Facciamo chiarezza

In Piemonte i posti in terapia intensiva dedicati al Covid sono finiti o no?

Sergio Livigni, coordinatore dell'Unità di Crisi regionale assicura: "Ogni giorno attiviamo da 20 a 30 posti letto per essere in condizioni di sicurezza. Possiamo attivare ancora 150 o 200 posti circa".

In Piemonte i posti in terapia intensiva dedicati al Covid sono finiti o no?
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Il monito era arrivato chiaramente dall’Ordine del Medici di Torino a inizio novembreinvocando un lockdown. E poi ci sono i numeri: quelli che nelle scorse settimane hanno testimoniato una continua escalation di contagi, con relativo effetto “imbuto” su ospedali e terapie intensive. E così si è arrivati all’istituzione della zona rossa: il Piemonte è stata una delle prime tre Regioni a finire nella categoria considerata a rischio maggiore, in cui si sono presi i provvedimenti più severi. Fra i famosi 21 parametri adottati per stabilire la gravità della situazione pandemica nei vari territori c’è anche quello relativo alla tenuta dei servizi sanitari. 

In Piemonte solo una decina di posti in terapia intensiva

Negli ultimi giorni si è susseguita la notizia che i posti in terapia intensiva Covid fossero solo una decina e, successivamente, fossero esauriti. Venerdì 13 novembre 2020 i posti letto rimasti per terapia intensiva dedicata ai pazienti Covid (circa 370) in tutta la Regione ammontavano a poco più di una decina, spiegavano i media. Nella giornata di ieri Regione ha diffuso lultimo aggiornamento sui dati del Piemonte: risultano ricoverate in terapia intensiva per Covid  378 persone, si è dunque effettivamente “sfondato” il tetto dei posti inizialmente disponibili. Questo dato ha allarmato, anche perché serpeggia il timore che il sovraffollamento si riverberi sulle altre terapie intensive, rischiando di togliere posti destinati ad attività urgenti extra Covid. 

Unità di crisi: “Nessun allarme”

Abbiamo dunque preso contatti con l‘assessorato alla Sanità di Regione Piemonte per avere più chiara la situazione, soprattutto a fronte di quel famoso ipotetico tetto dei 370 letti in terapia intensiva disponibili per pazienti Covid che purtroppo è stato superato. Dall’assessorato ci fanno sapere che sono allineati con quanto dichiarato a Rai Tre dal dottor Sergio Livigni, coordinatore dell’area ospedaliera e delle terapie intensive dell’ Unità di Crisi che si sta occupando dell’emergenza Covid-19:

Non siamo allarmati, nel piano pandemico presentato c’è un progressivo aumento dei posti letto nelle terapie intensive. Ogni giorno attiviamo da 20 a 30 posti letto per essere in condizioni di sicurezza. Possiamo attivare ancora 150 o 200 posti circaIl personale è una criticità e quindi bisogna bilanciare bene l’attività ordinaria, che deve essere ridotta per recuperare personale da dedicare a queste strutture. Gli accordi con le università ci permettono di avere risorse in più“.

Stando all’Unità di Crisi, quindi, i posti letto vengono rimodulati giornalmente con flessibilità e a seconda delle esigenze.

Allarmismo dei media? Non proprio

E’ stato dunque dato un falso allarme dai media? Non è corretto dire nemmeno questo, perché chi ha sostenuto che i posti in terapia intensiva destinati ai pazienti Covid fossero ormai una decina, a fronte dei numeri dei bolettini ufficiali, ha ragionato sui numeri ufficiali e sul fatto che effettivamente quei posti fossero prossimi all’esaurisi (come è effettivamente accaduto, essendo stata superata la soglia fatidica dei 370 disponibili).

Dall’altra parte l’Unità di Crisi piemontese fa sapere che quel dato non è necessariamente indicativo e potrebbe essere qualificato come un “volo pindarico” in quanto ci si sta muovendo per alzare la soglia delle disponibilità effettive dei letti, lavorando quotidianamente per fronteggiare l’urgenza. Quindi ogni giorno arrivano “dai 20 ai 30 nuovi posti disponibili”. Una cosa è certa però: era stata fissata una soglia e quella soglia è stata superata; spia indicativa di un’oggettiva pressione sul sistema sanitario. Anche perché, a prescindere dai posti che possono essere aggiunti, si pone anche la questione del personale sanitario, chiamato a gestire un flusso extra di urgenze.

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