Andrea Cherchi tra i premiati con l'Ambrogino d'oro 2024
Un vercellese fra personaggi, associazioni e realtà varie che il 7 dicembre, giorno di Sant'Ambrogio, riceveranno il massimo riconoscimento milanese: l'Ambrogino d'oro. E' Andrea Cherchi. Come noto il fotografo vercellese da anni opera a Milano, città che ha raccontato in immagini in tutti i suoi aspetti, pubblicando libri premiati e ricevendo riconoscimenti anche per la modalità social con cui ha contribuito in questi anni a promuovere l'immagine della metropoli lombarda a cui Cherchi è molto legato. Nella foto Cherchi in occasione di un precedente riconoscimento ricevuto sempre a Milano.
Il commento di Cherchi su Facebook
Sulla sua pagina Facebook Andrea scrive un commovente post di ringraziamento: "Desidero innanzitutto ringraziare il consigliere Angelo Turco per avermi candidato e avere reso possibile l’assegnazione a mio favore dell’attestato di civica benemerenza. È una grande emozione e per me. Porterò questo importante riconoscimento nelle case di riposo, nelle scuole e dove c’è bisogno di un sorriso. Lo porterò con me nei miei scatti e nel mio cuore e salirò sempre più in alto su palazzi e grattacieli per offrirvi immagini e storie di Milano dedicate a chi non può vedere di persona la nostra città. Da la lassù allungherò il braccio e sarò vicino al mio papà che tanti anni fa, insieme alla mia mamma, mi ha salvato dall’abbandono. Papà… questo Ambrogino è per te".
Ad Andrea le felicitazioni della nostra redazione per il riconoscimento di notevole valore ottenuto.
L'intervista del 2023 a Notizia Oggi Vercelli
Nell'occasione riproponiamo un'intervista uscita nel 2023 su Notizia Oggi Vercelli in cui il fotografo, che prima di Milano aveva raccontato Vercelli con le sue immagini, scattate spesso da prospettive insolite.
Andrea Cherchi, 54 anni, sposato, papà di Vittoria, è un volto che i vercellesi conoscono molto bene: annunciatore Tv a Quarta Rete, Bicciolano e soprattutto è stato il primo vercellese a capire l’importanza di Facebook e del linguaggio fotografico sui social.
Ha all’attivo tre libri come unico autore “Humans of Vercelli”, “Semplicemente Milano” e un volume dedicato agli 800 anni della basilica di Sant’Andrea e poi diversi altri in collaborazione con altri. Cherchi è attualmente un fotoreporter freelance, le cui immagini compaiono su quotidiani e riviste. E’ stato premiato con il “Sigillo di San Gerolamo” dell’ordine degli avvocati di Milano, e con il “Premio Vergani” 2022 per la fotografia, ha avuto riconoscimenti anche per la sua attività social a Milano.
Ma meglio lasciargli la parola perché si racconti.
Andrea ci racconti come è cominciata la passione per la fotografia?
«Avevo 10 anni quando i miei per Natale mi regalarono una Polaroid con la quale cominciai, ma la vera svolta fu nel 1988. Avevo cominciato a frequentare l’università e intanto, conoscendo molto bene don Oddo Battagliero, che era direttore de “L’Eusebiano”, avevo cominciato a collaborare con il giornale, come giornalista, seguendo diversi eventi. Mi venne in mente che, dato che nessuno veniva a fare le foto, che avrei potuto farlo io... Cominciai con la reflex di mio papà. Portavo a sviluppare i rullini e don Oddo prese a pubblicare le mie foto oltre agli articoli. Già allora avevo la forma mentale del fotoreporter che “racconta” con le immagini».
Poi c’è stata la fase televisiva con Quarta Rete...
«Tonino Greppi, che non finirò mai di ringraziare mi prese come annunciatore dei Tg, ma poi man mano mi faceva presentare di tutto. Divenne un vero lavoro e in questa fase, che è durata una decina d’anni, avevo accantonato un po’ la fotografia... Poi però le cose cambiarono. Conoscevo Mario Cristina, che allora era il mitico gestore del bar davanti allo stadio, ed entrai in “Alè Leoni”, il gruppo di tifosi della Pro Vercelli. Era il 2004. Mi occupavo del loro sito web e cominciai anche a fare le foto al gruppo di tifosi e anche allo stadio.
