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«Sono ritornato a Trino per restare»

Ruggero Vigliaturo racconta il soggiorno in Usa e i nuovi progetti.

«Sono ritornato a Trino per restare»
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Dopo la prestigiosa esperienza alla University of Pennsylvania a Philadelphia, il ricercatore trinese Ruggero Vigliaturo è tornato.

Quali sono le differenze tra i due lockdown che hai vissuto?
«La prima ondata, negli States, è stata più semplice e facile da approcciare: è arrivata circa 10 giorni dopo quella italiana e quindi ero già “preparato”. In realtà ho poi scoperto di dover affrontare misure molto meno restrittive. Ci si poteva spostare molto di più che in Italia ed Europa: molti viaggiavano in aereo con continuità tra uno Stato e l’altro. A differenza dell’Italia, l’attività sportiva e all’aperto non sono mai state sospese. Sono tornato in Italia a Ottobre 2020 e mentre facevano compilare moltissimi fogli, non era previsto un tampone. Le misure prese in Italia, viste da una persona che arrivava dall’estero, sembravano incoerenti e peculiari. Forse anche conseguenza di un comitato scientifico praticamente mono disciplinare, un’altra cosa che stupiva molto i colleghi medici dell’Istituto Nazionale della Sanità Statunitense».

Negli Stati Uniti, cosa pensano dei vaccini e della Ricerca?
«Il mondo della ricerca è unanime sulla necessità di vaccinarsi. Penso che sia aberrante che chi lavora nel mondo sanitario rifiuti un vaccino approvato dalle principali agenzie. Loro dovrebbero sapere meglio di tutti che il rischio zero non esiste, basta prendere tra le mani e leggere il bugiardino di un qualsiasi farmaco. Rispetto all’Europa, la campagna di vaccinazione negli Stati Uniti sta procedendo a gran passo, grazie all’iniziativa annunciata nel Maggio 2020 dal Presidente Trump, l’operazione ”Warp Speed”, che con una partnership tra pubblico e privato ha promosso una produzione massiva di diversi vaccini, con un investimento iniziale di 10 miliardi di dollari ».

Hai terminato i progetti negli Usa?
«Sto ancora lavorando con Stati Uniti e Francia in un grande progetto sui minerali che si trovano nelle piante e che vanno monitorati durante le fasi di combustione del raccolto per produrre bio-carburante o altri materiali simili. Abbiamo pubblicato recentemente diversi articoli, legati anche al mio precedente Global Grant con il Rotary di Casale e il mio lavoro in Slovenia, che dimostrano la necessità di aggiornare la regolamentazione degli amianti e delle particelle minerali allungate. Queste particelle possono causare le stesse malattie che causa l’amianto, ma sembrano essere completamente dimenticate da procedure che non si aggiornano da decenni. Stiamo ancora portando avanti progetti per la bonifica dell’amianto tramite l’utilizzo di batteri e lo studio delle vernici per la segnaletica orizzontale nelle strade, in quanto possono contenere metalli pesanti, che possono essere rilasciati in atmosfera e respirati o ingeriti soprattutto dai bambini, dove causano le conseguenze più pesanti».

Sei rientrato in Italia per rimanerci?
«Sono rientrato in Italia per rimanerci. Il mio obiettivo è sempre stato quello di prendere il meglio dalle mie esperienze internazionali e portarlo qui. Oltre a continuare i progetti elencati, con il nuovo gruppo di lavoro a Torino e altre Università italiane, ci stiamo dedicando anche alle fibrosi che si sviluppano negli equini e nuove collaborazioni con la Nuova Zelanda, sempre tematiche legate alla mineralogia medica e ambientale. Sono molto felice di aver rinforzato una collaborazione con un altro trinese, Mauro Giorcelli, del Politecnico di Torino, nella quale studieremo contemporaneamente il biochar che si forma dalla combustione del riso e i “fitoliti” ( pietre vegetali microscopiche) che vi si trovano. Abbiamo in mente diversi progetti con una ricaduta immediata su Trino, che
spero possano svilupparsi presto».

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