Intervista

Marco Botta: un trinese accademico a Vienna

"A Trino ho vissuto due alluvioni, ora la mia vita è qui, non torno indietro".

Marco Botta: un trinese accademico a Vienna
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Decisamente i trinesi si confermano un popolo di emigranti, emigranti di lusso, che hanno trovato la loro strada lontano dalla terra natale. Questo è un nuovo caso di successo che ci piace raccontare.

«Ho vissuto i miei primi vent’anni di vita a Trino, non avrei mai pensato che di lì a pochi anni mi sarei trasferito all’estero». Marco Botta, 39 anni, vive a Vienna dove, tra le altre attività, è professore a contratto all’Università.

Ho vissuto le due alluvioni

«A Trino - racconta Marco - ho vissuto le due alluvioni del 1994 e del 2000, ed il lento spopolamento. Mi sono laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Torino. Durante l’anno di Erasmus all’Università di Turku (Finlandia) e lo stage alla Commissione Europea a Bruxelles ho sviluppato un interesse per il diritto dell’UE, che ho approfondito con un master in European Business Law all’Università di Leida (Olanda). Nel 2006 sono tornato in Italia per il dottorato all’Istituto Universitario Europeo di Firenze, dove mi sono ulteriormente specializzato in Diritto della Concorrenza. L’Istituto di Firenze è il principale centro di ricerca in Europa per le scienze sociali».

Una nuova vita a Vienna

Dove vivi ora?
«Dopo il dottorato a Firenze mi sono trasferito a Vienna dove vivo tutt’ora. Da anni è considerata la “città più vivibile del mondo” secondo vari standard internazionali. Dopo quasi 10 anni di soggiorno confermo questo dato: basso tasso di criminalità, eccellenti servizi pubblici e città “internazionale”, visto che ospita oltre 40 organizzazioni internazionali. Con l’allargamento dell’UE verso i Paesi dell’est, Vienna è diventata il nuovo baricentro dell’Europa. Infine, ha un costo della vita più basso di altre capitali: ad esempio, l’abbonamento annuale a tutti i trasporti pubblici costa 365 euro. In molte altre capitali europei, il prezzo si pagherebbe per l’abbonamento mensile, non annuale, della metro».

Quali sono le tue attività?
«Al momento sono professore a contratto all’Università di Vienna, ricercatore sia all’Istituto Universitario Europeo di Firenze, che all’istituto Max Planck di Monaco. Sono un accademico del XXI secolo, che lavora per tre istituzioni universitarie basate in tre Paesi diversi».

L'emergenza Covid

Come hai vissuto l’emergenza Covi, a Vienna?
«Anche se ho praticato lo Smart working ben prima dell’arrivo del Covid, il coronavirus ha avuto un impatto importante nel mio modo di lavorare. Prima viaggiavo spesso: da marzo tengo lezioni su internet ai miei studenti e partecipo a webinars online invece di conferenze e convegni. Covid-19 ha quindi accelerato una transizione digitale dell’università; difficilmente si tornerà indietro anche dopo la fine dell’emergenza e del distanziamento sociale. Durante la quarantena, sono rimasto in casa a Vienna con mia moglie e mio figlio per 6 settimane. La quarantena a Vienna è stata molto “più leggera” rispetto all’Italia: né l’autocertificazione, nè il divieto di correre nei giardini pubblici sono stati introdotti in Austria. Le misure sono state introdotte per tempo, e questo ha permesso all’Austria di avere un numero di persone contagiate molto inferiore rispetto all’Italia. Le scuole, sono state riaperte in Austria dalla metà di maggio».

"Non torno indietro, qui sono felice"

Hai in programma di rientrare in Italia?
«Vienna è “casa nostra” da quasi 10 anni: mio figlio è nato a Vienna e qui mia moglie ed io abbiamo comprato casa. Mi considero un cittadino europeo, residente a Vienna. Al momento non abbiamo intenzione di lasciarla. Ho conosciuto mia moglie durante il master a Leida; entrambi siamo stati selezionati per il dottorato a Firenze, e poi mi sono trasferito a Vienna per seguire mia moglie, che dal 2011 lavora presso un’organizzazione internazionale. La vita è piena di sorprese e sono solo a metà della mia carriera professionale».

Consigli per i ragazzi di oggi

Qualche consiglio per i giovani?
«Mi considero una persona fortunata: faccio un lavoro che mi piace e vivo nella città più vivibile del mondo. Devo ringraziare i miei genitori, che mi hanno sempre sostenuto durante i miei studi, anche quando non gli era esattamente chiaro cosa stessi studiando e dove volessi arrivare con i miei studi. Sono anche fortunato ad aver incontrato mia moglie, che mi ha sempre sostenuto. Ai giovani consiglio di essere molto determinati nel raggiungere i loro obiettivi: devono specializzarsi per poter crescere professionalmente, indipendentemente dall’ambito che scelgono. Andare all’estero non deve essere una scelta obbligata: spesso si trovano all’estero migliori opportunità lavorative, ma ci sono anche dei “costi” da tenere in considerazione: la lontananza della famiglia e degli amici si fanno sentire nel lungo periodo. Infine, chi vuole andare all’estero deve tenere in considerazione che ci sono ancora molte barriere da superare, non solo linguistiche e culturali. In un periodo in cui i sentimenti nazionalistici prevalgono ovunque, per aver successo all’estero è necessario dimostrare di essere sempre un passo avanti agli altri».

Riccardo Coletto

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