Chanukkà: suggestiva cerimonia in Sinagoga

Il ricordo di un miracolo che dovrebbe toccare il cuore di ogni credente monoteista per il significato che ha. Lo abbiamo vissuto con la Comunità Ebraica che in questi giorni festeggia Chanukkà.

Chanukkà: suggestiva cerimonia in Sinagoga
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Il ricordo di un miracolo che dovrebbe toccare il cuore di ogni credente monoteista per il significato che ha. Lo abbiamo vissuto con la Comunità Ebraica che in questi giorni festeggia Chanukkà.

Chanukkà o festa delle luci, è una festività ebraica che si celebra nel mese di dicembre. Nasce da un miracolo avvenuto oltre duemila anni fa. Le origini della festa si trovano il 25 Kislév del 165 quando gli ebrei ripresero possesso del Tempio di Gerusalemme occupato da re elleno Antioco IV Epifane. Nel momento della purificazione del Tempio dall’invasione, gli ebrei trovarono una boccetta d’olio sufficiente per ardere un solo giorno ma, miracolosamente, quella stessa boccetta bastò per gli otto giorni necessari alla preparazione di olio nuovo. Per celebrare quel miracolo, da allora, nello stesso periodo dell’anno, ogni sera al tramonto, si accende una candela, prima una, poi due, tre… E in occasione dell’accensione della seconda luce, per coincidenza nel giorno del Natale cristiano, l’accensione è stata effettuata dal rabbino rav Elia Enrico Richetti, accolto con calore dalla presidente della Comunità vercellese Rossella Bottini Treves.

Notizia Oggi Vercelli, che da sempre è vicina alla Comunità Ebraica, c’è stata nella persona di chi scrive, peccato che si sia persa un po’ l’occasione di un momento inter-religioso come invece era l’invito della Comunità. Comunque da cristiano io ho vissuto con grande intensità sia la preghiera che si è svolta prima all’interno del tempio, che la cerimonia di accensione della seconda luce.

Spero di non urtare suscettibilità teologiche ma è un fatto, sancito anche dalla Chiesa di oggi, che gli ebrei sono “nostri fratelli maggiori”, in quanto prima di noi cristiani hanno riconosciuto l’unico Dio: il roveto ardente che non si consuma è una splendida immagine universale del Divino. Purtroppo noi cristiani, nella storia, con la scusa della presunta colpa di “aver ucciso il figlio di Dio” (che fu semmai non una colpa del popolo ebraico ma dei vertici sacerdotali e della politica del tempo), gli ebrei li abbiamo spesso perseguitati e ghetizzati. Non a caso Giovanni Paolo II chiese scusa per il male fatto nei loro confronti. Nelle parole che rav Richetti ha detto ci sono stati elementi di vicinanza. Ha ricordato che cristiani ed ebrei associano la luce alla presenza divina, e che il mese di dicembre è per tutte le culture il trionfo della luce. Adamo (padre di tutti gli uomini) dopo la cacciata dal paradiso terrestre, vedendo che le giornate dell’anno si accorciavano sempre di più, provò il terrore che Dio, per punirlo della sua colpa, alla fine l’avrebbe privato del sole… quando si accorse che le giornate si stavano riallungando fu felice e in quel giorno stabilì una festa, così fecero anche i romani che celebravano il “Sole invitto”, festa pagana sulla quale venne poi innestato il Natale. E qui, ricordo io, che il 25 dicembre si festeggia la discesa sulla terra della Luce, cioè del Verbo (di Dio) che si fa carne. Per gli ebrei c’è questa festa della luce che è in corso. Ogni sera si accende un lume, per ribadire in un crescendo, il cammino spirituale insito in queste “accensioni”. 

La luce, dunque, quella dello spirito. Illumina anche le notti più buie della storia e forse le stiamo vivendo in questi anni. L’augurio per tutte le fedi monoteistiche è che sappiano trovare la strada del rispetto reciproco proprio grazie a questa Luce che il cielo ci manda continuamente, ma che i nostri cuori spesso non sanno vedere.

Se vedete le fiammelle sul lato sinistro dell’ingresso al Tempio, ricordate che quelle luci sono una preghiera che possiamo ben condividere, perché ci sia sempre olio nelle nostre lampade.

 

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