Da lì ho poi cominciato a fotografare Vercelli, anzi direi a raccontare Vercelli e i vercellesi con le immagini. Quasi in contemporanea ho capito che Facebook era un ottimo modo per narrare la città. E così ho fatto, fino a quando, nel 2013, ci fu anche l’esperienza di “Human of Vercelli”, di ritratti di vercellesi ne ho fatti a centinaia e sono via via diventato un punto di riferimento per la città. Nel frattempo ero diventato Bicciolano e sono stati cinque anni (2010-2014) meravigliosi a contatto con mondo del Carvè e che indubbiamente ha contribuito a rendermi più popolare anche se, grazie alla mia carriera in Tv ero già un volto familiare per molti».
E hai proposto la città da punti di vista inediti...
«Sì questo perché potevo accedere a anche a luoghi particolari, perché magari Daniele De Luca mi faceva entrare nel campanile del duomo, oppure Mino Givogre, che mi prese per mano per farmi riprendere l’interno del Cinema Astra, chiuso da tempo, e ancora le immagini dalla sommità della basilica di Sant’Andrea, la famosa foto della facciata riflessa in una pozzanghera, le foto aeree... Per me è naturale fotografare in questo modo. Ogni volta che pubblicavo un’immagine si aprivano dei mondi nuovi».
Il legame con Milano
Il tuo legame con Milano?
«Intanto io sono nato a Como e poi mio papà era di Milano, per cui posso considerarmi lombardo a tutti gli effetti. Papà mi ci portava quasi tutti i fine settimana e me l’ha fatta conoscere a fondo. Ma se intendi come mai ho trasferito il mio interesse da Vercelli a Milano ebbene, è successo grazie a Torino... Sì perché quando ho capito che Vercelli mi stava stretta, essendo io nella famiglia Salesiana, mi ero concentrato su Torino: per due anni l’ho girata e fotografata in lungo e in largo. Ma poi mi sono detto che in fondo io conoscevo molto meglio Milano. Così è cominciata l’avventura attuale. Ho applicato alla capitale lombarda quel che avevo già fatto a Vercelli: raccontare la città. Non tanto quella della moda e degli affari, ma le periferie. Devo dire che oggi mi fermano per strada, in certi quartieri. Oltre che con personalità di vari mondi ho stretto infatti un rapporto speciale tanti milanesi doc. Fra le amicizie ho un particolare ricordo di Nanni Svampa, che ho conosciuto bene negli ultimi anni di vita».
Come si è trasformata Milano in questi anni?
«Io ho cominciato a occuparmene quando c’era ancora tutto l’entusiasmo dell’Expo, ed era una città che andava molto veloce. Poi c’è stata la pausa epocale provocata dal Covid, che io ho tra l’altro raccontato in immagini nel libro “La città vuota” del 2022, che ha avuto un grande successo, Dopo la pandemia la città è ripartita con un ritmo ancor più veloce, ci sono sempre grandi settimane: della Moda, del Design, della Musica ecc.. Ora ci si sta chiedendo, a partire dal Sindaco Sala, come fare a rallentare un po’ i ritmi, anche per motivi ambientali. A livello umano ci sono due città: quella appunto della velocità e del business e quella delle periferie, che sembrano un po’ come città di provincia, con le rivendite di pane, gli angoli particolari e la loro gente che mi interessa molto».
Che livello hai raggiunto nella tua professione?
«Oggi ho una pagina Facebook “Semplicemente Milano” con 180.000 persone che la seguono e 80.000 su Instagram, 4 milioni di contatti mensili; conduco una trasmissione su Tele Lombardia sulle tradizioni Lombarde, settimanalmente passa un mio video sul Corriere Tv. Poi c’è tutta l’attività di fotoreporter, con la quale offro immagini al “Corriere della Sera”, “Il Sole 24ore”, “Dove”, “Millionaire” e molte altre pubblicazioni e poi servizi per le aziende o per privati. Ho delle settimane molto piene... Però ho scelto di fare il pendolare, perché voglio tornare ogni sera dalla mia famiglia a cui voglio un gran bene».
In questo momento qual è un progetto a cui tieni?
«Da qualche tempo sto girando case di riposo. scuole, istituti milanesi per condividere con proiezioni la mia Milano, e ho deciso anche di aprire i miei archivi per mostrare tante cose anche a chi non si può muovere per vederle di persona. Milano è anche una città solidale e mi piace contribuire anche a quest’aspetto. Se dovessi trarre delle conclusioni direi che la mia vita è un po’ come la canzone di Lino Toffolo: “I bambini d’Italia” che mio papà mi fece conoscere da piccolo, una canzone in cui c’è scritto “I bambini di Milano nascono col cuore in mano e ci sono pure i bambini di Vercelli che “mangian riso con piselli”. Una canzone che in un certo senso mi rappresenta».