenze e 36 reti (dal 1945 al 1949). In 7 occasioni vestì anche la maglia azzurra della Nazionale, mettendo a segno una rete. Vinse 4 scudetti consecutivi con il Torino, dal 1945/46 al 1948/49. Tra i vari aneddoti che vengono ancora oggi raccontati su “zampa di velluto” (così era stato soprannominato per via della dolcezza del suo calcio), c'è quello riguardante un premio partita di 100.000 lire. Con quella cifra Castigliano si era permesso l'acquisto di una bicicletta da corsa, e pedalava in Borgo San Paolo, a Torino, felice dell'invidia bonaria della gente, La bicicletta era il suo mezzo abituale di spostamento, e non per snobismo. Preferiva, diceva, investire in cibo ed in vino che in automobili e benzina. Erano famosi certi suoi sprint per arrivare primo a finire la pastasciutta, che spesso gli veniva servita in porzione doppia senza che lui manco se ne accorgesse.

 

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